Il melo e la ricetta dell’amplummus, nell’almanacco medioevale di settembre

Il melo e le abitudini della tavola medioevale

Il melo era la pianta da frutto più coltivata, nel Medioevo. Ne esistevano già decine e decine di varietà, perché si cominciò a innestarlo tre secoli prima della nascita di Gesù Cristo. E, a differenza delle nostre abitudini, le mele insieme con gli altri frutti (tutti tranne le pere, servite sempre con i dolci) si mangiavano crude come antipasto. In altre parole, erano servite ai commensali prima di ogni altra pietanza: aprivano il pranzo prima che venissero proposte ricette più elaborate. Soltanto come mele cotte, in pasticci, composte o torte, tornavano, invece, a chiuderlo.

una mela rossa tagliata a fette rotonde e scomposte

Una delle ricette più diffuse nel tardo Medioevo era l’amplummus, che risale alla fine del XIV secolo. Le mele – prendendo il peso di un attuale chilogrammo – sbucciate e private del torsolo, si facevano cuocere sino a diventare una purea. Si aggiungeva poi una tazzina di crema fresca e un pezzetto di burro. Intanto si sbattevano insieme 3 tuorli d’uovo e si mescolavano con le spezie: di solito una presa di zafferano e una di cannella. Si versava anche questo composto con le mele, si faceva sobbollire, rimestando, per pochi minuti e, con una generosa spolverata di zucchero, si serviva tiepido. Sempre nel tardo Medioevo e sempre relativo alla mela, nasce il termine “pomata”. Deriva dalla pratica di far cuocere la polpa di mela appiola, detta anche “pomo”, nel grasso, ottenendo unguenti per lenire screpolature e infezioni della pelle.

un melo pieno di frutti

La mela quale simbolo di storie antiche

Ci avete mai pensato? La tradizione ci ha portato a identificare il frutto dell’albero del bene e del male,  nel Paradiso terrestre,  proprio con una mela. Una leggenda narra che dopo averla addentata su indicazione di Eva, ad Adamo ne rimase un morso in gola. Per questo pare che gli uomini abbiano il cosiddetto pomo d’Adamo più evidente rispetto alle donne. E che dire del pomo della Discordia offerto da Paride alla dea Afrodite, la più bella fra tutte le dee? Non è sempre stato rappresentato come una mela?

tre succose mele rosse attaccate a una pianta di melo

I sacerdoti egizi di Tebe offrivano ogni giorno mele ai loro dei. Per averne a sufficienza, il faraone Ramsete II fece piantare molti meli, nei suoi giardini sul delta del Nilo. E si tramanda che gli israeliti, fuggiti dalla schiavitù in Egitto, quando tornarono in Palestina piantarono anch’essi meli, alberi spesso citati persino nella Sacra Scrittura. Presso i popoli antichi del bacino del Mediterraneo, il melo era simbolo di rinascita e di prosperità.

fiori bianchi di melo

Altre tradizioni, in giro per il mondo

In Svizzera, un tempo, usava piantare sia un melo sia un pero, nel giardino degli sposi novelli. L’albero che fosse fiorito prima avrebbe svelato il sesso del primogenito: i fiori di melo per il maschio e quelli di pero per la femmina. Se fossero fioriti insieme, magari sarebbero nati due gemelli… In Galles, si ponevano fiori di melo nella bara dei defunti, affinché risorgessero eternamente giovani.  In Normandia, nella zona di Mont Saint Michel, si adornavano gli altari della Madonna con fiori di Melo, affinché i famosi pommiers di questa regione francese fossero preservati dalle gelate.

una mele rossa su rami spogli e pieni di neve

Inoltre in Cornovaglia Hallowe’en era chiamato Allantide, e c’era la Allan apple. Si usavano, infatti, grosse mele al posto delle zucche, da incidere per essere trasformate in lanterne. E le ragazze in età da marito ne mettevano una sotto il guanciale, la vigilia di Ognissanti, per sognare nella notte il loro futuro sposo. Gli Stati Uniti hanno, infine, un eroe popolare in John Chapman (1774-1847), meglio conosciuto come Johnny Appleseed (Giovannino Seme di Mela). Durante la sua vita, portò semi di melo dal colonizzato Est verso il cosiddetto Far West, ancora selvaggio. Fu per merito suo che sorsero interi meleti in Ohio, in Indiana e in Illinois.

una mela spaccata a metà con foglia

Le magiche mele irlandesi

Per gli antichi Celti era una pianta magica, capace di decidere della vita e della morte. Questo capitava soprattutto quando fiori e frutti maturi persistevano insieme. In Irlanda si tramandano ancora questi versi:

A bloom on the tree when the apples are ripe,
Is a sure termination of somebody’s life.

In alcune contee si sostiene che il legno della croce di Gesù fosse stato ricavato da un melo. Ma se avete letto con attenzione tutti i nostri articoli, avrete sicuramente dedotto che tale attribuzione riguarda pure molte altre piante. La pioggia che dovesse cadere il 25 luglio, nel giorno di san Giacomo apostolo, nell’Isola di Smeraldo è considerata benefica e benaugurante per i meleti. E dato che in Irlanda piove molto spesso, non è raro che questa fortunata evenienza accada…

un albero di melo al tramonto in un campo da colori autunnali

Ma nella solennità del Natale, doveva al contrario splendere il sole. Perché i raggi di sole che accarezzano i rami spogli dei meli erano promessa di un ottimo raccolto. Le giovani nubili con le mele compivano un piccolo rito di divinazione. Ne sbucciavano una, facendo in modo di ottenere un unico festone. Tenevano la buccia nella mano destra e recitavano un’altra curiosa strofetta:

St. Simon and St. Jude, on you I intrude,
By this paring I hold to discover,
Without any delay, to tell me this day,
The first letter of my true lover.

Detto questo, giravano tre volte su sé stesse e si tiravano la buccia oltre la spalla sinistra. Leggevano poi sul pavimento l’iniziale del nome del loro futuro innamorato, a seconda di come si disponeva la buccia di mela. Tuttavia, se per malaugurato caso la buccia, mentre cadeva, si fosse spezzata, erano convinte di rimanere zitelle. La mela era poi legata al matrimonio e non mancava mai nei banchetti nuziali, che si concludevano con l’immancabile torta di questo frutto. Il nome della torta di mele in irlandese suscita per noi italiani qualche ilarità. Il melo, in gaelico d’Irlanda, si dice infatti crann úll, espressione in cui crann è albero e úll è mela. La torta di mele diventa cáca úll che, sebbene ci faccia sorridere, rispecchia la somiglianza con il termine inglese cake.

torta di mele con accanto un cesto di mele rosse

Caratteristiche botaniche del melo

Il melo appartiene alla famiglia delle Rosacee, come ci risulta evidente dal fiore a cinque petali. La specie catalogata Malus domestica Borkh. è di origine asiatica ma si è spontaneamente incrociata sin dai tempi più antichi con l’europea Malus sylvestris Miller. Se crescono in natura, sono solo i frutti a distinguerle. Il melo selvatico li ha aspri, molto tannici, piccoli e immangiabili; il melo domestico, da cui derivano tutte le varietà di melo coltivato, li ha più grandi e gradevoli.

Non supera l’altezza di una decina di metri, con struttura cespugliosa. La corteccia bruna tende a sfaldarsi in placche. Le foglie sono alterne e appuntite all’apice, lisce nella pagina superiore e tomentose in quella inferiore. I fiori sbocciano a maggio, riuniti in radi corimbi composti, con corolle che variano dal bianco al rosato. Il frutto è il pomo autunnale che, a maturazione, assume sfumature rosse.

primo piano di un fiore bianco e rosso

Principi attivi della mela

È la mela la droga medicinale del melo. Per quanto la frase possa suonare un po’ insolita, è proprio così: questo frutto non solo è buono ma pure decisamente curativo. Adempie senz’altro il proverbio “Una mela al giorno toglie il medico di torno”. Tra i principi attivi troviamo, infatti, vitamine A, B1, B2, C e PP e diversi sali minerali (derivati dagli elementi bromo, calcio, fosforo, potassio e sodio). Ci sono inoltre acqua, pectine, acidi organici, zuccheri, tannini, flavoni ed enzimi.

rami fioriti di melo su cielo azzurro estivo

La mela cruda è dunque un ottimo tonico muscolare e nervino, diuretica, ipocolesterolemica, digestiva e protettrice gastrica. È un antisettico intestinale con azione battericida, regolatrice intestinale, sia in caso di diarrea sia in caso di stitichezza, stimolante e decongestionate epatica e depurativa del sangue. Assai consigliata dai medici a chi soffre di astenia fisica e mentale, artrite, obesità, gotta, epatismo, gastriti e ulcere gastriche, insonnia e infiammazioni bronchiali.

È permessa ai diabetici e giova alle donne in gravidanza, a chi conduce una vita sedentaria e per prevenite arteriosclerosi e infarto. In uso esterno, il succo di mela rassoda i tessuti (viso, seno e addome) e lenisce le piaghe. Ed è un rimedio alla portata di tutti, che non richiede alcuna preparazione e si può acquistare al banco dell’ortofrutta!

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
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