Pink Floyd “The Wall”: i primi quarant’anni

30 Novembre 1979: esce The Wall dei Pink Floyd, il “concept album” più importante della storia della musica contemporanea.

Antefatto – La genesi

Durante l’ultimo concerto del tour “In the Flesh”, eseguito allo Stadio Olimpico di Montréal nel luglio 1977, un gruppo di spettatori in prima fila disturbò Waters con urla e schiamazzi, tanto che il bassista arrivò a sputare addosso ad uno di loro.

L’intera band si sentiva a disagio nell’esibirsi davanti ad un pubblico così numeroso, e l’ipersensibile Waters fu il più influenzato dalla situazione. Ne parlò con uno psichiatra, confidandogli il distacco che sentiva dalla vita in tour, del suo odio per le esibizioni negli stadi e della barriera che percepiva tra lui e il pubblico durante i concerti.

L’incidente dello sputo diventò la base per il nuovo disco, successivo ad “Animals”: un lavoro basato sul distacco tra il pubblico e gli artisti.

Roger Waters presentò al resto della band due nuovi progetti: il primo, un demo di circa novanta minuti intitolata “Bricks in the Wall”, e un secondo,  che sarebbe poi diventato il suo primo album solista, “The Pros and Cons of Hitch Hiking”.

Il resto è storia: l’album più venduto negli USA nel 1980, divenendo uno dei dischi doppi più venduti nella storia. Si è inoltre posizionato all’87º posto nella lista dei 500 migliori album secondo la classifica della rivista Rolling Stone.

Non starò a raccontarvi né le beghe contrattuali di Roger Waters verso gli altri membri dei Pink Floyd, né a riassumervi la trama raccontata in “The Wall”: credo che tutti sappiano la storia di Pink e delle sue paranoie.

Vorrei invece ricordare con voi le sensazioni, le emozioni, vissute a Padova, durante la proposizione dal vivo, di questa pietra miliare.

Si, perché “The Wall” è entrato nella storia e nell’immaginario colletivo, anche e soprattutto, per la trasposizione live, sia da parte della band al completo, sia nella versione solista di Roger Waters.

Pink Floyd The Wall: la copertina del doppio LP, disegnata come un muro di mattoni bianchi e neri, con il logo della band al centro

Padova, 26 Luglio 2013

Appena entrato allo Stadio Euganeo mi si mozza il respiro: il muro, “The Wall” costruito per 2/3 è davanti ai miei occhi, gli strumenti dietro, quasi nascosti dalla struttura. Un impianto luci come ne ho visti pochi, in tanti anni di militanza musicale e gli altoparlanti, anche se è brutto chiamarli così, sospesi in aria quasi a sfidare la forza di gravità.

So già quello che succederà, conosco il disco a memoria, ho visto il film almeno una decina di volte: ma sapere che fra poco più di due ore sarò testimone dell’evento, cioè il muro che prima viene completato e poi crolla, beh, è adrenalina, adrenalina pura.

Le migliaia e migliaia di persone presenti credo provino le mie stesse sensazioni: un pubblico ordinato, educato, tranquillo.

In una parola: cosciente.

Cosciente di stare per assistere a qualcosa di unico, inimitabile, di imperdibile.

Ore 21,30, puntualissimo in perfetto stile anglosassone, Roger Waters sale sul palco ed è subito delirio: “In the flesh” è una sventagliata di mitra dritta al cuore.

Il suono è perfetto e la scenografia completa degnamente il quadro: l’aereo che precipita sfondando una parte del muro ci lascia immaginare quello che sarà il resto dello show.

“Another brick in the wall”, dedicata da Roger Waters a tutte le vittime di Stato, come sempre è il pezzo di maggior presa sul pubblico, con tanto di pupazzi e martelli a passo d’oca

La scaletta è fedelissima al disco: una dopo l’altra si susseguono canzoni che tutti sanno a memoria, ma che quasi nessuno canta, forse per non spezzare l’incantesimo che l’artista inglese ed i suoi stratosferici musicisti stanno creando col pubblico.

Pink floyd the wall: immagine del concerto di Roger Waters, che lo vede impugnare un mitra davanti al muro, vestito con un lungo cappotto di pelle nera
Foto di Tina Rossi ph

Another brick in the wall

Il muro, poi, non si limita a creare la voluta barriera tra la band e la platea: stavolta viene usato anche come mega schermo, dove vengono proiettate immagini, video, frammenti del film di Alan Parker e soprattutto, in occasione di “Mother” un trapasso spazio-temporale mai visto prima.

Mentre Roger Waters attacca gli accordi di chitarra acustica, solo, al centro dell’immenso palcoscenico, il muro, con un gioco di prestigio degno di Houdini, manda le immagini, perfettamente sovrapposte, del musicista ripreso all’Earls Court di Londra nel 1980 (per chi conosce bene i Pink Floyd, il famoso video di Roger Waters on stage con le cuffie Koss in testa).

“Confortably numb” invece è stata forse la canzone che ho maggiormente apprezzato: voce solista e chitarrista in cima al muro, a circa 20 metri d’altezza, impegnati uno negli struggenti versi del brano e l’atro in un assolo lancinante, che non ha davvero fatto rimpiangere David Gilmour.

E per finire l’apoteosi finale: il muro che crolla ed i musicisti che, con strumenti acustici cantano in coro “Outside the wall” tra il delirio del pubblico.

una scena dallo show The Wall dei Pink Floyd dove il maestro danza attaccato ai fili come un manichino
Foto di tina Rossi ph

Is there anybody out there?

Insomma, ha ragione chi dice che certi spettacoli siano imperdibili e che una volta visti si possa anche morire in pace: personalmente ho visto tanti concerti in giro per il mondo e parecchi resteranno per sempre nella mia memoria, i Genesis, con e senza Peter Gabriel, i Queen, Tina Turner, i Toto, gli U2, i Pink Floyd, senza Roger Waters.

L’elenco sarebbe lunghissimo, ma lo show di Padova sarà per sempre al primo posto della mia ideale classifica.

Ho avuto la fortuna di assistere ad una pietra miliare della musica rock, ma forse il termine è restrittivo, della musica contemporanea, che per le tematiche trattate e per i contenuti ha contribuito a cambiare il corso della storia, ha aiutato a liberare da un muro, persone di tutte le età, che con quel muro non volevano più averci a che fare.

Ho avuto la fortuna di assistere ad uno show che E’ storia.

“Outside the wall”

“Soli o a coppie – quelli che davvero ti amano – camminano sue giù fuori dal muro – qualcuno mano nella mano – qualcuno si riunisce in band – i cuori sanguinanti e gli artisti – fanno la loro comparsa – e quando hanno dato tutto ciò che potevano – alcuni barcollano e cadono – dopo tutto non è facile – sbattere il tuo cuore contro un muro di pazzi”

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.