La prunella e la sua grande fama nel mondo antico
La prunella è una di quelle piante che godette di grande favore nei secoli passati e sulla quale è ormai caduto un velo di oblio. Scarseggiano, infatti, gli studi clinici che la riguardano. Ma nella Grecia antica, quando la sapienza e il mito s’intrecciavano in suggestiva commistione, Tanti furono gli eroi che lo ebbero per maestro. Il più famoso è certamente Achille, ma istruì anche Giasone, Teseo, Aiace ed Enea, ad esempio.
Con Eracle (Ercole, per ilatini) ebbe un rapporto di speciale amicizia, che non fu offuscata neppure dalla ferita accidentale che il semidio gli provocò. L’episodio avvenne perché Eracle combatteva contro altri centauri e, per errore, scagliò una freccia pure contro di lui, colpendolo al ginocchio. Chirone non guarì mai da quella piaga, ma la leniva medicandola con la prunella.


Ercole, dunque, imparò da lui a usarla per alleviare qualsiasi ferita, al punto che il suo nome le resta legato in modo indissolubile. Basti pensare che, nel mondo anglosassone, ha i soprannomi di Hercules all-heal (Ercole guarisce tutto) e di Hercules woundwort (ferita di Ercole). Esulando dal mito, è importante ricordare che anche il medico Dioscoride (I secolo) la impiegò per curare le infiammazioni della gola e le tonsilliti.
Secondo la medioevale teoria della signatura
Nel Medioevo, fu molto in voga la teoria dei segni o della signatura. Le caratteristiche proprie di ogni pianta, considerate segni, suggerivano il tipo di patologia che l’erba stessa avrebbe potuto curare. Dato che il fiore della prunella ha il labbro superiore ripiegato a uncino, faceva pensare a un’arma. Da qui il passo era breve, per stabilire che essa avrebbe guarito le ferite di armi che, all’epoca, spesso erano uncinate o a forma di falce. Del resto, ad avvalorare tale tesi, c’era il fatto che cataplasmi di pianta fresca contribuivano a fermare il sangue nelle emorragie, agendo da emostatico.


Fiori viola che, in Irlanda, sono chiamati “piccoli capolini bianchi”!
Come nella vicina Gran Bretagna, in Irlanda la prunella ha il nome inglese di self- heal, che allude al suo potere di autoguarigione. Eppure la denominazione più curiosa è quella gaelica, ossia Ceannbhán beag. Letteralmente significa “piccolo capolino bianco”. Ma i fiori della prunella sono viola e solo di rado rosati o bianchi. Possiamo quindi dedurre che, tanti secoli fa, la varietà a fiori bianchi fosse assai più diffusa nelle campagne dell’Isola di Smeraldo. Un antico detto irlandese sosteneva che “se uno ha la prunella, non gli è più necessario il medico.” È di certo un’esagerazione, tuttavia era un rimedio assai diffuso tra i contadini per curare contusioni e per fermare il sangue delle ferite.


Breve descrizione botanica di un’erba comune
La prunella, detta anche brunella o morella, è una pianta perenne tutt’altro che rara. È frequente nei prati e nei pascoli di tutta Europa, delle zone temperate dell’Asia, del Nord Africa, del Nord America e persino dell’Australia. Appartiene alla famiglia delle Labiate ed è stata catalogata come Prunella vulgaris L. Questo nome non deriva, come si potrebbe sospettare, dal colore scuro, quasi bruno dei fiori. Deriva bensì dal termine tedesco bräune, che indica il mal di gola. I tedeschi, infatti, emuli di Dioscoride, l’hanno sempre usata per disinfiammare le vie respiratorie.
Ha la radice a stolone e fusto ascendente o strisciante, che raggiunge al massimo un’altezza di una trentina di centimetri. Le foglie, di un bel verde brillante, sono ovali, picciolate, a margine intero e opposte fra loro. Le infiorescenze sono verticilli apparenti, allungati, a capolino, che raccolgono numerosi fiori blu violetti e che sbocciano tra maggio e settembre. Come già anticipato, in casi sporadici possono pure essere rosa o bianchi. Siccome si tratta di una labiata, le singole corolle sono a due labbri. Quello superiore è appunto a uncino, mentre quello inferiore, più ampio, è trilobato. Il frutto è costituito da quattro acheni lisci ma con coste longitudinali.


Principi attivi e impiego fitoterapico
Dal punto di vista fitoterapico, purtroppo la prunella ha un impiego marginale. Ricorre invece tra i farmaci omeopatici, su prescrizione medica. Eppure i principi attivi sono interessanti: contiene diversi acidi organici (betulinico, oleanolico, rosmarinico, ursolico), flavonoidi, tannini, sostanze amare, saponine e resine. Ha dunque proprietà antiinfiammatorie e antisettiche, utili nelle infezioni delle vie respiratorie. È un febbrifugo, vermifugo, diuretico e astringente, in caso di diarrea o di enterite.


In uso esterno, il decotto non dolcificato può essere applicato sulle ferite, per favorirne la cicatrizzazione, e sulle ustioni. Si usa per detergere gli herpes e altre infezioni degli organi genitali o, con opportuni sciacqui, del cavo orale. La preparazione avviene, come al solito, ponendo un paio di cucchiai rasi di foglie e sommità fiorite, che costituiscono la droga, in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia in infusione per un quarto d’ora. Si filtra e si dolcifica a piacere. Si può bere lungo la giornata, proprio come se fosse un tè, senza esagerare nel numero di tazze, per la presenza di saponine. Il suo sapore aromatico, gradevolmente amaro, ci restituirà il fascino antico dell’erba di Ercole e di Chirone.
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