L’alchemilla, nel cui nome c’è l’alchimia
L’alchemilla appartiene alla famiglia botanica delle Rosacee ed è stata catalogata come Alchemilla vulgaris L. Il suo nome deriva dall’arabo e ha la stessa radice dell’alchimia. Non è un caso: proprio dall’alchemilla, infatti, gli alchimisti medioevali ricavavano la cosiddetta “acqua celestiale”, indispensabile – secondo loro! – per mutare la materia in oro. Tale acqua celestiale altro non era che rugiada. Rispetto a tutte le comuni piante, sulle foglie di alchemilla se ne trovava sempre di più. Ma come mai?
In primo luogo, le foglie stesse sono piuttosto grandi, con la caratteristica forma a ventaglio, da cui deriva il nome popolare di ventaglina o erba stella. E poi c’è il fenomeno della guttazione. In che cosa consiste? La guttazione avviene in condizioni di elevata umidità, che impedisce alle foglie di disperdere l’acqua in vapore. Per risolvere tale problema, l’alchemilla ha particolari stomi, nelle foglie, che non sono adibiti agli scambi gassosi ma che espellono direttamente l’acqua. Per questo motivo, sulle sue foglie a ventaglio la rugiada si raccoglie in grandi perle, che mandavano in visibilio gli antichi alchimisti.


Il Conte Mago, il più famoso alchimista irlandese, e la Madonna
In Irlanda, l’alchemilla è indissolubilmente legata alla figura del Conte Mago. Si tratta di Gerald FitzGerald (1525-1585), undicesimo conte di Kildare. La sua fama di alchimista ci è stata tramandata dal poeta William Butler Yeats, Premio Nobel per la Letteratura nel 1923, nelle sue splendide “Fiabe irlandesi”. Pare che nei giardini del suo maniero, il Kilkea Castle, nella contea di Kildare, la pianta più coltivata fosse proprio l’alchemilla. Irriducibile cattolico, nell’epoca della Riforma anglicana, Gerald FitzGerald era però altrettanto famoso come alchimista.
Resta il dubbio sul luogo in cui ne abbia appreso l’uso, per ricavare l’acqua celestiale. Soggiornò, infatti, a lungo in Italia, a metà del XVI secolo, venendo a contatto con la cultura rinascimentale. D’altronde, l’alchemilla è un genere autoctono irlandese che, solo nell’Isola di Smeraldo, comprende diverse specie. Se voleste approfondire il personaggio del Conte Mago, chi vi scrive gli ha dedicato un romanzo storico intitolato “Anna che custodì il giovane mago”. Altrimenti, sul rapporto tra l’alchemilla e l’Irlanda possiamo aggiungere che qui è un’erba mariana per eccellenza. Tanto che il suo nome gaelico è Dearna Mhuire, che significa “mano della Vergine Maria”.
Il nome inglese è, invece, Lady’s mantle, che si traduce come “mantello della dama”. Nelle campagne, l’infuso era somministrato alle donne infeconde, affinché, pregando anche la Madonna, aiutasse a ottenere la sospirata maternità. Le foglie essiccate erano poi mescolate all’imbottitura dei guanciali, per conciliare il sonno e scacciare il pericolo di una notte in bianco.


Conosciamo l’alchemilla più da vicino
L’alchemilla è una pianta perenne con rizoma legnoso e fusti eretti o striscianti, esili e assai ramificati. Può raggiungere un’altezza di mezzo metro e, come habitat, predilige i prati umidi, i pascoli e le rive cespugliose. È diffusa in Europa, Asia e America settentrionale. Anche se è meglio utilizzare sempre le chiavi botaniche per un’identificazione certa, si riconosce con facilità per le sue foglie. Esse sono reniformi, arrotondate, con lembo pieghettato a ventaglio e suddiviso in 7-11 lobi e con margine dentato.
Hanno lungo picciolo alla base della pianta e sono ugualmente verdi su entrambe le pagine. Fiorisce tra maggio e agosto ma i piccoli fiori verdastri, riuniti in cime terminali a pannocchia, non sono affatto appariscenti perché privi di petali. Hanno calice tubolare e i sepali sono organizzati in 2 verticilli che ne comprendono 4 ciascuno. Anche questo tipo di fiore fa eccezione, rispetto a quello tipico delle Rosacee con corolla a 5 petali. Ciascun frutto rilascia a maturazione 3 o 4 semi, che sono acheni.


Una valida droga, in fitoterapia
L’alchemilla è soprattutto un’erba medicinale astringente, perché è tra le più ricche di tannino. Gli altri principi attivi sono fitosterolo, acidi ellagico e luteico, acido salicilico e resina. L’azione sull’organismo che ne deriva è pertanto tonica, diuretica, emostatica, cicatrizzante, decongestionante del fegato e sedativa generale. La droga, ossia quell’elemento della pianta che si usa in fitoterapia, è rappresentata dalle parti aeree e giova per vari disturbi. Regola il flusso mestruale e calma il dolore da dismenorrea. Migliora lo stato generale dell’apparato riproduttivo femminile: Jean Valnet ipotizzava che prevenisse addirittura la formazione di fibromi uterini.
Contrasta diabete, enteriti e diarree, crampi allo stomaco, meteorismo, mal di testa, insonnia, reumatismi e obesità. Senza minimamente tralasciare le cure mediche in corso, tuttavia si può bere il decotto casalingo dell’alchemilla al posto del tè. Si prepara ponendo due cucchiai rasi di alchemilla essiccata in mezzo litro d’acqua fredda, si fa bollire per qualche minuto e si lascia in infusione per una decina di minuti. Si filtra, si dolcifica a piacere – il tannino rende la tisana un po’ amarognola – e si beve lungo la giornata. In uso esterno, con il decotto non zuccherato si detergono ferite, piaghe e punture d’insetti.
Lenisce il prurito vulvare e, se gargarizzato, migliora lo stato di tutto il cavo orale. Non trasformerà il metallo in oro, come speravano gli alchimisti dei secoli passati, ma è senz’altro un dono prezioso della natura per la nostra salute.
Foto copertina di congerdesign da Pixabay
Potrebbe interessarti anche:
La sanguisorba, dal fiore rosso come il sangue
Le rose selvatiche, carezza e profumo d’altri tempi
Le Rosacee, alleate della nostra salute, che valgono per cinque


