La melissa, dal nome di miele e dal profumo d’agrume

La melissa, che si nasconde e passa inosservata

La melissa è un’altra Labiata straordinaria. Non è così facile scovarla in natura – qui più che mai servono le chiavi botaniche! – perché tende a confondersi con la ballota o addirittura con l’ortica. Ha un profumo unico e caratteristico, che ricorda quello del cedro o del limone, ma le sue foglie lo diffondono maggiormente se vengono stropicciate. Altrimenti, spesso il suo aroma rimane nascosto, custodito quale gioiello. Il fatto che vanti una lunga tradizione medicinale, è evidente nel nome con cui è stata catalogata, ossia Melissa officinalis L.

Già altre volte vi abbiamo ripetuto che l’aggettivo officinalis, attribuito da Linneo per identificare la specie, riguarda solo le piante più nobili. Era peculiare soltanto delle erbe utilizzate in medicina sin dall’antichità. Il nome del genere Melissa, legato al miele, ci viene, invece, spiegato da Odone di Meung nel trattato in versi De viribus herbarum (XI secolo). Scrisse infatti: «Si dice che più di ogni altra pianta risulti gradita alle api».

pianta di melissa disegno da erbario

Nell’antichità e nel Medioevo

Erba consacrata ad Artemide presso i greci, nel IV secolo a.C., Teofrasto la definì melissofhillon, mentre nel I secolo Dioscoride ne esaltò le virtù sedative e vulnerarie. Nel IV secolo, il vescovo san Serapione di Thmuis affermò: «Elimina tutte le inquietudini e fantasie del cervello, soprattutto quelle che derivano da umori melanconici». Concetto ripreso dagli arabi: Avicenna parlò della melissa per «rallegrare il cuore e riscaldare e fortificare gli spiriti vitali». Il già citato Odone di Meung le attribuiva il nome di barroco e la consigliava contro scrofolosi, disturbi articolari, dissenteria, mestruazioni dolorose e problemi all’intestino. Aggiungeva anche che, masticata, lenisce il mal di denti e, in cataplasma, guarisce il morso dei cani.

foglie verdi

L’acqua di melissa dei carmelitani

Nel XVII secolo ebbe grande fortuna un distillato di melissa formulato per la prima volta nel 1611 dai frati carmelitani scalzi di rue Vaugirard, a Parigi. Ma la sua diffusione a livello europeo si deve ai carmelitani di Venezia che un secolo dopo, nel 1710,  ne migliorarono la composizione. Veniva usata in famiglia per curare svariati malanni, dall’indigestione all’esaurimento nervoso, e conteneva inoltre scorza di limone, noce moscata, angelica, coriandolo, cannella e chiodi di garofano.

disegno di melissa

La cura irlandese dell’eterna giovinezza

In Irlanda, la melissa è allo stato spontaneo pianta abbastanza rara, a meno che non sia sfuggita a qualche orto coltivato. Forse proprio per questo è assai apprezzata e le vengono attribuite virtù che piante più comuni non possono avere. Ha il nome gaelico di An Lus na malla ed è considerata un elisir d’eterna giovinezza. In alcune contee si tramanda che bere l’infuso di melissa al posto del tè faccia diventare centenari.  Tra i contadini, c’era anche l’abitudine di mettere tre foglie di melissa nel boccale della birra, per guarire così le malattie di cui si soffriva. Un altro uso curioso era quello di inaugurare un nuovo alveare, ponendovi dentro un ciuffo di melissa, affinché attirasse le api e glielo rendesse gradito.

infusi di erbe due bicchieri su un tavolo di legno scuro

Nel linguaggio dei fiori

Donare una piantina di melissa significa augurare a chi la riceve una sorta di benessere generale. Perché, come vedremo tra poco, giova in diverse patologie, ma è pure il simbolo della ritrovata salute interiore e della crescita umana e spirituale.

fiori bianchi su fogliame verde

Una breve descrizione botanica

La melissa è originaria del bacino del Mediterraneo orientale, ma si è diffusa in buona parte d’Europa grazie alla coltivazione. Cresce in luoghi ombrosi, nelle radure, lungo i sentieri e vicino alle case. Ha fusti numerosi e assai ramificati, che raggiungono l’altezza di 80 centimetri. Le foglie sono opposte, perché si tratta di una Labiata, e molto numerose. Sono ovali, allungate, picciolate, reticolate, con margine seghettato, ma dai denti arrotondati.

I fiori, che sbocciano tra giugno e agosto, sono collocati all’ascella delle foglie superiori, in gruppi di 3-6 unità. Hanno le dimensioni di circa un centimetro, con la corolla bianca, a volte tendente al rosa o al celeste, in cui le due labbra sono ben evidenti. La loro caratteristica è di essere rivolti tutti dalla medesima parte, come se occhieggiassero verso un punto preciso.

foglie opposte verdi

La melissa in fitoterapia

La melissa, della quale come droga medicinale si usano le foglie, ha una vantaggio che difficilmente altre specie riescono a contenderle. La tisana casalinga ha, infatti, un sapore delizioso e merita di essere bevuta al posto del tè indipendentemente dalle sue proprietà fitoterapiche. Che pure sono notevoli. Tra i principi attivi, citiamo l’olio essenziale, che contiene citrale, citronellale, geraniolo e linalolo. Troviamo, poi, canfora, tannini, pectine, resine, amido e zuccheri.

Uno dei primi studi clinici che la riguarda è inserito nel Nuovo Trattato delle Piante Usuali scritto da Roque nel 1837. E ne viene riportata l’azione stimolante dal punto di vista intellettuale e fisico. Studi più recenti fanno della melissa un buon tonico (cuore, cervello, apparato digestivo e utero). Agisce su emicrania, nevralgie, disturbi nervosi, cattiva digestione, stanchezza psicofisica, dismenorrea, anemia, vertigini e ronzio nelle orecchie. L’infuso si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia riposare coperto per una decina di minuti. Si filtra e si dolcifica a piacere. Si beve lungo la giornata e, come già anticipato, è molto gradevole, tanto accompagnare anche una fetta di torta o i biscotti.

Per noi è l’erba ideale, gentile e profumata, con cui desideriamo augurarvi buona Pasqua!

melissa – LicenzaCC by Cbaile19

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.