Airbnb condannato a versare al fisco la cedolare secca

Nubi all’orizzonte per Airbnb e tutti i suoi host. La piattaforma statunitense che fa da intermediario tra chi affitta un appartamento per brevi periodi e chi cerca una sistemazione per i suoi soggiorni fuori porta, adesso rischia davvero grosso. E con lei tutti i suoi host, cioè le persone che dispongono di uno spazio in casa o di un’intera casa da affittare a turisti.

Airbnb deve riscuotere e versare allo Stato italiano la cedolare secca sugli affitti brevi. È questo il succo della sentenza pronunciata questa mattina a Lussemburgo dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, a conclusione della vertenza iniziata nel 2017.

Il funzionamento della piattaforma è nato con lo scopo di far incontrare domanda e offerta di locazioni immobiliari e guadagnare qualcosina dalle proprietà sfitte o da camere inutilizzate all’interno della propria abitazione. Un terreno inesplorato dal diritto che ha permesso ai proprietari, per diversi anni, di arrotondare le entrate senza pagare tasse. L’idea però è stata ben gradita dai viaggiatori, soprattutto per i bassi costi di affitto, molto competitivi rispetto a quelli delle strutture ricettive tradizionali.

E, infatti, questo non è piaciuto per niente ad alberghi, hotel e residence. Ma, ancor meno, è piaciuta l’assenza di una rigorosa regolamentazione fiscale che ha permesso a molti proprietari di accumulare vere e proprie fortune senza pagare il dazio, e alla piattaforma stessa, che ogni anno chiude con un bilancio decisamente invidiabile.

Comprensibile e doverosa l’indignazione di Federalberghi, l’associazione di categoria che rappresenta gli interessi delle imprese alberghiere in Italia.

Evasione fiscale e concorrenza sleale

Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, nell’esprimere apprezzamento il pronunciamento della Corte, ricorda che “la federazione è intervenuta nel giudizio al fianco dell’Agenzia delle Entrate per promuovere la trasparenza del mercato, nell’interesse di tutti gli operatori, perché l’evasione fiscale e la concorrenza sleale danneggiano tanto le imprese turistiche tradizionali quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza”.

La sentenza odierna segna un punto importante – prosegue il presidente degli albergatori – ma resta del percorso da compiere. I prossimi passi toccano al Consiglio di Stato, che dovrà pronunciarsi recependo la sentenza europea, per consentire poi all’Agenzia delle Entrate di recuperare le imposte non pagate durante sei anni di sfacciata inadempienza, applicando le relative sanzioni.”

In parallelo – conclude Boccachiediamo al Governo e al Parlamento di mettere ordine nella giungla degli appartamenti ad uso turistico, che si nascondono dietro la foglia di fico della locazione, ma in realtà operano a tutti gli effetti come strutture ricettive e quindi devono essere soggetti alle medesime regole di base previste per alberghi, affittacamere e bed and breakfast“.

Le bugie della sharing economy

Ad agosto 2022, gli annunci relativi ad alloggi italiani pubblicati su Airbnb erano 440.305.

L’analisi dei dati, conferma, ancora una volta, le quattro grandi “bugie” della cosiddetta sharing economy:

– non è vero che si condivide l’esperienza con il titolare. Più di tre quarti degli annunci (l’81% si riferisce all’affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno.

– non è vero che si tratta di forme integrative del reddito. Sono attività economiche a tutti gli effetti. Quasi due terzi degli annunci (il 64,9%) sono pubblicati da persone che amministrano più alloggi, con casi limite di soggetti che ne gestiscono più di 6.000.

– non è vero che si tratta di attività occasionali. Più della metà degli annunci (il 57,8%) si riferisce ad alloggi disponibili per oltre sei mesi l’anno.

– non è vero che le locazioni brevi tendono a svilupparsi dove c’è carenza di offerta. Gli alloggi sono concentrati soprattutto nelle grandi città e nelle principali località turistiche dove è maggiore la presenza di esercizi ufficiali.

La grande invasione

Ciascun alloggio in vendita su Airbnb è stato indicato sulla mappa con un punto rosso. Il risultato è una grande macchia, che ha invaso le grandi località turistiche, i capoluoghi, le coste, etc.

Un danno non da poco agli alberghi, soprattutto negli ultimi due anni interessati dalla pandemia.

Airbne, una cartina dell'Italia con dei puntini rossi

La top 20 dei comuni

Il comune con più alloggi disponibili su Airbnb è Roma, con 23.899 annunci, seguito da Milano (18.416), Firenze (10.576), Venezia (7.677), Napoli (7.313) e Palermo (5.561).

Airbnb due tabelle

La distribuzione degli alloggi per regione

La regione con più alloggi disponibili su Airbnb è la Toscana, con 59.058 annunci, seguita da Sicilia (56.099), Lombardia (44.460) e Puglia (41.573).

(fonte: elaborazioni Incipit consulting e Centro Studi Federalberghi su dati Inside Airbnb)

affitti airbnb - le regioni con più alloggi a disposizione

I precedenti in tribunale

Le pretese di Airbnb sono state respinte una prima volta dal TAR del Lazio, con sentenza del 18 febbraio 2019.

Nell’ambito del medesimo procedimento, ulteriori istanze di Airbnb sono state respinte dal TAR del Lazio il 25 settembre 2017 e il 18 ottobre 2017, dal Consiglio di Stato l’8 giugno 2018, dal TAR del Lazio il 9 luglio 2018 e il 18 febbraio 2019, dalla Corte di Giustizia Europea il 30 giugno 2020.

Nel luglio 2018, il Tribunale Amministrativo ha anche condannato il portale al pagamento delle spese, in favore di Federalberghi e dell’Agenzia delle Entrate.

Le imposte evase e le sanzioni

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Airbnb in tribunale, le somme da versare annualmente in Italia, rapportate ai ricavi del 2016, sarebbero state pari a circa 130 milioni di euro.

Considerando che nel frattempo il numero di annunci pubblicato sul portale è cresciuto a dismisura, si può stimare che nei sei anni di (mancata) applicazione dell’imposta Airbnb abbia riscosso circa 7,5 miliardi di euro e abbia omesso di trattenere e versare al fisco italiano oltre 1,5 miliardi di euro.

Senza dimenticare che l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che gli intermediari sono sanzionabili per le omesse o incomplete ritenute da effettuare a partire dal 12 settembre 2017.

Le sanzioni applicabili possono arrivare al 140% delle ritenute non effettuate, di cui il 20% per non aver effettuato la ritenuta e il 120% per omessa presentazione della dichiarazione del sostituto di imposta.

Il bilancio di Airbnb Italy srl

L’ultimo bilancio pubblicato di Airbnb Italy srl evidenzia imposte pagate in Italia per l’anno 2021 per circa un milione di euro.

Nello stesso anno, le somme incassate dal gruppo Airbnb a titolo di commissioni sugli affitti incassati nel nostro Paese possono essere stimate in oltre 180 milioni di euro.

In altri termini, il gruppo paga allo Stato italiano un’aliquota pari allo 0,5% dei ricavi realizzati in Italia.

L’imposta di soggiorno

Controversa e opaca anche la gestione dell’imposta di soggiorno. Airbnb si arroga il diritto di curarne la raccolta solo per i comuni che accettano di stipulare un accordo, facendosi beffe della legge che obbliga i portali ad effettuare sempre la riscossione.

Di recente, l’assessorato al turismo di Roma Capitale ha contestato formalmente le modalità di erogazione del servizio, perché il portale si limita a versare delle somme indistinte, senza fornire la rendicontazione necessaria per accertare la congruità del versamento e per individuare i contribuenti e gli immobili quali il gettito si riferisce.

La riscossione dell’IVA

L’8 dicembre, la Commissione Europea ha proposto una serie di misure per modernizzare il sistema di riscossione dell’IVA e ridurre la possibilità di frodi.

Una delle misure proposte mira ad eliminare la disparità di trattamento tra hotel e locazioni brevi, rendendo le piattaforme responsabili della riscossione dell’IVA dovuta qualora il gestore dell’alloggio non lo faccia (ad esempio perché è una persona fisica o un soggetto passivo che usufruisce di regimi speciali per le piccole imprese).

Avv. Luciano Zagarrigo
Avv. Luciano Zagarrigo
Avvocato dal 1997, Cassazionista dal 2016 Dice di sè :“Il coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare; il coraggio è anche quello che ci vuole per sedersi ed ascoltare” diceva Sir Winston Churchill… Nella vita come nel lavoro resta sempre un buon consiglio, e nella mia professione spesso ti salva la vita. In questo incredibile mestiere, si incrociano molte storie, coppie che si separano, bambini confusi, aziende che falliscono e lavoratori in difficoltà, ma anche famiglie che nascono così come imprese che si creano. Qualunque sia la divergenza da risolvere, la lite da sedare, non si deve mai dimenticare che al centro di ognuna di queste storie, ci sono persone, donne, uomini, bambini, imprenditori, persone che a volte hanno solo sbagliato il tempo, il tempo giusto per parlare o quello per ascoltare…Oltre 20 anni di professione con l’entusiasmo di chi vuole sempre immaginare, costruire ed osservare, cosa accadrà nei prossimi 20...”