Incendio Vesuvio: pericolo per i centri abitati. Uncem: serve prevenire

Il Vesuvio non sta eruttando, ma brucia. Le immagini che arrivano dalla Campania in questi giorni mostrano lingue di fuoco che risalgono i fianchi del vulcano, divorando pinete, macchia mediterranea e habitat unici. È uno spettacolo crudele, visibile anche dallo spazio, che trasforma il profilo maestoso della montagna in un mosaico di fumo e bagliori arancioni. L’odore acre si avverte a chilometri di distanza, portato da un vento caldo che rende ancora più difficile il lavoro di chi combatte il rogo.

Da giorni il Parco Nazionale del Vesuvio è alle prese con tre fronti attivi: uno corre lungo la Valle del Gigante verso il Monte Somma, un altro si arrampica sul versante meridionale del cratere, il terzo è risorto nella zona Vicinale dopo che il vento notturno ha riacceso focolai spenti solo poche ore prima. Le fiamme si muovono velocemente, alimentate dalla siccità e da un tappeto di aghi di pino secchi. Il fronte complessivo supera i tre chilometri, con oltre 560 ettari già distrutti. Dove prima si stendevano boschi, ora restano tronchi anneriti e cenere.

Secondo gli esperti, è certa la pista dell’atto doloso. “I piromani che hanno incendiato il Vesuvio avrebbero trovato strada molto più difficile con una gestione e pianificazione del bosco, pensata e fatta negli ultimi dieci anni. Occorre fermarli anche così, quei delinquenti. Pianificando e gestendo. 700mila ettari di foreste in Campania hanno bisogno di cambiare verso. Essere pianificati. Tutti. È il principale antidoto contro gli incendi boschivi” afferma Marco Bussone, presidente nazionale di Uncem, sottolineando come la prevenzione passi anche da politiche forestali più strutturate e tempestive.

Gli angeli del fuoco

Sul vulcano operano senza sosta Vigili del Fuoco, Protezione Civile, volontari, militari e squadre arrivate da altre regioni. Canadair ed elicotteri effettuano lanci d’acqua sui versanti più critici, mentre a terra vengono create linee tagliafuoco per proteggere abitazioni, aziende agricole e una fabbrica di fuochi d’artificio a rischio. “In questi giorni così difficili per le foreste campane, non solo al Vesuvio, dove piromani, delinquenti e malviventi in azione hanno voluto colpire, vogliamo mettere in luce il ruolo decisivo degli Operai idraulico-forestali che stanno lavorando sul fronte degli incendi con Vigili del Fuoco e con Forze dell’Ordine. Sono dipendenti delle Comunità montane campane, importantissimi – aggiunge Bussone – che devono essere pienamente attori della Strategia forestale nazionale che vede nella pianificazione e nella gestione forestale lo snodo”.

L’incendio ha causato anche feriti, tra cui un operaio forestale della Comunità montana dei Monti Lattari ricoverato in gravi condizioni. Bussone e il presidente della Campania Vincenzo Luciano esprimono vicinanza: “Siamo vicini a lui e a tutti i colleghi”, ricordando che “da quando non c’è più il Corpo Forestale, investire sugli Operai forestali significa formare capitale umano per valorizzare il capitale naturale. È indispensabile”.

The day after

Se le operazioni di spegnimento dell’incendio sul Vesuvio sono fondamentali, la sfida più grande inizia quando il fuoco si spegne. La Regione dovrà tracciare con precisione le aree percorse dal fuoco per bloccare eventuali speculazioni e pianificare il recupero ambientale. “Grazie agli Operai forestali delle Comunità Montane, ai volontari, ai Carabinieri forestali e a tutti gli operatori civili e militari, compresi i piloti dei Canadair. La loro azione è stata instancabile, ma dobbiamo assolutamente intensificare l’azione di prevenzione, di pianificazione del bosco e di gestione. Compresa la creazione di filiere forestali. Abbiamo bisogno di un’azione continua, attraverso le Comunità montane, per salvaguardare il patrimonio ambientale unico e straordinario dell’Appennino vivo, ribadiscono Bussone e Luciano.

Le fiamme non si limitano a divorare boschi e riserve naturali, ma avanzano minacciose verso le aree abitate. La priorità delle autorità, in questa emergenza, è mettere in sicurezza i paesi e i quartieri che si trovano ai piedi del Vesuvio. La paura di evacuazioni, di danni alle case, e soprattutto della salute delle persone cresce di ora in ora. Le operazioni di spegnimento si concentrano anche su questo fronte delicato, dove ogni errore può costare caro. Per chi vive in quei territori, la battaglia contro il fuoco è diventata una lotta per la propria casa e la propria sicurezza.

Dietro le fiamme: un meccanismo di interessi e illegalità?

Il Vesuvio è molto più di un vulcano: è patrimonio naturale e culturale, simbolo identitario e risorsa turistica. Ogni ettaro bruciato è una ferita che richiederà anni per rimarginarsi. Ma, come ricordano i rappresentanti di Uncem, il capitale naturale può essere tutelato solo investendo nel capitale umano che ogni giorno lavora per mantenerlo vivo: “chi brucia, uccide. Dignità, intelligenza, speranza. Noi invece, credendo nelle Istituzioni, nei Comuni insieme, superando frammentazioni e lamentazioni, li generiamo ogni giorno nel lavoro sui versanti. Con fiducia, speranza, intelligenza, Lavoro“.

Gli incendi dolosi non sono mai un gesto casuale o dettato solo da follia. Dietro c’è spesso un sistema di interessi criminali, economici e speculativi. Distruggere un bosco può servire a liberare terreni per usi illegali, come l’edilizia abusiva o l’agricoltura intensiva non autorizzata. A volte l’incendio diventa uno strumento di pressione per ostacolare piani di valorizzazione forestale o progetti di tutela ambientale che potrebbero limitare guadagni illeciti. In altri casi, le fiamme cancellano tracce di attività illecite già presenti sul territorio.

Questo tipo di violenza ambientale riflette una strategia deliberata di controllo e dominio, che coinvolge reti criminali capaci di sfruttare la debolezza delle istituzioni e la fragilità della gestione del territorio. Per questo spegnere il fuoco non basta: serve una risposta investigativa robusta, coordinata tra forze dell’ordine, enti locali e comunità, per individuare e stroncare queste dinamiche.

Foto copertina di Matthias Fischer da Pixabay

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Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”
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