Il basilico, ovvero il profumo del re nella famiglia delle Labiate

Il basilico, dal nome regale eppure simbolo di povertà

Il basilico è così comune che quasi non ci facciamo caso. Vanta tuttavia nobilissime origini. Furono i romani a procurarsi i semi di questa pianta originaria dell’Asia tropicale. E per la difficoltà di reperirla, la considerarono una specie che solo i re potevano permettersi. Non stupisce che sia stata successivamente catalogata con il nome latino di Ocimum basilicum L. In esso, sia il sostantivo sia l’aggettivo derivano dal greco e possiamo tradurli con l’espressione “profumo del re”.

Se Crisippo lo guardava con sospetto, accusandolo di provocare la pazzia, in età imperiale ebbe invece grandi estimatori in Plinio, Dioscoride, Varrone e Columella. Fu prescritto contro il mal di testa anche dai medici arabi del X secolo, ma la sua fortuna cominciò a declinare con il trascorrere delle epoche. Divenne un’erba comune, facile da coltivare e perciò diffusa in ogni orto. Tutte le contadine ne tenevano un vaso sul davanzale delle finestre per tenere lontani gli insetti e per usarne i rametti in cucina. Persino i poveri potevano permetterselo, quale spezia.

primo piano foglie verdissime dibasilico

Nel Linguaggio dei Fiori

Nelle fiabe della tradizione italiana, la fanciulla bellissima e povera che viene notata dal principe, si sporge sempre dalla finestra per innaffiare un vaso di basilico. Forse è per questo che, nel Linguaggio dei Fiori, il basilico rappresenta la povertà e il disprezzo. A essere sinceri, è la povertà onesta, causata dai rovesci della fortuna e non dalla pigrizia, ma sempre di povertà si tratta. Anzi, in alcune antiche rappresentazioni, la povertà è raffigurata come una donna anziana, vestita di stracci, che reca tra le braccia un vaso di basilico.

Secondo altre versioni, il basilico è il simbolo della dolcezza e dell’amore ricambiato, in virtù del suo gradevole profumo. È anche legato al culto dei morti, come se la loro anima continuasse a manifestarsi nell’odore che emana. Lo si evince, ad esempio, dalla celebre novella del Decameron di Boccaccio Lisabetta da Messina. La protagonista, infatti, seppellisce la testa dell’innamorato Lorenzo in un “testo” (vaso) di basilico, che innaffia con le sue lacrime affinché la pianta cresca rigogliosa.

coltivazione intensiva in serre

Altre tradizioni e magiche curiosità

In India, il basilico è considerata una specie consacrata agli dei della religione induista. Viene piantato vicino ai templi per tenere lontani gli spiriti impuri.

In Europa, da secoli, è ritenuto capace d’infondere la gioia di vivere a chi soffre di depressione. Si credeva, inoltre, che il succo infondesse una forza erculea a chi lo beveva. In Francia, a inizio estate, si spargevano rametti di basilico fiorito sul pavimento delle sale da pranzo, per infondere nei commensali cordialità e amicizia. Le sue foglie, poste sotto il cuscino di una persona che si sospetta essere mendace, pare secchino  velocemente, smascherando il bugiardo come tale. Se rimangono fresche e verdi, allora non è colpevole di menzogna. E c’è chi dice che pure le streghe ne bevessero un intruglio per riuscire ad alzarsi in volo, a cavallo delle loro scope.

piccoli fiori e rametti

La pianta del figlio del re, in Irlanda

Nell’Isola di Smeraldo, il basilico è pianta  apprezzata e coltivata (soprattutto in serra). Le hanno dato un nome gaelico assai poetico: An Lus mic rí vuol dire “la pianta del figlio del re”. Esso ci riporta al significato originario greco-latino. Pure qui, nelle fattorie, le massaie tengono volentieri un vasetto di basilico sul davanzale delle finestre, per tenere lontane le mosche. Non solo, c’è chi sostiene che sia un deterrente per i visitatori non graditi che, altrimenti, si tratterrebbero a ciarlare sotto la finestra per ore. Il profumo intenso del basilico avrebbe il merito di abbreviare le loro chiacchiere.

Nel XVI e XVII secolo, le ostetriche erano convinte che la radice di basilico alleviasse le doglie del parto. Un’altra credenza tanto singolare quanto meschina riguarda i mariti taccagni, che pretendevano di risparmiare sulle spese domestiche. Pare che, se avessero messo di nascosto foglie di basilico sotto il piatto delle loro mogli, queste non sarebbero riuscite a prendere cibo da esso. 

pomodorini e foglie di basilico su un tavolo

Un piccolo ritratto botanico di una specie notissima

Essendo specie coltivata da un paio di millenni, raramente si trova il basilico in natura, se non sfuggito a qualche orto. Si tratta di una Labiata eretta, ramificata e glabra, ossia non ricoperta da peluria, ma liscia in ogni sua parte. Raggiunge un’altezza compresa tra i 20 e i 50 centimetri e ha foglie lanceolate, dal corto picciolo e dal caratteristico verde brillante. Se stropicciate, esse emettono un odore intenso. La corolla è quella tipica delle Labiate, e quindi a due labbra, ma ha una forma inconfondibile a calice campaniforme. Il labbro superiore presenta 4 lobi corti e dritti, quello inferiore ha un unico lobo, su cui poggiano gli stami. Ogni singolo fiore, che sboccia tra giugno e settembre e che è bianco o rosato, è riunito in verticilli.

macro di fiore di basilico bianco su fondo nero

Non solo pianta aromatica alimentare

In fitoterapia, il basilico vanta una lunga tradizione quale droga medicinale, in questo caso rappresentata da foglie e sommità fiorite. Nei loro erbari, ne parlarono sia Castore Durante sia Andrea Mattioli. Il suo olio essenziale era già citato nel trattato di distillazione di Jerome Brunschwig (1506) e nel Dispensatorium Noricum (1589). All’inizio del XVIII secolo, Nicolas Lémery ne sostenne l’impiego come diuretico, emmenanogo, carminativo, depurativo, sedativo nervoso e per prevenire gli avvelenamenti.

Nel secolo scorso, Henri Leclerc lo studiò nei disturbi gastrici di origine nervosa. Ciò è giustificato dai principi attivi che contiene: nell’essenza troviamo metilcavicolo (estragolo), cineolo, linalolo, pinene, ocimene ed eugenolo. Ci sono inoltre tannini, saponine acide e canfora. La tisana casalinga di basilico si prepara esattamente come si farebbe un tè, da bere lungo la giornata: su due cucchiai rasi di erba essiccata, si versa mezzo litro d’acqua bollente. Si lascia in infusione per una decina di minuti, si filtra e si dolcifica a piacere.

piatto di cibo con basilico

Giova come rimedio di supporto in caso di stanchezza nervosa e mentale, insonnia, emicrania, disturbi gastrici, infezioni alle vie aeree o intestinali, tosse e pertosse, mestruazioni scarse e vertigini. Si possono utilizzare anche poche gocce di olio essenziale, su indicazione del farmacista di fiducia. Senza dimenticare che l’impiego del basilico in cucina ci fa molto bene, perché è un tonico nervoso e generale, antisettico e antispasmodico. Tra l’altro, è l’ingrediente fondamentale di diverse ricette gastronomiche prelibate. Possiamo citare la pizza margherita, il pesto alla genovese, per condire trenette o trofie, e la zuppa provenzale au pistou, in cui si sposa con aglio e verdure.

pizza margherita con foglie di basilico

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.