Il senecione e i misteri torvi di un’erba troppo ordinaria

Il senecione, così comune che passa inosservato

Ci accompagna in ogni passeggiata in campagna. È il senecione, conosciuto anche come erba cardellina, calderina o calderugia. È talmente diffuso nei terreni incolti, lungo i sentieri e nei campi, quale specie infestante, che non si nota. D’altronde, la natura non lo ha dotato di un aspetto particolarmente attraente. Appartiene alla famiglia botanica delle Composite, ma è assai meno vistoso della calendula o dell’elenio. È la classica erbaccia che ci si affretta a estirpare se, per malaugurato caso, attecchisce nel proprio giardino.

un campo con piante in primo piano sotto un cielo azzurro

Non supera i 40 centimetri d’altezza e, per la fitta ramificazione, ha una forma a ragnatela, cui contribuiscono anche le foglie carnose, divise in lobi dentati. Fiorisce tutto l’anno, da gennaio a dicembre, con piccoli capolini cilindrici gialli, formati da flosculi. Ciascun flosculo è caratterizzato da cinque petali fusi tra loro, che costituiscono la corolla tubolosa, ed è avvolto da un involucro di 21 brattee setolose. Rispetto ad altre Composite, mancano i flosculi ligulati che noi scambiamo con i petali, in stile margherita. Il frutto è un achenio piccino, bruno e allungato, sormontato da una corona di setole rigide, leggere e bianchissime.

A maturazione, trasformano i modesti capolini in un’esplosione di pappi candidi, che si diffondono ovunque al più piccolo soffio d’aria, facendo proliferare la specie. Per il loro colore, che ricorda le chiome e la barba di un uomo anziano, la pianta è stata classificata come Senecio vulgaris L. Il nome deriva dall’aggettivo latino senex, che significa appunto vecchio, cui è stato apposto l’attributo vulgaris, che meritano le specie comuni e di scarso valore.

tanti senecioni in un campo

I bisogni fisiologici delle streghe irlandesi

Il senecione infesta allegramente l’intera Europa e anche l’Asia. In Irlanda, dove assume la denominazione gaelica di An Grúnlus (si può tradurre come “pianta rifiuto”), gode di poco nobile fama. Si tramanda che dove cresce un ciuffo di senecione, là si è fermata una strega per orinare. Meglio non metterci i piedi in mezzo, dunque. Non solo: se quest’erba spunta al colmo di un tetto di paglia, anche lì una strega ha lasciato un ricordino. Se poi una donna coglieva un mazzolino di fiori di senecione e se lo appuntava al petto, voleva senz’altro dire che, in realtà, era una strega. Si dice infine che le streghe abbiano scelto tale pianta, che fiorisce tutto l’anno, perché, quando muoiono, vogliono averne cespugli sempre pieni di boccioli sulla tomba.

pagina di erbario con senecione

Una pianta ghiotta per i conigli e tossica per l’uomo

Riguardo al senecione, non ci sono stati poeti antichi che vi hanno dedicato versi né illustri medici greci o latini che lo hanno studiato. Nei secoli, ci si è limitati a darne i semi agli uccelli e i fusti come foraggio per i conigli, che ne sono ghiotti. Anche i contadini, nelle campagne, ne hanno spesso mangiato le tenere piante primaverili in insalata, con risultati tutt’altro che salutari. Per noi è infatti una pianta tossica, a differenza di molte altre Composite che consumiamo come alimento o in tisana. La droga è rappresentata dalle sommità fiorite, che contengono principi attivi ambivalenti: rutina, vitamina C, la resina senecina, e il velenoso alcaloide senecionina. La senecionina, più concentrata nelle radici che nelle parti aeree, provoca crampi, vomito, lesioni a stomaco, fegato e intestino e, in grandi quantità, la morte.

D’altra parte, la senecina ha al contrario proprietà interessanti, assimilabili a quelle della digitale. Allora, si può usare oppure no come farmaco naturale? Possiamo concludere che il senecione va assunto solo e unicamente su prescrizione e sotto stretto controllo medico. In questo caso, secondo Henri Leclerc, è regolatore del ciclo mestruale, sedativo delle mestruazioni dolorose, antianemico, espettorante, astringente e antinfiammatorio. Molte altre erbe più tranquille, tuttavia, hanno gli stessi effetti e sono preferibili al senecione che – non va mai dimenticato – in Irlanda è il fiore delle streghe.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.