Agricoltura montana: sfide e soluzioni per preservare un patrimonio nazionale

L’agricoltura montana italiana rappresenta una sfida cruciale per lo sviluppo sostenibile del territorio. Nonostante le difficoltà, le aree montane sono fondamentali per la preservazione del paesaggio, la gestione ambientale e la sicurezza idrogeologica. Tuttavia, le imprese agricole in queste aree stanno affrontando crescenti problematiche legate alla diminuzione delle superfici coltivate e alla frammentazione fondiaria, richiedendo un intervento urgente a livello politico e istituzionale.

La situazione attuale: meno aziende agricole nelle aree montane

Le statistiche mettono in evidenza un preoccupante divario tra le aree montane e quelle pianeggianti. Nelle zone di montagna si contano soltanto 1,7 aziende agricole per chilometro quadrato, contro le 3,1 delle pianure. Non si tratta solo di una differenza quantitativa, ma anche qualitativa: le imprese agricole montane sono generalmente più piccole e meno strutturate. Questa riduzione è accompagnata da una crescita incontrollata dei boschi, che invade i pascoli e le aree agricole, rendendo ancora più complesso mantenere la produttività.

Il Presidente nazionale di Uncem, Marco Bussone, ha sottolineato questa dinamica durante il suo intervento al G7 di Ortigia, a Siracusa: “Negli ultimi vent’anni, abbiamo registrato la riduzione della superficie agricola utilizzata, il bosco che cresce troppo, che invade prato pascolo, la riduzione delle disponibilità di terra, aumento della fragilità dei versanti, frane in più”.

Le conseguenze dell’abbandono delle terre montane

L’abbandono delle terre montane ha ripercussioni che vanno ben oltre le aree rurali. La riduzione delle superfici agricole e l’implosione dei terrazzamenti, strutture vitali per la stabilità dei versanti, aumentano il rischio di frane e dissesti idrogeologici, mettendo in pericolo anche le aree urbane situate a valle. I terrazzamenti, infatti, svolgono una funzione di gestione dell’acqua piovana e della stabilità del suolo, impedendo il dilavamento e la perdita di prezioso terreno fertile.

Bussone ha rimarcato l’urgenza di intervenire, considerando l’abbandono delle terre come una minaccia per l’intero Paese: “L’abbandono è un danno per tutti. La riduzione delle superfici agricole e l’implosione dei terrazzamenti, infrastrutture decisive per i versanti, sono un problema anche per le aree urbane”.

La ricomposizione fondiaria: una strategia necessaria

Per affrontare la crisi delle terre agricole montane, è necessaria una ricomposizione fondiaria su larga scala. Le proprietà terriere, spesso suddivise in piccoli appezzamenti e lasciate incolte da eredi che non intervengono, rappresentano un ostacolo alla crescita economica e alla sostenibilità ambientale. Questo problema non è solo una questione agricola, ma coinvolge anche la gestione del territorio e la sua capacità di prevenire disastri naturali.

“Troppi piccoli fazzoletti di terra, in montagna, con eredi che non intervengono, riparti mai fatti, incolti e proprietari silenti sono una emergenza nazionale”, ha dichiarato Bussone, invocando l’intervento delle istituzioni per una riorganizzazione complessiva del territorio.

Le associazioni fondiarie: una risposta dal basso

Nonostante l’inerzia istituzionale, alcune soluzioni stanno emergendo dalle stesse comunità locali. Le Associazioni fondiarie, nate come risposta dal basso alla crisi delle terre incolte, stanno giocando un ruolo sempre più importante nella gestione del territorio. Queste organizzazioni consentono di riunire piccoli appezzamenti di terra, spesso frammentati e abbandonati, in unità più grandi e produttive, favorendo così una migliore gestione agricola e forestale.

Tuttavia, questo approccio non è sufficiente senza un coordinamento nazionale. Bussone ha infatti sottolineato la necessità di una ricomposizione generale: “Le Associazioni fondiarie sono già risposta dal basso a queste crisi delle disponibilità di terre, intrecciate con le crisi climatica e demografica. Ma serve una ricomposizione generale”.

Un nuovo patto tra montagna e città

La soluzione per salvare le aree montane e garantire la loro valorizzazione passa attraverso un nuovo patto tra le zone rurali e quelle urbane. Non si tratta solo di una questione agricola, ma di riconoscere il ruolo strategico che le montagne svolgono nella gestione dei servizi ecosistemici, come la regolazione delle acque, la qualità dell’aria e la conservazione della biodiversità.

Secondo Bussone, è essenziale costruire un’alleanza tra le Alpi, gli Appennini e le aree urbane, promuovendo una montagna presidiata e antropizzata: “Se ne esce con un patto nuovo tra Alpi e Appennini con le aree urbane, con la piena valorizzazione dei servizi ecosistemici-ambientali che garantiscono la montagna presidiata, antropizzata, il paesaggio gestito e valorizzato”.

La Politica Agricola Comune (PAC) e il futuro delle aree montane

Un ruolo fondamentale per il futuro dell’agricoltura montana sarà svolto dalla Politica Agricola Comune (PAC), la quale dovrà essere rivista per includere specifiche misure di sostegno alle piccole imprese agricole, eliminando barriere burocratiche che impediscono l’accesso ai fondi. In particolare, il sistema dei “titoli” per l’accesso ai pascoli e ai premi unici rappresenta un ostacolo per molti agricoltori montani, che spesso non hanno i requisiti necessari per accedere a queste risorse.

Bussone ha proposto una revisione della PAC che tenga conto delle specificità delle aree rurali e montane: “Anche nel quadro della nuova Politica Agricola Comune, dal 2028 al 2034, deve essere volta a supportare le piccole imprese, eliminando ad esempio il sistema dei ‘titoli’ per l’accesso a pascoli e per premio unico”.

Foreste e paesaggio: risorse da gestire con cura

Oltre all’agricoltura, un’altra risorsa fondamentale delle aree montane è rappresentata dalle foreste. Tuttavia, queste devono essere gestite e pianificate in modo sostenibile, evitando che la loro espansione incontrollata invada i pascoli e le aree agricole, riducendo così la disponibilità di terra coltivabile. Una gestione oculata delle foreste può contribuire alla stabilità del territorio, alla riduzione del rischio di incendi e alla preservazione della biodiversità.

“La PAC non è solo agricoltura. È rurale, dunque montagna, foreste, agricoltura. Foreste gestite e pianificate, che vanno tagliate e governate senza che invadano prato pascolo e aree agricole”, ha ribadito Bussone, evidenziando l’importanza di una pianificazione integrata del territorio montano.

Chi inquina paga: l’equità nella gestione delle risorse

Un altro punto critico per il futuro delle aree montane è l’equità nella gestione delle risorse. Secondo Bussone, è necessario applicare il principio “chi inquina paga”, coinvolgendo anche le grandi imprese del web, che con i loro flussi economici e commerciali hanno un impatto significativo sulle politiche agricole e alimentari. L’aumento della spesa pubblica per l’agricoltura, da solo, non sarà sufficiente a risolvere i problemi strutturali delle aree montane. È invece fondamentale ridistribuire le risorse in modo più equo, tenendo conto degli impatti ambientali ed economici.

“Aumentiamo il valore della PAC insistendo sulle grandi imprese del web, affinché si possano superare sperequazioni che altrimenti aumenteranno”, ha dichiarato Bussone, sottolineando la necessità di una maggiore responsabilità da parte delle imprese più impattanti.

Verso un nuovo equilibrio

L’agricoltura montana italiana si trova a un bivio. Le sfide poste dalla frammentazione fondiaria, dall’abbandono delle terre e dalla gestione forestale richiedono una risposta immediata e coordinata, che coinvolga non solo le comunità locali, ma anche le istituzioni nazionali e internazionali. Il futuro delle aree montane non riguarda solo le popolazioni che vi abitano, ma è una questione di interesse generale per l’intero Paese.

La valorizzazione delle montagne, attraverso una gestione sostenibile delle risorse e una politica agricola che supporti le piccole imprese, sarà essenziale per garantire un futuro prospero e sicuro, non solo per le aree rurali, ma per tutto il territorio italiano.

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”