Amore delle distanze

Amore delle distanze (Valerio Liboni /Guido Guglielminetti) …non solo una canzone, ma una poesia che racconta una storia che intitolerei “l’altra metà della divisa“.

Lo so che quando fare il militare era obbligatorio e la leva durava un anno, erano tanti gli amori che lasciavano lacrime sui marciapiedi delle stazioni e i treni partivano con tanti fazzoletti bianchi che sventolavano dai finestrini, ma oggi i giovani non sanno cosa significa, a meno che non vogliano e scelgano di servire la Patria. E’ così che, anche oggi, ci si ritrova con un amore delle distanze.

Si sa, che Amore, per molti, vuol dire abitare sotto lo stesso tetto, passeggiare per la città, passando tra i vicoli di città che profumano di vita e rubarsi qualche bacio.

Si sa, che Amore dovrebbe essere condivisione, toccare con mano tutto ciò che ti sta attorno, prendere per mano chi ti porti accanto.

Però, l’Amore a volte, non conosce regole e queste cose non sempre le tiene in conto. A volte è semplicemente un amore delle distanze.

Io non so come funzionano queste cose. Sì, intendo queste cose che ti capitano per caso e che non sai gestire.

Quando guardi fuori da un finestrino di un treno in corsa e non vedi solo un paesaggio. Non so come funziona quando vedi i colori più belli mescolarsi con il tuo umore. Che poi si sa, che in un modo o in un altro diventa amore. Che poi si sa che queste cose non fanno altro che diventare una persona.

Andrea, 22 anni, soldato dell’Esercito Italiano.

 “Cos’hai?” mi chiedi con voce malinconica.

Gli rispondo che non ho niente. Sempre così, ogni volta. Ma poi mi guarda con quegli occhi grandi che nasconde dietro i suoi semplici e fini occhiali e dice di non credermi. Sempre così, ogni volta.

Continuiamo così all’infinito.  

“Ti si legge negli occhi quando qualcosa non va. Resti in silenzio, tu che zitta non stai mai.”

Accenno un sorriso ogni volta che dice così. Mi ricorda i primi giorni, i primi tempi quando mi diceva “Raccontami qualcosa” e poi, per non sembrare troppo invadente aggiungeva:

“Mi piace sentirti parlare.”

“E cosa vuoi che ti racconti?”  gli chiedo sorridendo.

“Tutto.”

Io, quel tutto, ancora oggi, lo riempio di mille cose, nuove, da raccontargli a fine giornata quando mi chiama con gli occhi stanchi.

Lo schermo del cellulare sostituisce il cielo sotto cui vorremmo stare, insieme, a stringerci la mano, mentre io guardo lui che è la stella più bella che mi appartiene.

E come ogni giornata, anche le chiamate calano come il sole, per far spazio ad una nuova luna.

“Ora devo andare. Buonanotte bimba.”

Accenno un va bene, insieme ad un sorriso, anche se quando si tratta di lui io non vorrei lasciar andare mai niente.

 Mi dice sempre di scrivergli, dopo avermi dato la buonanotte, come a pensare che mentre dorme le mie parole gli possano arrivare lo stesso.

“Ti leggo domani. 

Se non sarà una buonanotte, diventerà un bellissimo buongiorno.”

Non importa quanto tempo passiamo lontani. Torniamo sempre ad essere casa, ad avere lo stesso profumo del caffè la mattina, che colora le stanze e risveglia le vie della città. Noi siamo questo, il sapore dei baci che ci rubiamo in ogni angolo, il sapore di una vaschetta di gelato con i nostri gusti preferiti, nocciola e pistacchio, che dividiamo sempre, perché a noi va bene così. A condividere le cose che più ci piacciono, come la vita, da quando siamo in due.

Sembra impossibile, ma ti dirò che poi succede. Succede se lo fai capitare più spesso, di voler essere felice.

Succede anche di peggio, di aggrapparsi a quella cosa lì. All’infelicità dico, alla fine è una scelta, quella di non essere felici. Adesso riderai e penserai che non sia vero. Invece è proprio così, ci trasciniamo per strade buie, non siamo pronti al cambiamento, alle novità, ci accontentiamo per paura di restare senza. Ma ricorda che chi si accontenta, come dice Ligabue, gode così così.

Quante volte hai ripetuto per le strade, alla gente, “E’ andata così”. Eppure certe volte potrebbe andare in modo diverso, perché devi avere il coraggio di fermarti in tempo, che non sempre toccare il fondo è un giusto modo per risalire. Nel fondale vacci per scoprire colori nuovi, per non credere che è sempre tutto buio.

Siamo proprio noi a scegliere di essere infelici, adesso riesci a crederci? Struggente amore delle distanze…

Ti dirò che è difficile, tanto. Ti chiederai cosa e ti dirò tutto.

Ma poi penso a lui che esce dal portone di una città che mi appartiene. Che il primo abbraccio lo sognavo così, di quelli che non sai quanto ti stringono, ma sai quanto stringi. Poi lo penso tranquillo, a guardarmi e aspettare di incrociare il mio sguardo, in qualsiasi momento, mentre raggiungiamo posti che fin da subito ho pensato “Ti ci devo portare”, che per me è la dichiarazione più bella.

Mi penso tranquilla, ma con il cuore che batte a mille, a camminare su una strada percorsa per anni a varcare la soglia di un portone mai visto prima, nella città che mi appartiene. Lo penso lì, affacciato fuori casa ad aspettare me, che fino a quel giorno ho aspettato il suo ritorno.

E penso poi, che non puoi stancarti di amori che ti cullano, di mani che sanno accarezzare e toglierti di dosso tutto ciò che non sta bene con te.

Che se poi apri Instagram gli amori ti sembrano tutti perfetti, ma ti dirò che non è così, che ci sono amori fatti di treni presi per darsi un bacio in più, quei baci del ritorno che hanno un sapore diverso, ogni volta.

Amori che portano con sé felicità, paure, silenzi e qualche libro ingiallito che non hai mai il coraggio di buttare.

Ti dirò che non ha mai senso fuggire dall’ amore se è un amore delle distanze, quando la destinazione diventa una persona. Devi avere coraggio, come quando dallo scoglio più alto non sai se buttarti o sederti a guardare il mare che tace.

Alla fine, conta chi, non potendolo portare per mano, lo porti nel cuore.

Te lo spiegherei così l’amore, al tempo in cui i cellulari erano poco social e solo telefoni.

“Caro te,
se l’Amore fosse un po’ meno di quello che è non staremo qui, che è meglio una notte al mese con te, che tutte le notti con chiunque altro.
Ti aspetto come un giorno nuovo che porta il sole fin dentro la stanza la mattina, in una casa che non ha importanza non sia nostra perché tanto tu sei tutti i posti in cui vorrei abitare. ”

Arianna Pino
Arianna Pino
Autrice del libro “Resta almeno il tempo di un tramonto” e di “Quando fuori piove”, finalista al concorso letterario “Il Tiburtino”. Iscritta all’ Università delle scienze e tecnologia del farmaco. Dice di sé:“Sono nata in città ma vivo col mare dentro. Ho occhi  grandi per guardare il mondo, ogni giorno, con colori diversi. Ho la testa tra le nuvole ma cammino su strade fatte di sogni pronti a sbocciare, mi piace stupire come il sole, quello che la mattina ti accarezza il volto e ti fa ricordare che c’è sempre un buon motivo per alzarsi. Amo la pizza, il gelato e la cioccolata calda perché io vivo così, di sensazioni estreme, perché a vent’anni una cosa o gela o brucia. Mi piace vivere tra le parole che scrivo, che danno forma alla mia vita come i bambini fanno con le nuvole”.