La salvia, erba di salute e ultima, grande Labiata

Salvia salvatrix, secondo la leggenda cristiana

Fu la medioevale Scuola Salernitana a definirla Salvia salvatrix, sia per le sue notevoli virtù, sia memore di una leggenda diffusa, all’epoca, in tutta l’Europa cristiana. Nel racconto, la Sacra Famiglia era in fuga verso l’Egitto, inseguita dai soldati del re Erode. Poiché si stavano avvicinando in modo pericoloso, la Madonna si guardò intorno, per cercare una pianta sotto la quale nascondere Gesù Bambino. Chiese alla rosa, alla vite e al cardo di ospitare tra le foglie il Figlio. Ma queste tre specie le negarono il permesso. Solo la salvia accolse con gioia il Salvatore e, non appena i cavalli dei soldati furono passati oltre, Maria la benedisse. La definì come la pianta più utile della terra, ricercata dai malati per guarire e dai sani per la cucina.

salvia
Foto di stbaumgaertner da Pixabay

Nella storia antica: immortalità e cucina

Gli antichi greci nutrivano una grande stima nei confronti della salvia e ritenevano che riuscisse persino a conferire all’uomo l’immortalità. I romani, al contrario, furono più prudenti: per Plinio era una sorta di lenticchia selvatica, con cui detergere le piaghe dai vermi. La considerava più adatta alla cucina che alla medicina. In generale, altri autori suoi contemporanei (Dioscoride) la indicavano soprattutto per calmare il prurito, anche delle parti intime.

un fiore di salvia di colore violaceo
Foto di Foto-RaBe da Pixabay

La rivalsa medioevale della salvia, tra virtù e fantasia

“Cur moriatur homo cui salvia crescit in horto?” Questo verso è stato scelto tra quelli che la Scuola Salernitana dedica alla salvia. E la domanda si traduce così: “Perché dovrebbe morire un uomo nel cui orto cresce la salvia?” Ci testimonia, dunque, la grande considerazione riscossa da questa specie presso la più importante istituzione medica medioevale.

Nell’XI secolo, è Odone di Meung, nel De viribus herbarum, a consigliarla per il fegato, dopo averla fatta macerare nell’idromele. Ne indicava inoltre le proprietà diuretiche, espettoranti e di emmenagogo, nel favorire le mestruazioni. Quale curiosità, sosteneva infine che il suo succo fosse ottimo per scurire i capelli ingrigiti. Ma le virtù più fantasiose le vengono accordate da Alberto Magno. Secondo l’Herbolario volgare, tale santo scienziato era persuaso che, mettendo la salvia sotto il letame, ne sarebbe scaturito un uccello con la coda di serpente. Non solo, facendone ardere la cenere in una lucerna, la salvia avrebbe svelato se in casa si celassero serpenti.

Nella settima novella della quarta giornata del Decameron, Boccaccio accoglie una credenza ricorrente in epoca medioevale. Si riteneva, infatti, che la salvia diventasse tossica, se sulle radici si annidava un animale velenoso. Così, Simona e Pasquino, i giovani amanti di questa novella, muoiono entrambi dopo essersi semplicemente puliti i denti con una foglia di salvia.

foglie di salvia verde in primo piano
Foto di munki da Pixabay

Specie mediterranea, coltivata in Irlanda

Pur non essendo una specie autoctona, perché originaria dell’Armenia e del bacino del Mediterraneo, in Irlanda la salvia è molto apprezzata. Le hanno imposto il nome gaelico di Sáiste, sostantivo femminile che richiama la felicità. Veniva spesso coltivata nei monasteri, presso gli alveari, per ottenerne un miele pregiato. In alcune contee, quando nasceva un bambino si interrava nell’orto una pianta di salvia, perché crescesse con lui e custodisse negli anni la sua salute. Ma se il cespuglio di salvia diventava troppo rigoglioso, i mariti lo potavano in fretta. Altrimenti avrebbero fatto con i vicini la figura di essere comandati a bacchetta dalla moglie. C’era infatti la superstizione secondo cui la salvia crescesse meglio accanto alla casa di un marito debole:

If the sagebush thrives an grows,
The master’s not master – and he knows!

E poi era diffuso pure il sospetto che, in una famiglia in cui la salvia prosperava, sarebbero nate solo figlie femmine. D’altronde, mangiare salvia nel mese di maggio era ritenuto un elisir di eterna giovinezza:

He that would live for aye,
Must eat sage in May.

Seguendo un antico rituale, nelle campagne le fanciulle coglievano dodici foglie di salvia alla mezzanotte della vigilia di Natale. In Connemara, si coglievano le stesse foglie, ma la vigilia della festa liturgica di san Marco (25 aprile). Questo avrebbe favorito, se messe poi sotto il cuscino, la possibilità di sognare nella notte il futuro marito.

Nel linguaggio dei fiori

Sin dall’antichità, la salvia è stata considerata un’erba molto femminile, che si addice alla donna come custode della casa. Nel moderno linguaggio dei fiori, invece, ha assunto il significato della stima. Quindi, inserirla in un bouquet da regalare rivela al destinatario l’apprezzamento che il donatore nutre nei suoi confronti.

erba aromatica - un fiore viola fatto a bocca di leone con gocce di rugiada sopra
Foto di Annette Meyer da Pixabay

Una breve descrizione botanica

La salvia è stata classificata con il nome botanico di Salvia officinalis L. Si tratta di un semiarbusto aromatico dalla base legnosa e dal fusto erbaceo, sempreverde, che raggiunge un’altezza di una settantina di centimetri. Tipico della macchia mediterranea, è spontaneo in terreni calcarei, aridi e sassosi ma è ormai coltivato in tutta Europa. La pianta è ramosa, d’aspetto grigio-tomentoso, con foglie peduncolate, inspessite, ruvide, ovate e allungate. I fiori sono di colore blu-violaceo e sono grandi (sino a 3 centimetri), con forma bilabiata per accogliere più facilmente gli insetti impollinatori. Sbocciano tra maggio e luglio e formano spighe costituite da un minimo di cinque a un massimo di dieci verticilli.

erba aromatica salvia - fiore viola a bocca dileone
Foto di Karin Herzog da Pixabay

Tra gli ottimi principi attivi, purtroppo c’è il tuione

Come già vi abbiamo anticipato riguardo ad altre Labiate,, anche l’uso della salvia sia in fitoterapia, sia in cucina, richiede grande prudenza. In piccole quantità è salutare, ma se esageriamo può diventare tossica. Ciò dipende dal suo olio essenziale, che è velenoso e per cui va evitato assolutamente il consumo fai da te, senza l’obbligatoria prescrizione medica. Esso, infatti, contiene un chetone, il tuione, che abbiamo già incontrato trattando l’assenzio. Ebbene, nella salvia è presente in quantità addirittura superiori!

Il tuione danneggia il sistema nervoso, sino a provocare crisi epilettiche. Gli altri componenti dell’olio essenziale sono borneolo, canfora e cineolo. Ci sono poi sostanze amare, tannini, saponine, acido fosforico, malico e ossalico, vitamine B e C, calcio, ferro, fosforo, potassio, resine e un estrogeno. La droga fitoterapica è rappresentata  dalle foglie essiccate. In piccole quantità, giova come diuretico e antisettico, per limitare l’eccesiva sudorazione, lenisce le infiammazioni dell’apparato respiratorio e dell’apparato digerente. Un tè di salvia, preparato normalmente in teiera, è indicato nelle digestioni difficili e in caso di tosse, raffreddore, disturbi nervosi e diarrea. Ma non deve essere troppo concentrato e non va bevuto per lunghi periodi. In ogni caso, è assolutamente controindicato a chi soffre di emorroidi, alle donne gravide o alle mamme che allattano, perché la salvia è lattifuga.

erba aromatica - foglia di salvia verde
Foto di PollyDot da Pixabay

Un’erba aromatica da impiegare con parsimonia

In cucina, la salvia è un’erba aromatica assai gradevole. Si addice alla selvaggina, alle carni in genere e alle salsicce. Ma conferisce un aroma speciale anche al riso, al couscous, ai legumi (fave) e persino alle castagne bollite. L’unica accortezza è quella di dosarla con parsimonia, per approfittare degli effetti benefici senza trasformarla in sostanza tossica.

erba aromatica disegno
Quest’opera è di pubblico dominio nel suo Paese di origine e in altri Paesi e aree in cui la durata del copyright è pari alla vita dell’autore più 70 anni o meno . File di pubblico dominio negli Stati Uniti. identificato come libero da restrizioni note ai sensi della legge sul copyright, compresi tutti i diritti connessi e contigui

Potrebbe interessarti anche:

Il puleggio, la gentile mentuccia che stermina le pulci

La menta, che non si seminava in tempo di guerra

La canapetta, la Labiata con l’elmo in testa

Il piede di lupo, garante della credibilità dei ciarlatani

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
Logo Radio