L’epilobio, fiore di pace tra le macerie della guerra

L’epilobio è senz’altro la pianta più rappresentativa della famiglia botanica delle Onagracee. Si tratta di una piccola famiglia che deve il nome al fatto che alcune specie, come il nostro epilobio, sono gradite quale foraggio agli asini. Ricordi liceali ci fanno infatti indentificare nel termine greco ònagros l’asino selvatico.

I petali che stanno sopra al frutto

È catalogato come Epilobium angustifolium L. per la caratteristica di avere foglie strette, anguste. Epilobio è composto dalle parole greche epi, che significa sopra e lobion, che sta per siliqua. Questo perché il frutto a capsula, essendo l’ovario infero, si forma sotto il fiore e non sopra, come comunemente avviene.

I nomi dell’epilobio in Irlanda

Ma sono assai curiosi i nomi popolari che quest’erba assume in Irlanda. In gaelico è detta Lus na Tine, ovvero “pianta di fiamma”, per il rosa acceso delle corolle e perché svetta come una lingua di fuoco. Il nome più comune in inglese è Willow-herb, che l’apparenta al salice, per la forma delle foglie. Ma è anche chiamata Apple pie, perché i fiori e le foglie stropicciate hanno l’odore delle mele cotte. Oppure Gooseberry plant, perché ad altri il suo profumo ricorda quello della gelatina di uva spina.

Forse la definizione più curiosa è quella di Ranting widow, sebbene la tradizione irlandese la colleghi non tanto alle vedove quanto agli orfani. Se un bambino, infatti, giocando, ne sradica una pianta, si tramanda che sua madre morirà entro l’anno. È probabile che le massaie, che ci tenevano al proprio giardino, spaventassero così i figli, per evitare che devastassero le ambite aiuole di epilobio.

La straordinaria fioritura di epilobio del 1945

Un tempo, per il suo aspetto elegante, era considerata a tutti gli effetti una specie anche ornamentale. E non solo in Irlanda ma in tutti i Paesi dell’Europa settentrionale. Questo generò un fenomeno commovente, alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Dalle città bombardate, si portavano fuori, nella campagna circostante, le macerie, accatastate qui e là in attesa di una sistemazione definitiva in discarica.

Tra i resti degli edifici, c’erano anche le piante secche di epilobio, con le capsule ancora piene di semi, che germogliarono. Così il 1945 recò all’Europa una straordinaria fioritura rossa di epilobio, quale simbolo di pace e di rimembranza, per i milioni di vittime della guerra.

Descrizione botanica

L’epilobio ha una robusta radice che si sviluppa in senso orizzontale e che attecchisce nei terreni incolti e nelle radure. Può raggiungere un’altezza pari a due metri e i fusti eretti presentano le foglie, che sono allungate e lanceolate, disposte a spirale.

I fiori, che sbocciano tra giugno e settembre, sono riuniti in grappoli acuminati. Le corolle gamosepale sono a 4 lobi e hanno il caratteristico colore porporino, con i sepali più scuri e i petali più rosati. Il frutto è costituito da una capsula a 4 spigoli, che contiene semi muniti di un ciuffo di peli biancastri.

Principi attivi e tradizione antica

Dal punto di vista fitoterapico, è una specie assai utilizzata in passato dalla medicina popolare eppure ancor poco studiata dai medici naturalistici. La droga è costituita dalla radice, ricca di mucillaggini, di pectina, di zuccheri e di tannini (questi ultimi presenti anche nelle foglie). In Gran Bretagna e in Irlanda, le foglie giovani, essiccate, erano spesso aggiunte alle miscele del tè oppure consumate fresche in insalata.

I bellissimi fiori, al contrario, contengono un fenolo tossico e per questo motivo non devono essere utilizzati.

L’epilobio in fitoterapia

L’epilobio è un buon antiinfiammatorio e, per la presenza di tannino, è astringente. Il decotto si usa pertanto come collutorio per sciacquare il cavo orale, se si soffre di afte. Interessanti gli impieghi come antiemorragico, come espettorante ed emolliente, per calmare la tosse, e come diuretico, anche in caso di prostatiti.

Il decotto

Il decotto si prepara ponendo due cucchiai rasi di rizoma essiccato in mezzo litro d’acqua. Si fa bollite per una decina di minuti, si lascia in infusione per un quarto d’ora, si filtra e si dolcifica a piacere. Si beve lungo la giornata, magari non dopo i pasti per via delle mucillaggini, che non sono digestive. Un’erba antica da riscoprire, con i fiori di porpora che raccontano la pace, con il profumo che ricorda la torta di mele della nonna.

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.