Il cardo mariano e l’antica leggenda che riguarda la fuga in Egitto
Il cardo mariano, insieme con il cardo asinino, era annoverato tra le piante dell’almanacco medioevale di ottobre. In realtà, erano chiamati semplicemente cardi. La successiva divisione nelle varie specie è assai più recente. Tuttavia, il cardo mariano era apprezzato per le sue radici, che nel Medioevo si usavano per preparare marmellate dal sapore per noi moderni un po’ insolito. Altrimenti, erano un ingrediente ricercato per le salse. Le foglie giovani e tenere venivano condite in insalata, come i capolini simili a quelli di carciofo, mentre le più coriacee erano cotte come il cavolo. Anche in questo caso, gli acheni erano mescolati al mangime dei polli, perché loro graditi e perché assai nutrienti, essendo ricchi di sostanze oleose. Il suo decotto forniva un colorante naturale per tingere le stoffe di un bel giallo dorato.


L’erba di Maria
Il nome cardo mariano, o “erba di Maria”, si diffuse in relazione alla Madonna. A quell’epoca, la leggenda riguardava la fuga in Egitto della Sacra Famiglia, per salvare Gesù dalla cosiddetta Strage degli Innocenti, decretata dal re Erode. Secondo tale tradizione, la Vergine Maria stava allattando Gesù, in una radura poco discosto dalla strada. Giuseppe, che era di vedetta, la avvertì che arrivavano i soldati di Erode. Allora la Madonna staccò subito il Bambino dal seno e lo nascose proprio sotto un’opulenta pianta di cardo. E, nella fretta, alcune gocce del suo latte caddero sulle foglie, chiazzandole per sempre di bianco.


La diversa versione irlandese
In Irlanda, il cardo mariano è tradotto come Our Lady’s milk thistle ma la leggenda cambia di ambientazione. Narra piuttosto il lungo viaggio di Maria, che già portava in grembo Gesù, per raggiungere la cugina Elisabetta, prossima al parto, e per aiutarla. La Madonna era assetata e, a un tratto, le si avvicinò una mucca dalle mammelle turgide. Per raccogliere un po’ di latte da bere, la Vergine Maria avvolse su sé stessa una foglia di cardo trasformandola in una piccola tazza. Pure secondo questa versione la foglia rimase macchiata di bianco.


“Look out, Jacobites!”
Nelle Isole Britanniche, il legame tra il cardo mariano e la Madonna trasformò questa specie in una pianta tipicamente cattolica. Durante la guerra tra il cattolico Giacomo Stuart e il “protestantissimo” Guglielmo d’Orange, che si contendevano il trono britannico, divenne l’emblema delle truppe giacobite. Erano i soldati che tra il 1688 e il 1691 sostennero Giacomo Stuart, che tuttavia venne sconfitto. Per questo motivo, secondo altri autori, il cardo in questione era in realtà quello di Scozia, trattandosi di un re scozzese.
In ogni caso, tornò come simbolo nelle successive ribellioni giacobite, come quella del 1745-1746. Tanto che, in alcune contee britanniche, (Suffolk), persiste una tradizione curiosa. Durante la mietitura, c’era un grido per indicare la presenza di cardi nei covoni di grano. Chi da terra li lanciava a chi li accatastava sul carro, lo avvertiva con la frase: «Look out, Jacobites!».


Una piccola descrizione del cardo mariano
Il cardo mariano appartiene alla famiglia botanica delle Composite ed è stato catalogato come Silybum Marianum GAERTN. È tipico del bacino mediterraneo, ma è diffuso pure nel resto d’Europa e in Asia Occidentale. È una pianta biennale, priva di pelosità, che raggiunge il metro e mezzo d’altezza. Le foglie sono lucide, larghe, variamente dentate, con lobi triangolari che recano una grossa spina. Come già anticipato, la loro superficie è venata o chiazzata di bianco.
L’infiorescenza è costituita da un grande capolino spinoso (dal diametro di 8 centimetri), con brattee esterne curvate all’indietro. Il periodo della fioritura è compreso tra giugno e agosto e i flosculi tubolari hanno una tinta rosso-violetta. I semi sono acheni muniti di pennacchio. Come sempre suggeriamo, per riconoscerlo in natura occorrono le chiavi botaniche e bisogna evitare di basarsi su semplici fotografie.


Principi attivi e impiego fitoterapico.
Il cardo mariano è sicuramente il più interessante tra gli altri cardi, dal punto di vista fitoterapico. Sebbene si utilizzino anche le foglie, la droga è costituita dai preziosi semi. Essi contengono la silimarina che, senza controindicazioni, è un potente disintossicante del fegato. Ci sono poi tiramina, olio essenziale, sostanze amare e flavonoidi. Ha, dunque, azione colagoga e ipertensiva, perché è un vasocostrittore periferico e stimolante di cuore, reni e ghiandole surrenali. È indicato per chi soffre d’insufficienza epatica, cirrosi, epatite, pressione bassa e disturbi cardiovascolari.
I semi si assumono in polvere o in tintura madre, secondo prescrizione medica. Le foglie, invece, oltre a disintossicare il fegato, sono lassative, diuretiche, stimolanti gastriche, con proprietà lenitive in caso di emorroidi e varici. Ne esiste in commercio la tintura madre. Ma il modo migliore per goderne i benefici è quello di mangiarle in insalata, quando sono tenere, come già facevano nel saggio Medioevo.


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