Il fior cuculo, simbolo di creatività e di coraggio

Il fior cuculo è un’altra pianta della famiglia delle Cariofillacee che desideriamo proporvi. La sua classificazione risale al 1753 e ha il nome scientifico di Lychnis flos-cuculi L. Per spiegarne l’etimologia, occorre tornare con il pensiero all’antichità. In greco, infatti, il sostantivo lychnos significava “lucerna”, perché i suoi steli erano usati come stoppini delle lampade. Quanto a flos-cuculi, occorre sapere che questa specie è spesso scelta da un insetto, il Philaneus spumarius, comunemente chiamato sputacchina, che vi alberga sulle foglie. All’ascella, vi lascia una caratteristica schiuma biancastra, che i contadini chiamano “bava di cuculo”. Quindi l’erba e l’uccello non avrebbero tra loro alcun legame, se non ci fosse un piccolo insetto a crearlo!

Fior cuculo rosa con petali sottili e lunghi, rettangolari
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La “pianta di seta” irlandese

Come abbiamo già visto nelle settimane passate, molte fra le Cariofillacee sono piuttosto diffuse, in Irlanda. Il fior cuculo è una specie autoctona, un tempo assai comune per l’habitat che predilige. Attecchisce facilmente nelle brughiere umide, nei terreni ricchi di torba, che trattengono l’acqua, nelle marcite e nelle praterie che costeggiano gli acquitrini.

In inglese, come nella vicina Gran Bretagna, è detto Ragged-Robin, in cui Robin è un nome proprio che allude al colore rosso o al pettirosso. Ragged significa invece cencioso: i petali del fiore sono infatti sfrangiati, come se assomigliassero a un tessuto stracciato. In gaelico, di definizioni ne ha addirittura due: Lus síoda, ossia “pianta di seta”, e Plúr na cuaiche, che si traduce con “farina del cuculo”. In passato, condivideva con la calta e l’aquilegia la sorte di essere un bachelor’s button, che vuol dire “bottone dello scapolo”. E ciò avveniva perché le ragazze in età da marito si affidavano a questi fiori per avere un auspicio sul loro futuro coniugale.

Nel XVI secolo, ciascuna fanciulla coglieva tanti steli ancora in boccio di fior cuculo quanti erano i sui spasimanti. A ogni bocciolo dava il nome di un pretendente, ne faceva un mazzetto e se lo legava sotto il grembiule. Il fiore che si fosse aperto per primo avrebbe indicato come si sarebbe chiamato il futuro marito. I bambini irlandesi – ma pure quelli di buona parte d’Europa, italiani compresi – si divertivano con il fior cuculo a provocare il tuono. Come abbiamo già visto a proposito della silene, altra Cariofillacea, pare che bastasse battersi sul polso i calici panciuti e rumorosi, per scatenare un temporale.

un campo di fior cuculo rosa
Foto di Bruno da Pixabay

Un breve ritratto botanico

Il fior cuculo è una pianta erbacea che raggiunge l’altezza di un’ottantina di centimetri. Ha due tipi di fusti: quelli fioriferi sono più lunghi ed esili, mentre quelli sterili più corti e robusti. Anche le foglie si differenziano: alla base, formano una rosetta e assumono una forma simile a quella di un cucchiaio, con evidente picciolo. Lungo gli steli, al contrario, si dispongono a due a due, opposte, e sono più sottili, appuntite, lanceolate e senza picciolo.

I fiori sbocciano tra aprile e luglio e hanno un calice a tubo, dentato, formato dall’unione dei sepali rossastri. La corolla è quasi sempre di un bel rosa carico, simile al fucsia, sebbene ci siano anche rare piante con i fiori bianchi. È formata da 5 petali, ognuno dei quali è suddiviso in 4 sottili segmenti, che assomigliano alle dita di una mano. Per questo il fior cuculo ha anche il nome popolare di manine di Gesù. Questa forma particolare è adatta a resistere ai colpi di vento, senza rovinarsi.

Piace inoltre alle farfalle, soprattutto alla cavolaia maggiore, che sono i suoi principali insetti impollinatori. Si tratta di una specie che, per le sue peculiarità, è abbastanza semplice da identificare in natura. In ogni caso, consigliamo sempre di ricorrere all’uso delle chiavi botaniche, per farlo in modo certo.

un bocciolo verde di fiore
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Nel linguaggio dei fiori

La forma ingegnosa dei suoi petali, che si sono adattati alle folate di vento, ha fatto del fior cuculo il simbolo della creatività e dell’operosità. Si inserisce in un bouquet da regalare, dunque, quando si vuole elogiare la genialità di una persona e il suo coraggio innovativo. Tuttavia, siccome è stato spesso infilato nella corona di fiori di Ofelia, nell’Amleto di Shakespeare, ha assunto anche un significato negativo. Può, infatti, indicare l’ingenuità che viene ripagata con l’ingratitudine.

un bellissimo fiore rosa con dei boccioli intorno spicca in un campo verde
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Presenza di saponine, come in tutte le Cariofillacee

È indubbio che le saponine rappresentino i principi attivi per eccellenza, nella famiglia delle Cariofillacee. Lo sono anche per il fior cuculo e, siccome in grandi quantità risultano tossiche, occorre molta prudenza nell’impiego. Per numerosi autori, è una pianta commestibile e, in campagna, a primavera, i contadini ne gustano le tenere rosette basali. Un assaggio può essere tollerato, ma le scorpacciate di fior cuculo sono assolutamente da evitare. In fitoterapia, non abbiamo studi clinici sufficienti a riguardo.

Oltre alle saponine troviamo flavonoidi, acidi fenolici, derivati di acidi grassi, triterpenoidi e fitoecdisteroidi. Si è dimostrato che gli estratti vegetali riducono l’attività batterica e fungina (antimicotico). Non sono stati, però, ancora esplicitati i meccanismi attraverso i quali la specie era considerata curativa nella medicina popolare. Era soprattutto usata nell’area mediterranea come diuretico ed espettorante, per curare la malaria, l’emicrania e i crampi addominali. In applicazione esterna, il decotto delle parti aeree serviva per detergere e disinfettare le ferite. In definitiva, è senz’altro una specie con buone potenzialità terapeutiche, che però devono essere attribuite con certezza scientifica.

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
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