La lavanda, che deve il nome alle lavandaie della Roma antica
La lavanda rappresenta un’altra importante pianta nella famiglia delle Labiate, che vi stiamo illustrando. È stata classificata come Lavandula officinalis CHAIX. e tale nome, quasi fosse una carta d’identità, ci svela molte cose su questa specie. Sebbene sia un arbusto mediterraneo per eccellenza, anche grazie alla coltivazione è oggi diffuso in buona parte d’Europa. Era già noto e apprezzato nel mondo antico, per il profumo intenso dei suoi fiori.
A Roma, si mettevano nell’acqua del bagno, per renderla più aromatica e piacevole. Persino i tessuti erano lavati con acqua in cui erano state immerse le sue spighe. Il sostantivo latino lavandula deriva proprio dal verbo lavare, perché questa pianta, così profumata, era impiegata dalle lavandaie per fare il bucato. L’aggettivo officinalis riguarda invece la nobiltà della specie stessa, perché attribuito solo a erbe che vantano una lunga tradizione medicinale.


Una piccola storia attraverso i secoli
Già nel Medioevo, alla lavanda venivano attribuite proprietà disinfettanti e non mancava nelle case, quando si diffondevano le epidemie. Pur non conoscendo la natura degli agenti patogeni, si era intuito che in qualche modo prevenisse il contagio. Nel 1387, il re di Francia Carlo VI volle che tutti i cuscini dei suoi palazzi fossero imbottiti di lavanda, per tenere lontani gli insetti sgraditi. Invece Rinascimento era assai ricercato il suo olio essenziale da farmacisti e da maestri profumieri.
Nel 1568, ad esempio, il medico Giovanni Marinello trascrisse nella sua opera Gli ornamenti delle donne la ricetta di una lozione deodorante a base di lavanda. Si cominciò a metterne le spighe in armadi, cassoni e cassetti, per preservare la biancheria dalle tarme, infastidite dalla fragranza troppo intensa. Si diffuse pure la pratica di strofinare con l’essenza le gambe del letto, per dissuadere cimici e altri parassiti dall’arrampicarsi.


Rubens e altri pittori fiamminghi suoi contemporanei ne impiegavano l’olio essenziale come diluente per i colori, ottenendo su tela effetti di luce unici. Nel XVIII secolo, la lavanda fu inserita tra le cosiddette “piante cefaliche”, insieme con il rosmarino, di cui vi parleremo la prossima settimana. Si trattava di specie che curavano le malattie d’origine nervosa, dall’emicrania, alle digestioni difficili, all’insonnia.
Fu Henri Leclerc, un secolo fa, a individuarne le proprietà diuretiche e sudorifere, efficaci in caso di malattie infettive e febbri eruttive. Nel 1964, un altro grande medico dedito alla fitoterapia, ossia Jean Valnet, ne sostenne le virtù antivelenose. Narrò infatti dei cacciatori delle Alpi che, quando i loro cani vengono morsi da una vipera, stropicciano spighe di lavanda sul morso, salvandoli.


Nelle Isole Britanniche
Tra i luoghi simbolo per la produzione di lavanda c’è senz’altro la Provenza francese, soprattutto intorno a Grasse, la città dei profumi. Tuttavia, la lavanda è stata introdotta anche nelle Isole Britanniche. Ci sono estesi campi di lavanda nel Surrey, la cui essenza è preziosa in profumeria, in quanto più delicata di quella francese.
In Irlanda, la lavanda viene piantata perché è gradita alle api, dai cui fiori ricavano un miele molto aromatico. C’è addirittura la credenza che il profumo di lavanda ammansisca le bestie selvatiche, rendendole docili e domestiche. Pur non essendo una specie autoctona, le è stato impartito il nome gaelico di Labhandar, chiaramente derivato dall’inglese lavender.


Nel linguaggio dei fiori
Sebbene non abbia un fiore particolarmente appariscente, grazie al profumo e alla punta d’indaco delle corolle, la lavanda è spesso inserita nei bouquet dei fioristi. Nel linguaggio dei fiori, tra l’altro, è portatrice di tanti significati positivi. Rappresenta, infatti, la prosperità e la capacità di non arrendersi mai. È inoltre simbolo di felicità, di serenità, di devozione e di purezza.


Un ritratto botanico essenziale
Si tratta di un basso arbusto, che si riconosce facilmente per il profumo che emana, anche se la sicurezza assoluta sull’identificazione è data solo dalle chiavi botaniche. Può raggiungere il metro d’altezza. Le foglie sono lineari e lanceolate, sottili, lunghe al massimo 4 centimetri, tomentose e glabrate. Gli scapi fioriferi appaiono per un certo tratto spogli, sotto l’infiorescenza. Essa è una sorta di spiga apparente, che in realtà è un glomerulo di piccoli fiori che sbocciano tra luglio e agosto. Il colore delle corolle varia dal blu, all’indaco al violetto.


Principi attivi e impiego fitoterapico
Nota principalmente come pianta ornamentale o per la sua essenza, in profumeria, la lavanda è un’ottima specie medicinale. La droga è rappresentata dai fiori, che vengono raccolti prima della completa apertura. Contiene un olio essenziale composto da acetato di linalile, linalolo borneolo, cincolo e geraniolo, più una piccola quantità di tannino. Nel XVI secolo, Andrea Mattioli sosteneva che fosse un rimedio adatto a quasi tutti i mali. Forse non è esattamente così ma, comunque, la lavanda è un’erba molto utile.
I suoi fiori sono antisettici, antispasmodici, sedativi, calmanti del sistema nervoso, balsamici, diuretici e tonico-cardiaci. Giovano per lenire il mal di testa, la tosse, i crampi intestinali e il singhiozzo, per stimolare il fegato e per conciliare il sonno. La tisana casalinga non va a sostituire, ovviamente, le cure mediche in corso, ma apporta gli stessi benefici ottenuti dal consumo di specifici tipi di frutta o verdura. L’infuso si prepara come il tè, versando in una tazza d’acqua bollente un cucchiaio raso di fiori di lavanda. Si lascia riposare sotto coperchio per una decina di minuti al massimo, si filtra e si dolcifica a piacere. Questa bevanda alimentare ha un sapore amaro ma aromatico, quindi è piacevole da sorseggiare.


La tisana dei 5 fiori
Non bisogna eccedere, comunque, nel consumo: non più di un paio di tazze al giorno affinché non risulti irritante. Meglio sarebbe mescolare la lavanda con altre droghe fitoterapiche. Ad esempio, Leclerc indicò la ricetta di una tisana dei 5 fiori, che riteneva salutare negli stati influenzali e quale diuretico. Ve la trascriviamo esattamente come riportata da lui e come testimonianza storica. Si mettono insieme 10 grammi di lavanda, 5 di calendula, 5 di borragine, 5 di ginestra e 5 di viola del pensiero. Da questo misto di droghe, si prende un cucchiaio da minestra per tazza d’acqua bollente e si lascia in infusione per dieci minuti. Se ne possono anche bere più tazze al giorno, perché la lavanda è ben bilanciata dalle virtù emollienti delle altre erbe.
In uso esterno, una lozione a base di essenza di lavanda è efficace nelle varie infiammazioni dell’epidermide. Frizionata sul cuoio cappelluto, lo deterge dall’eccesso di sebo, rendendo i capelli meno grassi. Infine, quando nelle scuole ci sono infestazioni di pidocchi, se applicata con regolarità, previene l’evenienza di sgraditi ospiti sulla testa dei nostri bambini.


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