Il pesco, albero incantato dai celebri fiori rosa

Il pesco: nel pronunciarne il nome, ci viene subito in mente il titolo “Fiori rosa, fiori di pesco” della canzone di Battisti-Mogol. Perché, fra tutti gli alberi da frutto, lo riconosciamo proprio per la tinta rosa intenso dei suoi fiori. Appartiene alla famiglia botanica delle Rosacee, che stiamo trattando ormai da diverse settimane, ed è stato catalogato come Prunus persica Batsch. L’aggettivo persica lo identifica con quello che i latini chiamavano “pomo di Persia”. In realtà, il pesco è originario di terre ben più lontane, perché proviene dalla Cina settentrionale e centrale. Qui veniva coltivato già tre millenni prima della nascita di Cristo.

Giunse in Italia intorno al I secolo a.C.: lo deduciamo dal fatto che non fu mai citato da Catone né da Varrone. Plinio e Columella, al contrario, elencano alcune varietà di pesche: le asiatiche, le duracine e le galliche. Negli affreschi ritrovati nel sito archeologico di Pompei furono dipinte in modo chiaro e inconfondibile. I frutti erano essiccati, per mangiarli fuori stagione, oppure conservati nel miele, nel vino cotto e addirittura in salamoia! Nel IV secolo d.C., Palladio spiega in modo esaustivo come si coltiva il pesco e suggerisce anche cure efficaci per contrastarne le malattie.

Fiori rosa di pesco a 5 petali, con sfondo di rami e di cielo.
Foto di PurpleOwl da Pixabay

Una coltivazione diffusa in tutto il mondo

Nel corso dei secoli, il pesco si è diffuso come specie coltivata in tutto il mondo. In America, si propagò al punto che, per non sprecare le troppe pesche che maturavano insieme, ne ricavarono persino acquavite! Nel XVIII secolo, si conoscevano soltanto una ventina di varietà di frutti. Oggi, invece, ne contiamo diverse centinaia.

Nelle campagne irlandesi, usava preparare un decotto con la corteccia del pesco. Pensando a come è strutturato il corpo umano, tale bevanda pare avesse un duplice utilizzo. Se la corteccia veniva raschiata in basso, presso la radice, si diceva fosse utile nei disturbi intestinali. Se invece veniva raschiata in alto, più vicina ai rami, era considerata un buon rimedio per indurre il vomito.

Alberi fioriti con sfondo di montagne
Foto di sun jib da Pixabay

Una breve descrizione botanica del pesco

Il pesco è uno fra gli alberi maggiormente distinguibili, fra quelli coltivati. E non troviamo specie spontanee in natura, a meno che non si siano inselvatichite, con piante nate per la caduta di un qualche nocciolo nel terreno. Raggiunge un’altezza massima di 6 metri. Presenta le caratteristiche foglie lanceolate, alterne, lunghe sino a 20 centimetri, dal margine dentellato e dalla lamina incurvata e pendente.

I grandi fiori rosa, a 5 petali, sono subsessili e compaiono prima delle foglie, sbocciando tra marzo e aprile. I frutti sono grandi, tanto da raggiungere un diametro di 10 centimetri, e maturano tra luglio e ottobre. Sono succulenti, carnosi e vellutati: solo la varietà delle nettarine è a buccia liscia. Contengono un nocciolo assai rugoso, dai molti solchi profondi.

Pesche mature dalla buccia rosata che pendono dal ramo tra le foglie.
Foto di flockine da Pixabay

Ottimi frutti ma guai a curarsi con fiori, foglie o noccioli!

I principi attivi delle pesche sono costituiti da una quantità d’acqua pari all’80%, acido ascorbico, zuccheri e vitamine A, B e P. Secondo Henri Leclerc, sono tra i frutti meglio tollerati dallo stomaco, facilitano la digestione stimolando le secrezioni gastriche e riducono il lavoro delle pareti muscolari. Sono diuretiche, lassative, ed energetiche. Giovano alla pelle anche in uso esterno, stendendo maschere di polpa schiacciata sull’epidermide del viso.

Non si può dire che siano altrettanto salutari le altre parti della pianta. Foglie, fiori e noccioli, infatti, contengono alte percentuali (sino al 3%) di amigdalina, glicoside cianogenico che libera acido cianidrico, che è un potente veleno. Nei secoli passati, purtroppo si è fatto largo uso di fiori e foglie come droga medicinale, considerati quali purganti. Nel 1556, ad esempio, Andrea Mattioli scriveva che i fiori di pesco “fanno andare di corpo e provocano il vomito”. Noi sconsigliamo assolutamente qualsiasi impiego fai da te, senza essersi consultati con un medico. Si corrono minori rischi in uso esterno, con l’applicazione delle foglie fresche non trattate sull’addome, perché non vengono ingerite. Secondo Galeno, tale cataplasma servirebbe per calmare i dolori addominali e per sbarazzarsi dei vermi intestinali.

Pesche a polpa gialla in canestro, intere, a metà o tagliate a spicchio.
Foto di Steve Buissinne da Pixabay

Foto di copertina di guidogalvani1967 da Pixabay

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
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