Il ciliegio e il segreto che allunga la vita

Il ciliegio, che appartiene alla famiglia botanica delle Rosacee, è conosciuto sin dalla preistoria: in molti siti archeologici sono stati infatti rinvenuti i noccioli dei suoi frutti. Ma la pianta più antica in Europa è stata quella catalogata poi come Prunus avium L., che corrisponde al nostro ciliegio selvatico. L’aggettivo avium qui indica che le ciliegie un po’ asprigne sono soprattutto gradite agli uccelli. La specie da cui derivano la maggior parte delle piante coltivate è, invece, il ciliegio domestico, cui Linneo diede il nome latino di Prunus cerasus L. A cosa si riferisce, in questo caso, l’aggettivo cerasus?

Secondo san Girolamo, deriva dall’antica città di Cerasonte, in Asia Minore, famosa per la sua produzione di ciliegie. Essa apparteneva ai domini di Mitridate VI, re del Ponto, contro cui i romani condussero diverse campagne militari. La cosiddetta terza guerra mitridatica si combatté tra il 74 e il 63 a.C. Oltre a Pompeo Magno, l’altro generale a capo della spedizione fu Lucio Licinio Lucullo. Eh sì, è proprio quello dei “banchetti luculliani” passati alla storia per la loro abbondanza! Ancora oggi si dice pasto luculliano per indicare un pranzo o una cena raffinati e ricchi di portate. Ebbene, Lucullo fu senz’altro colpito dalle ghiotte ciliegie assaggiate in guerra e, secondo tradizione, ne conservò i noccioli per portarli a Roma. Da allora, il ciliegio domestico si diffuse in tutta la penisola italica e in Europa, ovunque arrivò la conquista romana.

Ciliegie rosse che pendono dal picciolo su sfondo verdeggiante
Foto di Leopictures da Pixabay

Le zuppe medioevali

Per molti secoli, in cui lo zucchero costituiva un lusso, le ciliegie non furono usate per preparare marmellate o composte. Erano, al contrario, un ingrediente assai richiesto in liquoreria, per ricavarne ratafià e acqueviti (kirsch), o per la fermentazione di un vero e proprio vino.

Ma nel Medioevo, un piatto molto apprezzato era la zuppa di ciliegie. Non era un dolce, bensì una minestra a tutti gli effetti, nella quale alle ciliegie essiccate si aggiungevano burro e pane raffermo. La zuppa era cotta a lungo, per darle una consistenza cremosa e perché si amalgamassero bene i sapori.

Ramo con molti frutti rossi maturi
Foto di Angela da Pixabay

La tradizione irlandese di allungare la vita con le ciliegie

Gli irlandesi ci hanno tramandato un paio di tradizioni curiose sulle ciliegie. Una riguarda i primi frutti di una giovane pianta. Secondo i contadini, essi dovevano essere gustati solo da una donna gravida del suo primogenito, affinché il ciliegio potesse dare in seguito raccolti abbondanti. L’altra è piuttosto un gioco da bambini.

Quando le ciliegie erano mature, i figli dei contadini facevano un girotondo intorno al tronco dell’albero. Si tenevano per mano e cantavano. Poi, a turno, ognuno di loro scuoteva la pianta per far cadere a terra il maggior numero possibile di frutti. Così le ciliegie ottenute avrebbero indicato anche quanti sarebbero stati gli anni della vita futura. Nell’Isola di Smeraldo, infine, era vietato salire su un ciliegio due volte all’anno. E le date erano il 24 giugno (festa di san Giovanni Battista) e il 25 luglio (festa di san Giacomo). Questo perché in entrambe le occasioni pare che i ciliegi fossero infestati di leprecauni, dispettosi folletti che spingevano giù dai rami chiunque ci si fosse arrampicato.

Albero in fiore, dalla chioma bianca, in un prato.
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Breve descrizione botanica del ciliegio

Si tratta di un albero con fusto diritto e rami eretti, a struttura piramidale che può raggiungere i 20 metri d’altezza. Allo stato selvatico, predilige i terreni argillosi, nelle radure. Le foglie alterne sono ovate, allungate, con lungo apice e margine a denti regolari.

I fiori, che sbocciano ad aprile e sono riuniti in ombrelle di 2-6 esemplari, hanno un lungo picciolo, sono bianchi e hanno 5 petali. I frutti sono drupe rosso brillante, con un solo nocciolo all’interno. Maturano tra fine maggio e inizio luglio.

Infiorescenze di fiori bianchi a 5 cinque petali
Foto da Pixabay

Le proprietà diuretiche dei piccioli

Per quanto riguarda il ciliegio, la droga medicinale è costituita dai piccioli, che contengono polifenoli e sali di potassio. Tali principi attivi li rendono blandi lassativi e ottimi diuretici, soprattutto in caso di cistiti, insufficienza renale, nefriti, gotta e reumatismi. Da affiancare quale rimedio alimentare alle cure mediche, che non devono mai essere interrotte. Il decotto si prepara ponendo due cucchiai rasi di piccioli in mezzo litro d’acqua fredda. Si fa bollire per una decina di minuti, si spegne e si lascia in infusione per un quarto d’ora. Si filtra, si dolcifica e si beve lungo la giornata al posto del tè o di qualsiasi altra piacevole bevanda. Non vanno assolutamente utilizzate, invece, le foglie di ciliegio – avrebbero azione purgativa – perché contengono acido cianidrico e sono molto pericolose.

Disegno scientifico con fiori, foglie e frutti.
Quest’opera è di 
pubblico dominio anche negli USA

Le virtù delle golose ciliegie

Mangiare ciliegie, quando è stagione, è sicuramente salutare. Come frutti, hanno un’alta percentuale d’acqua (intorno all’80%), che li rende diuretici, antireumatici e indicati nelle diete dimagranti. Ci sono, inoltre, vitamine (soprattutto A, B, C), minerali quali ferro, potassio, calcio, sodio, fosforo, cloro, magnesio e zolfo. Non mancano, infine, oligoelementi preziosi come il rame, lo zinco, il cobalto e il manganese. Sono piuttosto poveri di zuccheri e contengono levulosio, che in piccole quantità può essere assunto anche dai diabetici.

Le ciliegie giovano, quindi, a chi soffre di carenza di minerali, di stitichezza, di fermentazione intestinale e di disturbi epatici. Ringiovaniscono i tessuti e aumentano le difese immunitarie: in questo senso, ci allungano davvero la vita, come nel gioco dei bambini irlandesi! In uso esterno, la polpa cruda ridotta in purea è un’ottima maschera di bellezza per il viso, perché tonifica la pelle. Applicata sulla fronte, contribuisce a lenire il mal di testa.

Molti frutti rossi e lucidi, appena raccolti e ammassati insieme.
Foto di Couleur da Pixabay

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
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