La ventaglina, minuscola pianta che passa inosservata
La ventaglina è l’erba della famiglia botanica delle Rosacee che vi proponiamo questa settimana. Nel nome latino con cui è stata classificata c’è, in un certo senso, la sua carta d’identità: Aphanes arvensis L. Il genere Aphanes deriva dal verbo greco phaino, che significa “mostrare”, ma è preceduto dalla lettera a, che traduce nel nostro alfabeto la cosiddetta alfa privativa. La parola, di conseguenza, assume un’accezione opposta: non è, infatti, l’erba che si mostra, bensì quella che non si mostra affatto! La ventaglina, così piccola e per nulla appariscente, passa inosservata e sembra quasi invisibile. L’aggettivo arvensis che determina la specie ne indica l’habitat, con riferimento ai campi, agli arenili e alle zone rurali.
Può capitare di vederla classificata anche come Alchemilla arvensis Scop., pur non essendo del tutto corretto. L’alchemilla, di cui vi abbiamo già parlato di recente, è decisamente affine alla ventaglina, eppure tra le due piante ci sono notevoli differenze. La ventaglina è annua, ad esempio, mentre l’alchemilla è perenne: sarebbe una forzatura, in botanica sistematica, accomunarle nello stesso genere. È senz’altro preferibile mantenere un genere diverso per l’una e per l’altra.


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La francese “perce-pierre”
Per secoli, in Europa c’è stata la convinzione che la ventaglina forasse le pietre per emergere dal suolo. Questo perché spesso compare in un terreno dal nulla, come se prima non fosse mai esistita. Tale particolare ha influito sul nome volgare che le è stato imposto nelle varie culture.
In Francia è conosciuta come perce-pierre, che trafigge la pietra, per la sua diffusione nei luoghi sassosi, in cui spunta tra la ghiaia. E il suo talento nello sconfiggere la pietra ha avuto conseguenze nella medicina del passato. I farmacisti ne ricavavano rimedi per contrastare la sabbia nei reni e nella vescica, virtù che non è mai stata scientificamente provata.


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L’irlandese Mionán Muire
Anche in Irlanda la ventaglina è piuttosto comune, come nel resto del nostro continente. È la pianta tipica del Burren, regione che si affaccia sull’Oceano Atlantico e i cui prati sono ricoperti da lastre di calcare. Le pietre che affiorano dalla terra e che scintillano sotto il sole formano quasi una pavimentazione naturale. Ebbene, dove le lastre si fendono, ecco che tra l’una e l’altra compare spesso la ventaglina.
Per i contadini della zona scoprirla lungo il cammino è un segno di buone notizie in arrivo. Può annunciare una gravidanza, un colpo di fortuna o una guarigione insperata. Per questo ha il nome gaelico di Mionán Muire, che traduciamo come “la piccina della Vergine Maria”. Si tramanda, infatti, che la Madonna risponda alle preghiere dei fedeli facendo comparire l’invisibile ventaglina quale messaggera di una bella novità.


Una breve descrizione botanica della ventaglina
È comune in quasi tutto il mondo, specie nell’emisfero settentrionale, dalle Isole Britanniche all’Asia. Si tratta di un’erba strisciante, la cui altezza varia da pochi a una ventina di centimetri al massimo. La radice è a fittone.
Le foglie palmate sono inserite sugli steli tramite un corto picciolo e ognuna è costituita da 3 segmenti lobati all’apice. Ricorda vagamente la foglia del prezzemolo, tanto da attribuire alla pianta il nome inglese di Parsley-piert. Il fiore, che sboccia tra aprile e ottobre, è minuscolo e manca totalmente di petali. Ha soltanto 4 sepali verdi. Il frutto è una nucula ovale le cui dimensioni si aggirano sul millimetro.


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Non ci sono studi clinici a conferma delle proprietà fitoterapiche
L’uso popolare della ventaglina in fitoterapia è antico e frequente, nelle campagne di tutta Europa. Ma manca uno studio scientifico e oggettivo sui principi attivi. Si tratta di una pianta alimentare, mangiata spesso in passato come verdura. Quindi è possibile prepararsi un tè dissetante e rinfrescante di ventaglina ma senza la presunzione di ottenerne benefici specifici per la nostra salute. Le foglie giovano a livello empirico come diuretico, lenitivo, emolliente e antiinfiammatorio.
I medici del XVIII secolo raccomandavano di mangiarle spesso in insalata, quale regolatore intestinale. Il botanico ed erborista inglese del XVII secolo Nicholas Culpeper consigliava di prepararle sottaceto, come verdura per i mesi invernali. Nulla ci vieta di accogliere nella nostra alimentazione queste indicazioni, stando però attenti a identificare correttamente la specie. Come spesso ripetiamo, non basta una semplice fotografia artistica, per riconoscere un’erba in natura, ma è indispensabile l’ausilio delle chiavi botaniche.


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Foto di copertina rilasciata con licenza
Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale . Autore Krzysztof Ziarnek, Kenraiz.
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