Il fiordaliso, nell’Antico Egitto
Il fiordaliso, con il suo raro colore di cielo, che ha una sfumatura di azzurro insolita in natura, ha accompagnato l’intera storia dell’umanità. Originario dell’Asia Occidentale, si diffuse nel bacino del Mediterraneo seguendo le cariossidi del grano che venivano importate dall’Oriente. Essendo una pianta infestante che prolifera nelle colture di cereali, era facile, infatti, che mescolasse i propri semi a quelli da piantare. In Egitto, ad esempio, divenne pianta spontanea sin dai tempi più antichi. Ce lo dimostrano le ghirlande funerarie composte con i suoi fiori e ritrovate nelle tombe.
Non solo: ci sono fiordalisi riprodotti sul sarcofago del faraone Tutankhamon, che risale a circa 1300 anni prima di Cristo. E nella sua piramide, a Luxor, ne furono rinvenuti alcuni che conservavano lo stesso azzurro di quando vi erano stati deposti, migliaia d’anni fa.


Nell’almanacco medioevale
Come vi abbiamo anticipato, il fiordaliso è una delle piante di luglio inserite nell’almanacco medioevale. Nonostante la sua splendida sfumatura blu, non era molto amato dai contadini, perché cresceva nei campi insieme con il grano buono. E doveva poi essere separato dopo la mietitura. Oggi è assai raro trovare fiordalisi in mezzo ai cereali e non solo per l’uso massiccio di diserbanti. Nel Medioevo e nei secoli passati, era anche una questione di concimazione.
I capolini già ricchi di semenza spesso rimanevano in mezzo alla paglia che era utilizzata per lo stallatico. Questa stessa paglia finiva nel letame che veniva poi sparso sui terreni da seminare, per renderli più fertili. E così il fiordaliso tornava ad attecchire in mezzo al grano buono. Solo nella nostra Italia cominciò a essere guardato in modo benevolo e a prendere il soprannome di “fiore degli incantesimi”. Ciò era dovuto sia al suo colore, che fa pensare alla veste impalpabile delle fate, sia alla sua virtù di lenire e di


Il tricolore francese
Dopo la Rivoluzione Francese, fu scelto insieme con il rosolaccio e con la margherita come emblema della Francia repubblicana. Tali fiori, infatti, riproducono il blu, il bianco e il rosso della bandiera tricolore. È anche un simbolo di rimembranza, in ricordo dei soldati francesi che, appena diciottenni, furono chiamati a combattere la Prima Guerra Mondiale nel 1917. Questi ragazzi furono detti “fiordalisi” perché erano giovanissimi e perché furono massacrati a migliaia, simili a fiori falciati in un campo di grano.
Quale rimedio oftalmico, in Francia, dove era noto come bleuet, prese nei secoli successivi pure il nome di casse-lunettes. Curando gli occhi, infatti, rendeva inutili gli occhiali. Fu molto in voga nel XVII e XVIII secolo, quando divenne uno dei fiori più ricorrenti nella decorazione delle porcellane di Limoges.


L’emblema della Casa Reale degli Hohenzollern
Il fiordaliso non fu caro solo ai francesi ma anche agli storici nemici prussiani. Fu Guglielmo I in persona, prima re di Prussia e poi, dal 1871, imperatore di Germania, a sceglierlo come emblema della casata degli Hohenzollern. La sua predilezione per tale fiore risaliva a una memoria d’infanzia. Durante la guerra contro Napoleone, lui, la madre, Luisa di Meclemburgo-Strelitz, e i fratellini furono inseguiti dai soldati francesi per essere catturati quali ostaggi. Riuscirono a salvarsi, nascondendosi per ore in un campo di grano maturo.
Qui, per ingannare il tempo e per vincere la paura, i bambini si divertirono a comporre mazzolini di fiordalisi. In ricordo di quest’episodio, in cui dei semplici fanciulli e la loro madre avevano gabbato i francesi, Guglielmo I volle il fiordaliso come proprio simbolo.


Nel linguaggio dei fiori
Per il suo colore di cielo e per la difficoltà di conservarlo, quando viene colto, nel linguaggio dei fiori rappresenta la delicatezza e la timidezza. Donare fiordalisi, indica pertanto un amore timido, che teme di svelarsi e di essere calpestato. Scrisse Ivan Turgenev: “Inizio a cogliere fiordalisi, ma si dissolvono tra le mie dita e non riesco a trattenerne neanche uno solo per intrecciare una ghirlanda”.


La leggenda irlandese del cielo nel grano
In lingua irlandese il fiordaliso diventa An Gormán, diminutivo del sostantivo gorm, che indica il colore blu. E c’è una poetica leggenda che lo descrive come un frammento di cielo seminato per nostalgia nei campi. Ogni volta che in Irlanda si trova un fiordaliso, si recita una preghiera perché significa che il Cielo è venuto a incontrarti sulla terra.
La medicina popolare, nei secoli passati, lo utilizzò per fermare il flusso del sangue dal naso. Ma perché la cura riuscisse, era indispensabile che i fiori fossero colti nella domenica del Corpus Domini, data che varia ogni anno secondo la Pasqua.


Caratteristiche botaniche del fiordaliso
Appartiene alla famiglia botanica delle Composite ed è stato catalogato come Centaurea cyanus L. Nel nome latino, c’è il legame con il mito greco, perché si tramanda che il centauro Chirone (che sarà anche maestro di Achille) fu ferito da Eracle. Ciò avvenne nella battaglia contro i centauri, durante la quale Eracle colpì con una freccia avvelenata il ginocchio di Chirone. Il centauro non morì, in quanto semidio, ma dovette curarsi per tutta la vita la ferita, che gli procurava forti dolori. La leniva con un’erba che corrisponde proprio al nostro fiordaliso.


È una pianta annua che predilige come habitat i campi di grano, i terreni sassosi, i prati incolti e il bordo dei sentieri. Ha un’esile radice fusiforme e il fusto è eretto, bianco tomentoso, striato, alto sino a 80 centimetri circa. Le foglie lanceolate sono molto sottili e acuminate all’apice: quelle medie si presentano dentate e pennate. I capolini, che sbocciano tra giugno e settembre, sono singoli in cima allo stelo. Sono composti da flosculi blu marginali, sterili, più grandi dei flosculi centrali, germinativi, che invece sono di colore rosso violaceo. I semi sono acheni argentei, con una corona di peli rossastri.


Impieghi fitoterapici
Il decotto di fiordaliso è noto soprattutto per il suo uso in applicazione esterna e per la cura degli occhi. Impacchi e lavaggi giovano a chi soffre di congiuntiviti, orzaioli e blefariti, ossia infiammazioni delle palpebre. Si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga, che qui è rappresentata dai fiori, in mezzo litro d’acqua. Si fa bollire per 5 minuti, si lascia in infusione per un quarto d’ora, si filtra e si applica sull’occhio tramite garze imbevute. Per maggior praticità, in farmacia sono disponibili colliri a base di fiordaliso, la cui efficacia è garantita dagli stessi principi attivi della pianta.


Tra i costituenti, troviamo infatti antocianina (un colorante amaro), cianocentaurina, pelargonina, mucillagini, tannini, sali di magnesio e di potassio, acido fosforico, poliacetileni, pectine e flavonoidi. Tuttavia, questi componenti, che sono molto interessanti, giustificano l’uso della pianta anche per via interna. L’infuso si prepara come il decotto ma non si fa bollire (si spegne non appena raggiunge il bollore). E, una volta dolcificato, si può bere lungo la giornata come un tè dal sapore un po’ amaro. Ha azione diuretica, depurativa, astringente, antireumatica, calmante, emolliente e persino febbrifuga. È un’erba che ci fa bene ed è un’erba del buonumore, quando ci capita d’incrociare lo sguardo dei suoi capolini che occhieggiano lungo la nostra passeggiata. Un’erba che ristora l’anima, come si desume dai versi di Corrado Govoni:
Il fior di cielo e d’aria Che è un alito di cielo e di sorriso Che gli uomini chiamano fiordaliso.
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