Animali che cambiano colore: come fanno e perchè

Quando pensiamo agli animali che cambiano colore, la mente corre subito al camaleonte. In realtà, questo fenomeno è molto più diffuso di quanto si creda: lo usano pesci che si nascondono nella sabbia, rane che si adattano alla luce del giorno, polpi capaci di spettacoli luminosi e perfino farfalle che confondono i predatori con ali variabili. Molte specie, anche molto diverse tra loro, hanno evoluto l’arte del mimetismo cromatico usando strumenti differenti: cromatofori controllati da muscoli, iridofori con cristalli riflettenti, pigmenti regolati da ormoni o microstrutture ottiche.

I motivi per cui cambiano colore non sono gli stessi per tutti. Per alcune specie, come molti rettili e pesci, il cambio di colore serve soprattutto a difendersi dai predatori. In altri casi, come certe rane o camaleonti, la funzione principale è comunicativa, per corteggiamento o segnali di aggressività. Alcuni animali, come taluni cefalopodi, possono usare il cambio di colore anche per regolazione fisiologica, ad esempio per controllare la temperatura o la riflettanza della luce. Ogni specie ha quindi sviluppato il proprio sistema e il proprio scopo, adattato alle proprie esigenze ecologiche.

La scienza ha dimostrato che non esiste un unico meccanismo: ogni gruppo animale ha sviluppato una soluzione diversa, sfruttando pigmenti, strutture ottiche, muscoli e persino un controllo nervoso sofisticatissimo.

Per capire meglio come questi meccanismi funzionano nella realtà, vediamo insieme alcuni esempi di animali che cambiano colore e i sistemi sorprendenti che utilizzano.

Camaleonte: cristalli che riflettono la luce

Il camaleonte è il classico esempio di mimetismo vertebrato, noto soprattutto per la capacità di cambiare colore rapidamente. Vive in Africa settentrionale e in alcune zone del Mediterraneo, prediligendo ambienti arbustivi e alberati, anche se, oramai, è diventato un animale esotico molto richiesto per i rettilari domestici.

La pelle di questi rettili ospita due strati di cellule chiamate iridofori, ricche di nanocristalli. Questi cristalli fotonici causano un cambiamento attivo del colore nei camaleonti (fonte National Library of Medicine – National Center for Biotechnology information – Official governament site  of USA)

Regolando la distanza tra i cristalli, l’animale modifica il modo in cui la luce viene riflessa: se i cristalli sono vicini, la pelle appare blu o verde; se sono più distanti, compaiono i toni rossi e gialli. Questo processo è controllato dal sistema nervoso e avviene in pochi secondi: cambiando la riflessione della luce, cambia il colore percepito. La funzione principale è la comunicazione tra conspecifici, ma il camuffamento contro predatori resta un vantaggio secondario.

Contrariamente alla leggenda, il camaleonte non copia qualsiasi colore intorno a sé: le variazioni rispondono soprattutto a emozioni, comunicazione sociale e termoregolazione.

Seppia e polpo: la pelle come uno schermo vivente

Tra gli animali che cambiano colore, ce ne sono diversi che vivono nei nostir mari.

Nei cefalopodi, come la seppia (Sepia officinalis) e il polpo comune (Octopus vulgaris), il cambio di colore è ancora più spettacolare. La loro pelle funziona come un display biologico, formato da milioni di cromatofori, piccole sacche di pigmento circondate da muscoli radiali. Quando i muscoli si contraggono, il cromatoforo si espande mostrando il colore; quando si rilassano, il pigmento si richiude e diventa invisibile.

Sopra i cromatofori si trovano altri due strati: gli iridofori, che creano effetti metallici, e i leucociti, che diffondono la luce dando luminosità. Il tutto è collegato direttamente al sistema nervoso centrale, che permette all’animale di cambiare colore quasi istantaneamente e di creare motivi complessi, veri e propri “disegni” animati sulla pelle. Questo meccanismo serve sia per mimetizzarsi, sia per comunicare: un polpo può diventare scuro e minaccioso per allontanare un predatore, o luminoso e dinamico per corteggiare.

Pesci piatti e rombi: il corpo che imita il fondale

Molti pesci che vivono sul fondale, come il rombo (Bothus podas) o il passera di mare (Platichthys flesus), sono in grado di adattare la pelle all’ambiente circostante. Anche loro possiedono cromatofori, ma il sistema di controllo è meno diretto rispetto ai cefalopodi: i cambiamenti dipendono sia da stimoli visivi (ciò che il pesce “vede” con gli occhi) sia da ormoni che regolano l’espansione dei pigmenti.

Il risultato è un mimetismo che può richiedere qualche minuto, ma che riesce a riprodurre macchie, striature e sfumature simili al fondale. In questo modo il pesce non solo si difende, ma diventa un predatore invisibile in attesa della preda.

Rane tropicali: la pelle che respira con la luce

Negli anfibi, il cambiamento di colore è più lento, ma ugualmente utile. Specie come la rana degli alberi del Centroamerica (Agalychnis callidryas) o le rane del genere Hyperolius in Africa modificano la tonalità cutanea grazie ai cromatofori e a meccanismi ormonali.

Qui il sistema nervoso ha un ruolo meno immediato: il cambiamento può richiedere minuti o ore ed è influenzato da luce, temperatura e umidità. In molte rane i maschi diventano più brillanti durante la stagione riproduttiva, trasformando la pelle in un segnale sessuale oltre che in uno strumento di mimetismo.

Insetti e farfalle: ali che ingannano

Anche tra gli insetti il cambio di colore è diffuso, ma spesso si tratta di un trucco ottico più che biologico. Le farfalle, come la Morpho menelaus del Sud America, non cambiano davvero pigmento: le loro ali hanno microscopiche scaglie strutturate che riflettono la luce in modi diversi. Muovendo le ali, la farfalla sembra cambiare colore dal blu al nero, creando un effetto ipnotico che confonde i predatori.

Altri insetti, come la cavalletta foglia (Phyllium bioculatum), adottano un mimetismo statico basato su pigmenti verdi, ma possono leggermente modificare le sfumature con variazioni fisiologiche. Non è un cambiamento rapido come nei cefalopodi, ma un adattamento più lento legato alla crescita o alla stagione.

La scienza dietro la magia

Non esiste quindi un solo “segreto” del colore cangiante: ogni specie ha sviluppato il proprio sistema. I camaleonti usano cristalli nanometrici, i cefalopodi un controllo muscolare finissimo dei cromatofori, i pesci un mix di stimoli visivi e ormonali, le rane la regolazione ormonale della pelle, le farfalle le leggi dell’ottica.

Tutti questi meccanismi rispondono però a bisogni comuni: sopravvivere ai predatori, comunicare con i propri simili, regolare la temperatura corporea.

Le ricerche recenti, pubblicate su riviste come Nature Communications e Journal of Experimental Biology, stanno persino ispirando nuove tecnologie: tessuti che cambiano colore, vernici intelligenti, materiali che imitano la pelle dei cefalopodi. Ciò che per un polpo è un’arma di sopravvivenza, per l’uomo potrebbe diventare il futuro dell’ingegneria dei materiali.

Una lezione di equilibrio

Osservare un animale che cambia colore è uno spettacolo che unisce estetica e biologia, ma ci ricorda anche la fragilità degli ecosistemi che li ospitano. Le seppie del Mediterraneo soffrono l’inquinamento delle acque, i camaleonti perdono habitat per la deforestazione, molte rane tropicali sono minacciate dalle malattie fungine.

Il mimetismo, per quanto sofisticato, non basta a proteggerli dall’impatto umano. Difendere la biodiversità significa preservare anche questi piccoli miracoli di ingegneria naturale, che ci mostrano quanto la vita sappia reinventarsi in modi sorprendenti.

Foto copertina di Martin Str da Pixabay

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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