Danilo Amerio è un artista poliedrico che ha contribuito alla storia della musica italiana con la sua voce unica e i suoi brani senza tempo. Cantante, autore, corista, polistrumentista e producer, ha conquistato il palco di Sanremo in diverse vesti. Ha collaborato con leggende della musica italiana come Anna Oxa, Giorgio Faletti, Pierangelo Bertoli, Marco Masini, Paolo Vallesi, Raf e Mia Martini. Lo scorso anno, ha emozionato il pubblico di The Voice Senior su Rai 1, nel team D’Alessio, confermando il suo straordinario talento e il suo legame indissolubile con la musica.


Era il 1980
“Avevo 15 anni, scrivevo canzoni, suonavo e coltivavo sogni tanto grandi quanto fragili. La musica rappresentava, per me, un antidoto al mondo. Una promessa di libertà, un viaggio senza confini.
Grazie al mio amico Saverio – con il suo impianto audio Hi-fi, e un giradischi Marantz 6300, un’eccellenza per l’epoca – ascoltavo Dalla, Supertramp, Yes, Battisti, Elton John. Eppure, nella vita di tutti i giorni, lavoravo come chitarrista in orchestre da ballo, suonando in locali fumosi e cercando di replicare i brani in classifica.
Ero “Tappezzeria sonora per anime distratte, in cerca di ore di divertimento e emozioni fugaci, rubate nei salottini più bui”.
Per noi giovani musicisti, era l’unico modo per guadagnare qualcosa. Le chitarre Fender e Gibson, miraggi per la mia Morris inglese, costavano come due stipendi e nessuno ti pagava per ascoltare le tue canzoni. Accettavo a denti stretti quel mondo fatto di luci soffuse, odore di sigarette e polvere, sicuro che qualcosa sarebbe cambiato nel futuro.
Suonavamo, per fortuna, in alcuni dei luoghi più iconici d’Italia. Come Alcatraz di Milano, La Cometa di Piobesi, Il Purgatorio di Villafranca, Celebrità di Trecate, Il Capriccio di Milano e lo Sporting Club di Santhià. Questi locali, maestosi e storici, ospitavano spesso orchestre diverse nella stessa serata. Noi ci esibivamo in piccole sale da cento-duecento persone, mentre le grandi band dominavano i palchi principali, con migliaia di spettatori.
Ogni pausa, ogni fine serata, correvamo a rubare i segreti dei professionisti. Li osservavamo, nascosti sotto il palco, cercando di carpire i loro suoni perfetti, lontani anni luce dalle nostre performance.
La voce degli Oxygen
A quei tempi, i più bravi erano gli Oxygen. Una band che girava l’Italia, composta da musicisti armati dei migliori strumenti dell’epoca: Jupiter8, Oberheim Ob-Xa, Prophet 5, supportati da sequencer ritmici come il TR808 e sinth monofonici ARPs e SH-101 Roland, in grado di riprodurre linee di basso e batteria fedeli ai dischi. Ferrari e Conigliette di Playboy, ai nostri occhi. E con impianti audio all’avanguardia, capaci di far tremare lo stomaco con le loro basse frequenze.
La voce principale del gruppo era un prodigio.
Capace di passare con incredibile grazia dai falsetti degli Imagination, di Just an Illusion e Body Talk, al pathos di Sailing di Christopher Cross, passando per l’energia di Upside Down di Diana Ross e Funkytown dei Lipps Inc. fino alla magia di Another Brick in the Wall dei Pink Floyd.
Con la sua voce inconfondibile e la sua presenza magnetica sul palco, divenne un’icona per me. Mi insegnò che la musica non è solo suono, ma anche emozione.
Anni dopo, nel 1992, ebbi il piacere di ritrovarlo al Cantagiro, in gara con la sua canzone “Buttami via”. Il suo talento si arricchiva di una sensibilità da autore, a me fino allora sconosciuta.
Da quel momento, per lui iniziò una carriera di successi inarrestabili, con grandi brani presentati a Sanremo e una serie di collaborazioni con artisti e canzoni indimenticabili della musica italiana. E per il mio percorso di autore, si consolidò un punto di riferimento.
Il resto è ormai parte della storia.
Masterclass
Oggi, questo grande artista continua a stupire con la sua voce. Lo ha recentemente ricordato al grande pubblico con la sua partecipazione a The Voice Senior, nel team D’Alessio.
Siamo amici da molti anni, ma oggi ho il piacere di ospitarlo per parlare di musica e canzoni in questa esclusiva chiacchierata per Masterclass, la rubrica di Zetatielle Magazine dedicata alle eccellenze della musica italiana”.
Signore e Signori, un maestro, un artista, un’anima senza tempo: Danilo Amerio.


Danilo Amerio: la storia e il pensiero di Gae Capitano
Danilo Amerio è un autore, musicista, producer e interprete.
Una delle voci più belle che abbiamo mai avuto in Italia. Duttile, calibrata, graffiante. Dalla pasta sonora eccezionalmente ricca di armoniche.
Una timbrica immediatamente riconoscibile, che è stata lo strumento ideale per restituire la delicatezza delle sue composizioni e la profondità dei suoi testi. Testi che si distinguono da sempre per la loro lucidità, e la rara capacità di essere al tempo stesso quotidiani e sognanti.
La sua carriera, iniziata negli anni ’90, è sempre stata caratterizzata da un’approfondita ricerca stilistica, mai legata a mode passeggere, che ha danzato in punta di piedi tra tradizione e innovazione.
In qualità di autore, Amerio ha saputo farsi interprete delle contraddizioni e delle tensioni della contemporaneità, affrontando temi universali senza mai scivolare nel banale. Raccontando in prima persona i disagi dei più deboli, in amore e nella società. Mettendo in musica i pensieri delle persone comuni.
“Bisogno d’amore”
Come non emozionarsi di fronte ai disarmanti passaggi: “Lui sarà sicuramente bello e unico, e io parto già perdente agli occhi tuoi”; “Resto a casa con il nostro cane ad aspettare te”; “Ma se in mezzo alle tue gambe avessi un’anima, dentro il tuo deserto scopriresti che… hai bisogno d’amore, tu più di me”.
La canzone è “Bisogno d’amore”, presentata a Sanremo nel 1995 tra i big. Un testo che appare ancora oggi modernissimo. E una struttura armonica da manuale. Dove due sole cellule sonore, una della strofa e una del ritornello, si evolvono in continuazione su una trama di accordi che si incastrano perfettamente uno dentro l’altro come i pezzi giusti di un puzzle.
Un tessuto sonoro messo in risalto dalla versione orchestrale di fiati -che eseguono da soli tutte le strofe iniziali! – rimasto un punto unico nella storia del Festival. Lo special, a 03:11, unisce un glissando di archi, la tensione emotiva della sua interpretazione e un lavoro perfetto dei coristi, per trasportare magistralmente l’ascoltatore verso un cambio modale che si apre sull’ultimo ritornello. Trascendendo la pura armonia accademica e diventando magia. Un brano eterno, che si chiude sulla voce, da pelle d’oca, di Danilo.
Come amo ricordargli spesso, alcuni suoi brani sono perfette evoluzioni di strutture che arrivano dalla musica classica. Che si sono legate perfettamente con il suo stile confidenziale, e le storie che ha saputo raccontare. Canzoni che ancora oggi mi sorprendono ed emozionano per la maestria con cui sono state scritte. Merce rara.
Discografia
Con La sua discografia, “Lato latino” (1992), “Danilo Amerio” (1994), “Bisogno d’amore” (1995), “Fidati del tuo cuore” (1999), “Ali digitali” (2002) e “L’amore ha un altro colore” (2011), Danilo non ha portato cambiamenti radicali o scosse stilistiche alla musica italiana. Ma piuttosto ne ha esaltato i dettagli che le appartengono e ci rappresentano in tutto il mondo.
In un’evoluzione coerente. Caratterizzata da un continuo confronto sull’importanza del rapporto tra testo e melodia, con brani come “Case di ringhiera”, “Il mercato degli angeli”. “Milioni di soli”, “Passa tutto”. Un uso misurato e preciso degli strumenti, letterali e musicali, esemplare in ogni sua produzione. Un mood attento alle mode dei tempi ma sempre caratterizzato da una voce stilistica personale.
Ogni album è il risultato di un lavoro di ricerca e di perfezionamento, eppure, al contempo, nessuna delle sue produzioni ha mai svenduto l’autenticità in nome della ricerca di una formula vincente.
Una sperimentazione sospesa tra cuore e tecnologia. Un lavoro da musicista, arrangiatore, producer, su cui l’ombra di uno dei suoi grandi idoli – Peter Gabriel- ha sempre aleggiato, per bellezza.
Da “Donna con Te” a The Voice
“Donna con te” del 1990 scritta per Anna Oxa è il primo esempio. La struttura originale, poi impreziosita dal lavoro del maestro Fio Zanotti, aveva già impresso al brano quella attenzione ai particolari sonori, che si trasformerà in un suo marchio di fabbrica e anticiperà di molti anni un tipo di sound, fatto di un uso sapiente di loop ritmici cori e orchestra.
Ma le varie arti di Danilo Amerio si sono legate nel tempo ad altri progetti e artisti che sono, oggi, storia della musica italiana. Ha prestato la sua voce ad album quali: Mia Martini – Nell’aria (1992), Jovanotti – Lorenzo 1994 (1994), Umberto Tozzi – The Best of (1997), Raf – Cosa resterà (1996), Aleandro Baldi – Ti chiedo onestà (1994), Marco Masini – Marco Masini (1990), Little Tony – Non finisce qui (2008).
La sua recente partecipazione a “The Voice Senior” ha messo in luce un altro aspetto della sua carriera: la continua capacità di adattarsi e di rinnovarsi, pur senza snaturarsi. L’esibizione di “Scrivimi” di Nino Buonocore, con la quale ha conquistato i coach – un capolavoro in grado di mettere in luce le sfumature caleidoscopiche della sua voce – svela il suo talento di attraversare senza difficoltà il panorama musicale attuale, pur rimanendo fedele a un proprio linguaggio, nonostante le sfide delle nuove generazioni.


Masterclass: L’intervista a Danilo Amerio
L’occasione per salutare Danilo è un incantevole concerto di beneficenza, che vede la partecipazione di alcune delle voci italiane più affascinanti. L’evento, presentato dalla splendida Simona Tagli in coppia con la maestria del giornalista e opinionista Maurizio Scandurra, si svolge in una location mozzafiato: il Santuario di San Pancrazio, a Pianezza,Torino, con le sue architetture del 1600.
La bellezza del luogo viene ulteriormente esaltata da una nevicata improvvisa, che imbianca il piazzale della navata d’ingresso, regalando alla serata un’atmosfera ancora più magica. Sul palco si alternano artisti e autori di grande talento, come Silvia Mezzanotte, Danilo Amerio, Tony Bungaro, Andrea Mingardi e gli Anno Domini Gospel Choir, diretti dal M° Aurelio Pitino, una ensemble di altre voci incredibili, che vanta collaborazioni con Raphael Gualazzi e Andrea Bocelli.
Alla cena pre-spettacolo, Danilo, sempre sorridente, si intrattiene volentieri tra ricordi e musica.
Non ne abbiamo mai parlato. Quando suonavi con gli Oxygen negli anni ’80, ero uno dei ragazzi che stava sempre sotto il palco ad ascoltarvi.
«Mi fai rivivere un ricordo che appartiene a un’epoca lontana. Gli Oxygen sono stati una parte fondamentale della mia giovinezza. Viaggiavamo per tutta Italia, guadagnavamo e ci divertivamo. È stato il palco su cui ho affinato il mio primo vero contatto con il pubblico.»
Quando hai capito di avere una voce così speciale?
«Lo dici tu. Io ho sempre semplicemente cantato, per dare vita a ciò che scrivevo come autore. Probabilmente, visto che mi è stato affidato questo ruolo molte volte, a partire come corista in molti dischi, a qualcuno la mia voce piaceva.»
I tuoi brani sono spesso affascinanti evoluzioni armoniche di strutture classiche.
«Vengo da studi di conservatorio, quindi non mi sorprende che emerga questa influenza. Non ci ho mai dato troppo peso, ma è naturale che accada.»
Com’è nato l’arrangiamento di fiati per “Bisogno d’amore” a Sanremo?
«Quando ho proposto il brano per Sanremo, lo provinai usando un pad di sintetizzatore con una timbrica che ricordava quella di una sezione di corni. Con Mario Natali, che l’aveva scritto con me, ci balenò l’idea, distratta dai mille preparativi, che a Sanremo avremmo avuto davvero una sezione di fiati! Da lì è stato solo questione di preparare le parti per i grandi maestri dell’orchestra.»
Hai lavorato con Masini, Raf e Vallesi. Hai mai pensato che abbiano in qualche modo copiato il tuo stile?
«No, al massimo sottolineerei il concetto di “Scuola Fiorentina”.
Con Marco, Raffaele e Paolo, abbiamo avuto il privilegio di crescere artisticamente sotto la guida di Giancarlo Bigazzi, uno dei più grandi autori italiani. Un artista straordinario, capace di firmare brani leggendari, come il successo mondiale di “Gloria” di Umberto Tozzi, solo per citarne uno. Nel suo studio di registrazione, abbiamo lavorato fianco a fianco per molti anni. Abbiamo suonato, cantato e collaborato nella stessa “Factory”, dove sogni, sacrifici e passione si sono tradotti in alcune delle pagine più significative della nostra storia personale.
L’influenza del maestro Bigazzi ha segnato profondamente il nostro approccio alla musica. E continuiamo a portare con noi questa preziosa eredità in ogni nostra produzione.»
“Donna con te”, uno dei tuoi brani più iconici. È vero che l’hai scritto per Patty Pravo?
«Patty Pravo aveva già registrato il brano, e ne aveva persino realizzato una versione in spagnolo. Tuttavia, all’ultimo momento dovemmo optare per un’altra interprete. Dopo aver considerato altre cantanti, la canzone finì nelle mani di Anna Oxa, che la arricchì con la sua voce unica e la sua classe. Grazie alla sua interpretazione, conquistò il 4° posto a Sanremo, e il brano fu inserito come traccia principale del suo primo album live “Oxa live con i New Trolls”. Lasciando un’impronta indelebile nella memoria di tutti, con la sua eleganza e la sua voce straordinaria.»
I tuoi Sanremo sono inscindibilmente legati alla presenza di Pippo Baudo. Cosa ricordi di lui?
«La sua grande professionalità, innanzitutto. Pippo ascoltava ogni canzone degli artisti con attenzione, una per una. Con la sua esperienza e sensibilità, ti dava sempre consigli pratici su come migliorare il brano, basandosi sulla sua conoscenza profonda del pubblico del festival e su cosa avrebbe potuto piacere. Ogni volta che gli portavo un provino, tornavo con i consigli di un amico, prima ancora che con quelli di un direttore artistico.»


Il tuo metodo di lavoro: come nascono brani come “Sulla nuvola” dei Dik Dik, “Non finisce qui” di Little Tony, “301 guerre fa” insieme a Pierangelo Bertoli. O le collaborazioni del “Signor Tenente” e “Il Pagliaccio e il musicista “di Giorgio Faletti?
«Non esiste un metodo preciso.
La musica per il brano dei Dik Dik è nata spontaneamente al pianoforte, mentre leggevo il testo che l’autrice Alfia Bevilaqua mi aveva inviato, ispirato a un pensiero di Kahlil Gibran. “Non finisce qui” è stata suggerita da una frase di Tony dopo un suo periodo difficile di malattia. “301 guerre fa”, scritta e cantata con Pierangelo Bertoli, nasce da alcune considerazioni sulla vecchiaia e sulla guerra, fatte con il maestro. Un brano che ha poi anche dato il nome al suo ultimo album, pubblicato pochi mesi prima della sua prematura scomparsa.
Con Giorgio Faletti ci legava una profonda amicizia. Ho prodotto il suo disco “Come un cartone animato”, che contiene “Signor Tenente”. Il brano ci valse il Secondo posto sul palco dell’Ariston e il Premio della Critica. L’album la certificazione di disco di Platino. “Il Pagliaccio e il musicista” ha avuto una gestazione più lunga e introversa: è il frutto delle notti trascorse insieme in ospedale, dove sono dovuto rimanere per un po’. Giorgio mi veniva a trovare e passavamo le notti a scrivere e parlare. Sono particolarmente legato a questa canzone, perché è una vera e propria fotografia di chi eravamo.»
Istinto e ispirazione. Ma credi che esistano indicazioni utili? Anni fa mi consigliasti “Distratto” di Francesca Michielin come esempio di buon songwriting. Pensi che sia ancora un riferimento attuale?
«Certamente, per un buon autore la scintilla che ti spinge a scrivere è la strada migliore. Tuttavia, essere consapevoli di ciò che accade nel panorama discografico ti aiuta a restare aggiornato. “Distratto” è un brano impeccabile, perfetto per il periodo in cui è stato pubblicato. Oggi, però, la scrittura è cambiata, e ciò che era innovativo qualche anno fa potrebbe non esserlo più, poiché la musica è in continua evoluzione. Ciò che era apprezzato allora potrebbe non esserlo oggi, non per una questione di qualità, ma per il mutamento dei gusti e delle percezioni.»
A The Voice Senior hai avuto l’opportunità di mostrare nuovamente il tuo talento. Come hai vissuto questa esperienza?
«Rimettermi in gioco in un programma di successo come The Voice Senior dopo aver vissuto ben 4 esperienze a Sanremo, sia fra i Giovani che tra i Big, e aver partecipato come autore, compositore e produttore in altre 5 o 6 edizioni, è stata una vera sfida. Ma, alla mia età, fare un passo del genere vuol dire avere una voglia irriducibile di ricominciare, di mettermi in gioco in modo diverso, e questo mi ha entusiasmato davvero.
Partecipare a un talent come questo mi mancava, e posso dire che è stato un nuovo inizio che ho accolto con grande gioia. Mi ha dato l’opportunità di ricambiare tutto l’affetto che, nonostante il mio silenzio discografico, ho sempre ricevuto dalle persone. Sono state loro, attraverso i social e il loro sostegno costante, a farmi sentire la propria voce in questi anni, e a loro va il mio grazie più grande.»
Un silenzio discografico spezzato dalla pubblicazione del tuo nuovo singolo
Ho deciso di intraprendere un nuovo capitolo musicale con un management che ha portato freschezza ed energia al progetto. “Ci siamo noi” mescola influenze pop e dance ed è stato scritto insieme a Alfia Bevilacqua e Olga Kazelko. È un inno alla rinascita, un invito a riscoprire se stessi. Partendo da un nuovo amore o, come nel mio caso, da una passione che non è mai svanita: la musica.
Come autore e produttore, qual è la tua opinione sugli artisti di oggi?
«Come producer, lavoro con artisti giovani e promettenti, che hanno un approccio molto diretto alla musica. Privo di troppi meccanismi mentali, condizionamenti o influenze pregresse. Hanno belle voci e interessanti capacità di scrittura. Tuttavia, c’è anche una parte di loro che vuole arrivare subito, senza ascoltare i consigli e cercando scorciatoie facili per il successo.»
Un consiglio prezioso, quindi, per chi vuole intraprendere questo mestiere
«A chi condivide i nostri stessi sogni, voglio dire di non inseguire a tutti i costi il miraggio di un successo immediato.
È vero, le luci dei talent show ti offrono una immediata visibilità. Ma bisogna considerare che i protagonisti di ogni edizione sono presto sostituiti da nuovi volti. Pochi riescono a restare, mentre molti vengono eliminati ingiustamente dalla macchina mediatica. La realtà è un’altra. Una carriera solida si costruisce con tempo, esperienza e sacrifici. Continuare a studiare, a migliorarsi e a confrontarsi non solo ti fa crescere come artista, ma ti prepara ad affrontare anche gli inevitabili momenti di difficoltà e di flessione che fanno parte del percorso di ogni professionista.
Quando il pubblico si dimentica di te, qualunque sia il motivo, devi avere la forza morale di saper reagire. E questo è possibile solo se ciò che conta davvero è intraprendere questo mestiere per pura passione. Non per vanità o per la ricerca disperata della fama, ma per un autentico amore per la musica.
Solo allora questo potrà essere, davvero, il mestiere più bello del mondo».
In un panorama musicale in continua evoluzione, affollato da mode e volti passeggeri, c’è ancora qualcuno che dimostra che la bellezza di una voce, i capolavori e i veri artisti non conoscono tempo né confini.
Ed io, di fronte all’immensa bravura di Danilo Amerio, mi ritrovo esattamente come in quei concerti del 1980: nascosto sotto il palco – come se il tempo non fosse mai passato – ad ammirare una voce e un talento che continuano a emozionarmi.
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Premio Lunezia: una storia di musica e letteratura