Campbell’s Soup Cans, Andy Warhol e…i suoi pranzi

Campbell’s Soup Cans, o anche nota come Campbell’s Soup Cans 32. In pratica una riproduzione seriale di 32 immagini serigrafate di…lattine a rosse e bianche marca Campbell. Andy Warhol le realizza nel 1962, e in pratica rappresenta le 32 diverse varietà di zuppa Campbell presenti, in quel momento nei supermercati d’America.

Wharol pone in atto il più grande prestito che l’arte chiede alla cultura popolare. O, in altre parole, la musealizzazione di ciò che osserviamo passando tra le corsie di un supermercato. L’oggetto più banale del mondo, la zuppa in scatola, produzione Campbell’s Soup Company, diventa un’opera d’arte. All’epoca, Campbell’s vendeva 32 varietà di zuppe. E ognuna delle 32 tele di Warhol corrisponde a un sapore diverso.

una lattina Campbell scritta bianca etichetta rossa con scritta tomato in rosso e soup in marrone scuro

Pubblicità , l’anima del commercio

Sebbene Campbell’s Soup Cans assomigli alle pubblicità stampate prodotte in serie, le tele di Warhol sono dipinte a mano così come il motivo fleur de lys sul bordo inferiore di ogni lattina. Andy Warhol prende, dal suo lavoro di grafico pubblicitario, l’idea che animerà la pop art.L’America è il primo Paese ad aver fatto si che i consumatori più ricchi comprino le stesse cose dei consumatori più poveri. Guardi la televisione bevendo una Coca-Cola e sai che anche il Presidente beve la Cola.” Così dichiara Warhol quando espone Campbell’s Soup Cans nel 1962.

Le tele vengono dunque esposte, per la prima volta in quell’anno, alla Ferus Gallery di Los Angeles, di proprietà di Irvin Blum. Allestite allineate l’una accanto all’altra, proprio come prodotti sugli scaffali di un corridoio del supermercato. La mostra di Warhol, con trentadue tele in polimero sintetico su tela, ciascuna grande 51 cm × 41 cm, consacra così la pop art anche sulla costa occidentale degli Stati Uniti.

Campbell’s Soup Cans arriva al MoMa

Quattro anni dopo, precisamente nel 1966, l’opera è acquistata dal Museum of Modern Art (MoMa) di New York, dove è attualmente esposta. Warhol non ha mai fornito a nessuno indicazioni su come esporre le sue opere. Per cui il MoMa decide di ordinare le tele cronologicamente, secondo l’ordine di produzione delle zuppe da parte dell’azienda. Il primo gusto introdotto dall’azienda, nel 1897, è il pomodoro, ed è lui che apre, dunque, la serie.

In questo modo Warhol crea un collegamento molto stretto tra i suoi metodi di creazione artistica a quelli della pubblicitari. “Non penso che l’arte dovrebbe essere solo per pochi eletti – afferma-, penso che dovrebbe essere per la massa del popolo americano“.

andy wharol fotografato a mezzo busto in bianco e nero con il suo cane appoggiato al colllo
Andy Wharol in una foto d’epoca

Attacco al capitalismo?

Negli anni successivi Warhol torna a lavorare sulle zuppe in scatola, in una quasi infinita serie di varianti. Le accartoccia, le ingrandisce, le rimpicciolisce. Le minaccia anche con l’apriscatole. Qualche critico tenta di leggere il tutto come un attacco diretto al capitalismo alienante. Ma Warhol rifiutata categoricamente questa definizione, affermando di essere solo, nel bene o nel male, un grande amante della modernità americana.

Nello stesso anno in cui Campbell’s Soup Cans viene esposta per la prima volta Warhol fonda The Factory, il suo studio personale a Midtown Manhattan. The Factory, nel giro di pochi anni, diventa un vero e proprio punto di incontro di artisti e musicisti.  Mike Jagger, Bob Dylan e Lou Reed ne sono assidui frequentatori.

Alla domanda sul perché decise di dipingere queste lattine, Warhol rispose ironicamente:

“Sono state il mio pranzo quotidiano, ogni giorno. Per vent’anni”

Andy Wharol
Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla redazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva .Cura dal due anni la promozione della Fondazione Carlo Bossone,. Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".