La grande onda di Kanagawa, dell’artista Katsushika Hokusai è la celebrazione dell’acqua per eccellenza. Probabilmente l’opera simbolo di tutta l’arte giapponese in occidente. Oggi, dopo tutte le devastazioni a seguito di alluvioni, esondazioni, mareggiate e fenomeni violenti che stanno colpendo l’Italia e il mondo intero è di un’attualità sconvolgente per il messaggio che porta, pur essendo stata realizzata tra il 1830 e il 1831. Un messaggio universale di supremazia incontrastata della natura sull’uomo.
L’opera è una xilografia in stile ukiyo-e, letteralmente “immagini del mondo fluttuante”. La tecnica consiste nella realizzazione di un disegno, composto solo da linee nere e campi di colore piatto. Intagliato successivamente su una tavoletta di legno, utilizzata poi come matrice per la stampa su carta. La grande onda di Kanagawa è la prima e la più celebre di 46 stampe (dieci sono aggiunte in seguito), delle Trentasei vedute del Monte Fuji, creata tra il 1826 e il 1833. L’opera ben descrive la moderna contrapposizione tra forza della natura e fragilità dell’uomo.


La grande onda di Kanagawa
Nella grande onda di Kanagawa, l’artista Hokusai nasconde un messaggio universale in un’opera semplicissima composta di soli tre elementi. Il monte le barche ed il mare. La Montagna Sacra, il Monte Fuji protagonista delle sue 36 vedute del monte Fuji (富嶽三十六景, Fugaku sanjurokkei), resta imperturbabile sullo sfondo con la sua cima innevata come a vegliare sugli eventi del mondo. Le barche, scosse dal mare, sono piene di uomini piccolissimi, vestiti di blu e con le testoline rasate. Faticano a restare a bordo ed evitare il naufragio.
E poi lei, in primo piano: la grande onda di Kanagawa, enorme, con il suo bordo sfrangiato che pare stia per artigliare le barche e trascinarle sul fondo. Hokusai costruisce una scena quasi apocalittica e per certi versi spaventosamente attuale. La possente forza della natura potrebbe frantumare da un momento all’altro la fragile, troppo fragile resistenza dell’uomo agli eventi. Sta per consumarsi una grande tragedia e Hokusai ne coglie tutta la forza devastante in questo momento di incertezza, di tempo sospeso, l’attimo della speranza prima della caduta apocalittica dell’acqua.


Le copie anche in Italia e nei più importanti musei del mondo
L’opera ha le dimensioni 25,7 × 37,9 cm . Copie della xilografia sono conservate nei più importanti Musei del mondo tra cui il Metropolitan Museum of Art di New York, il British Museum di Londra e la Bibliothèque nationale de France di Parigi. In Italia la possiamo ammirare al Civico Museo d’Arte Orientale di Trieste, il Museo d’arte orientale di Torino e il Museo d’arte orientale Edoardo Chiossone di Genova.


Le rappresentazioni delle kiyo-e il mondo fluttuante
Fino alla metà dell’ Ottocento, la politica dello shōgunato Tokugawa accentua l’isolamento di nome e di fatto del Giappone dal resto del mondo. La nazione basta a sé stessa. E’ inaccessibile, solo il porto di Uraga è aperto alle navi di carico della Compagnia delle Indie Orientali, di fatto gli unici occidentali a poter tentare l’approccio.
Chiusi nel loro isolamento gli artisti giapponesi, quindi, perfezionano un modo di fare arte che, curiosamente, si adatta alla perfezione ad essere esportata anche dall’altra parte del mondo. Le xilografie in stile ukiyo-e,il mondo fluttuante, ritraggono attimi quotidiani della vita cittadina, dei campi, ma anche bellissime geishe e lottatori di sumo. In un gioco di significati più o meno profondi, le opere ricordano a tutti la bellezza, ma anche la fatica della vita di tutti i giorni.
C’è una bellissima definizione del mondo fluttuante del monaco e poeta Asai Ryoi, che nel XVII secolo scrive: “Vivere momento per momento. Volgersi interamente alla luna, alla neve, ai fiori di ciliegio e alle foglie rosse degli aceri, cantare canzoni, bere sakè. Consolarsi dimenticando la realtà, non preoccuparsi della miseria che ci sta di fronte, non farsi scoraggiare, essere come una zucca vuota che galleggia sulla corrente dell’acqua”


L’arte Giapponese arriva in Europa
Ma l’ 8 luglio 1853 le cose cambiano. Matthew Calbraith Perry, commodoro della Marina degli Stati Uniti, si presenta con le sue quattro grandi e minacciose navi da guerra: Mississippi, Plymouth, Saratoga e Susquehanna al porto di Uraga, presso Edo (moderna Baia di Tokyo). Chiede, per evitare il bombardamento, che l’isolamento del Giappone al resto del mondo finisca. Le sue “Navi Nere” diventeranno, in Giappone, un minaccioso simbolo della tecnologia occidentale. Ma, da quel momento, non solo le merci, ma anche l’arte giapponese inizia ad arrivare in Occidente in modo più sistematico.


Katsushika Hokusai, il vecchio pazzo per la pittura
I secoli di duro lavoro dei pittori Europei sulla prospettiva geometrica, sul verosimile, sul chiaroscuro, vengono spazzati via dalla grande fama e popolarità delle stampe giapponesi. Parigi ne va pazza. Maestro assoluto del genere è Katsushika Hokusai. Povero, poi ricco, tanto da avere due mogli e sei figli, poi di nuovo poverissimo. Ridotto in miseria dal vizio di un nipote per il gioco d’azzardo, incarna il mito occidentale dell’artista maledetto.
Cambia nome e casa decine di volte, girando in lungo e in largo il Giappone anche per sfuggire agli agguerriti creditori. Le sue 46vedute del Monte Fujii diventano popolarissime in Occidente ed hanno un effetto sconvolgente sugli artisti dell’epoca. Ma la produzione di Hokusai conta migliaia di opere tra silografie, dipinti, volumi di illustrazioni e manuali e anche Manga che, iniziati nel 1814, continuano a essere pubblicati , postumi, fino al 1878 .


La dimensione del divino e del meraviglioso
Scrivendo di sé si firma “Manji il vecchio pazzo per la pittura”. “Dall’età di sei anni ho la mania di copiare la forma delle cose, e sono cinquant’anni che pubblico disegni; tra quel che ho raffigurato non c’è nulla degno di considerazione. A settantatré anni ho a malapena intuito l’essenza della struttura di animali ed uccelli, insetti e pesci, della vita di erbe e piante e perciò a ottantasei progredirò oltre; a novanta ne avrò approfondito ancor più il senso recondito e a cento anni avrò forse veramente raggiunto la dimensione del divino e del meraviglioso. Quando ne avrò centodieci, anche solo un punto o una linea saranno dotati di vita propria. Se posso esprimere un desiderio, prego quelli tra lor signori che godranno di lunga vita di controllare se quanto sostengo si rivelerà infondato“.
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