Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

Quali sono i meccanismi di scelta tra fare le vacanze in hotel o in casa vacanza privata? Quali sono le caratteristiche di questi due modelli di turismo?

Le vacanze italiane non sono cambiate molto dall’inizio del Novecento, he sia in un albergo, in una “pensione”, come si usava dire fino a qualche anno fa, o in una casa vacanze. Quello che è camobiato, è il sistema di reddito derivante dagli affitti ad uso vacanza e il conseguente gettito fiscale.

Con l’avvento di internet, molti sono i siti che permettono ai proprietari di promuovere appartamenti a uso vacanze, deviando così il flusso turistico dalle strutture alberghiere alle case private. Una formula nuova che, da una parte, ha generato entrate economiche per i proprietari, dall’altra ha creato la necessità di un inquadramento fiscale poichè tali affitti non generavano entrate fiscali. Le locazioni ad uso turistico presso host privati vantano prezzi nettamente competitivi rispetto alle strutture alberghiere che devono fare i conti con il pieno carico fiscale.

Da un’indagine di Federalberghi, si evince che il risultato è che la percentuale di pernottamenti non rilevati rappresenta il 23,6% dei flussi turistici, generano solo l’11,9% dei consumi e, di conseguenza, un’analoga percentuale nella creazione di ricchezza e di occupazione.

Sono superiori a 57 miliardi di euro i consumi turistici realizzati nel 2022 nei primi 500 comuni italiani a vocazione turistica, di cui l’88% (50,3 miliardi) relativi a presenze ufficiali e il 12% (6,8 miliardi) relativi a presenze “non osservate”.

Hotel o casa vacanza nella foto una panoramica dall'alto i un resort davanti al mare e che ha piscine private
Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

Abbiamo la responsabilità – afferma Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi – di far capire quanto conta il turismo nel concreto della vita quotidiana di molte delle nostre comunità. Lo studio che presentiamo è ricco di informazioni, di valutazioni sui meccanismi economici che sovrintendono all’economia dell’ospitalità, di stime dei flussi che non sono ancora registrati nelle statistiche ufficiali”.

Lo studio, realizzato da Sociometrica, mette a confronto due modelli: il primo è fondato sull’ospitalità alberghiera, il secondo sulla commercializzazione delle case, con la modalità dei cosiddetti affitti brevi.

Entrambi i modelli hanno il fine di offrire ospitalità a chi pernotta in una destinazione turistica, ma le conseguenze economiche sono molto diverse, e talvolta opposte.

E infatti, secondo le stime di Sociometrica, l’economia generata dalle presenze ufficiali copre un valore complessivo che riesce a finanziare oltre un milione di occupati, mentre l’economia fondata sulle presenze non registrate genera appena 137 mila posti di lavoro.

L’ospitalità alberghiera: quella marcia in più

Il maggior contributo che gli alberghi apportano alla crescita dell’occupazione è determinato anche dalla presenza di un’organizzazione aziendale complessa, con figure professionali di varia specializzazione e la capacità di creare e diffondere una molteplicità di interdipendenze economiche che producono occupazione e reddito. Questa capacità moltiplicativa è del tutto scarna nel caso degli affitti brevi, le cui operazioni, quasi sempre, si limitano alla consegna delle chiavi, alla pulizia finale delle camere e alla manutenzione ordinaria.

L’albergo – commenta il presidente degli albergatori – è il fulcro su cui gioca tutta la grande macchina dell’ospitalità. Il suo valore non sta semplicemente nei suoi fatturati, nella sua economia in senso stretto, ma negli effetti espansivi che è in grado di diffondere sugli altri settori”.

Offriamo questi dati alla riflessione dell’opinione pubblica – conclude Bocca – affinché venga riconosciuto il giusto valore ad un settore che ha attraversato momenti difficilissimi, ma che adesso vuole rialzarsi e superare ogni record”.

È questo il succo della sentenza pronunciata questa mattina a Lussemburgo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a conclusione della vertenza iniziata nel 2017.

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Evasione fiscale e concorrenza sleale

Per amor di verità, un piccolo passo verso una regolarizzazione è stato fatto. Airbnb, la piattaforma statunitense che fa da intermediario tra chi affitta un appartamento per brevi periodi e chi cerca una sistemazione per i suoi soggiorni fuori porta, deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. E con lei tutti i suoi host, cioè le persone che dispongono di uno spazio in casa o di un’intera casa da affittare a turisti. E’ una sentenza pronunciata a Lussemburgo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a conclusione di una vertenza iniziata nel 2017.

Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, nell’esprimere apprezzamento il pronunciamento della Corte, ricorda che “la federazione è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.

La sentenza segna un punto importante – prosegue il presidente degli albergatori – ma resta del percorso da compiere. I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante sei anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni.”

In parallelo – conclude Boccachiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma in realtà operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast“.

Le bugie della sharing economy

Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305.

L’analisi dei dati, conferma, ancora una volta, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy:

– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Più di tre quarti degli annunci (l’81% si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.

– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Quasi due terzi degli annunci (il 64,9%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6.000.

– non è vero che si tratta di attività occasionali. Più della metà degli annunci (il 57,8%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.

– non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

Il caso Airbnb

Ciascun alloggio in vendita su Airbnb è stato indicato sulla mappa con un punto rosso. Il risultato è una grande macchia, che ha invaso le grandi località turistiche, i capoluoghi, le coste, etc.

Un danno non da poco agli alberghi, soprattutto negli ultimi due anni interessati dalla pandemia.

hotel o casa vacanza -  una cartina dell'Italia con dei puntini rossi
Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

Il comune con più alloggi disponibili su Airbnb è Roma, con 23.899 annunci, seguito da Milano (18.416), Firenze (10.576), Venezia (7.677), Napoli (7.313) e Palermo (5.561).

Airbnb due tabelle
Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

La regione con più alloggi disponibili su Airbnb è la Toscana, con 59.058 annunci, seguita da Sicilia (56.099), Lombardia (44.460) e Puglia (41.573).

(fonte: elaborazioni Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su dati Inside Airbnb)

affitti airbnb - le regioni con più alloggi a disposizione
Hotel o casa vacanza privata? Due modelli di turismo a confronto

I precedenti in tribunale

Le pretese di Airbnb sono state respinte una prima volta dal TAR del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019.

Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb sono state respinte dal TAR del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018, dal TAR del Lazio il 9 luglio 2018 e il 18 febbraio 2019, dalla Corte di Giustizia Europea il 30 giugno 2020.

Nel luglio 2018, il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.

Le imposte evase e le sanzioni

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Airbnb in tribunale, le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro.

Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto a dismisura, si può stimare che nei sei anni di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro.

Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli intermediari sono sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017.

Le sanzioni applicabili possono arrivare al 140% delle ritenute non effettuate, di cui il 20% per non aver effettuato la ritenuta e il 120% per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.

Il bilancio di Airbnb Italy srl

L’ultimo bilancio pubblicato di Airbnb Italy srl evidenzia imposte pagate in Italia per l’anno 2021 per circa un milione di euro.

Nello stesso anno, le somme incassate dal gruppo Airbnb a titolo di commissioni sugli affitti incassati nel nostro Paese possono essere stimate in oltre 180 milioni di euro.

In altri termini, il gruppo paga allo Stato italiano un’aliquota pari allo 0,5% dei ricavi realizzati in Italia.

L’imposta di soggiorno

Controversa e opaca anche la gestione dell’imposta di soggiorno. Airbnb si arroga il diritto di curarne la raccolta solo per i comuni che accettano di stipulare un accordo, facendosi beffe della legge che obbliga i portali ad effettuare sempre la riscossione.

Di recente, l’assessorato al turismo di Roma Capitale ha contestato formalmente le modalità di erogazione del servizio, perché il portale si limita a versare delle somme indistinte, senza fornire la rendicontazione necessaria per accertare la congruità del versamento e per individuare i contribuenti e gli immobili quali il gettito si riferisce.

La riscossione dell’IVA

L’8 dicembre, la Commissione Europea ha proposto una serie di misure per modernizzare il sistema di riscossione dell’IVA e ridurre la possibilità di frodi.

Una delle misure proposte mira ad eliminare la disparità di trattamento tra hotel e locazioni brevi, rendendo le piattaforme responsabili della riscossione dell’IVA dovuta qualora il gestore dell’alloggio non lo faccia (ad esempio perché è una persona fisica o un soggetto passivo che usufruisce di regimi speciali per le piccole imprese).

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”