Ciclo mestruale: a Milano il primo festival a tema

Dal 17 al 19 giugno a Milano, al Mare Culturale Urbano, al Nuovo Armenia e a Rob de Matt, un festival dedicato al ciclo mestruale. Ci avreste mai pensato che si sarebbe arrivati a tanto? E invece, eccolo qua. Certo, detto così fa un pò sorridere. A chi può venire in mente di fare un festival del genere? E perchè? Cui prodest?

Andiamo con ordine e cominciamo da Eva in Rosso.

Eva in Rosso


“Più della metà della popolazione mondiale sanguina ogni mese, eppure le mestruazioni rimangono uno dei più grandi tabù del XXI° secolo. Spesso l’argomento provoca imbarazzo, fastidio e l’invito a cambiare discorso. Da testimonianze dirette nasce una voce corale per creare consapevolezza tramite un’informazione libera e appassionata. Una nuova narrazione per dare la parola al silenzio. Eva In Rosso il podcast sul ciclo mestruale.

EvainRosso

Un podcast, anzi, il primo podcast sul ciclo mestruale. Una provocazione che nasce con il fine ultimo di spezzare il tabù sull’argomento e informare.

E dal podcast al festival è un attimo. Incontri, workshop, stand up comedy e musica. Come il festival della birra…rossa.

L’idea li per li stupisce, fa sorridere ed è con questo spirito che Valentina, Vania, Susanna, Chiara, Ottavio, Livia e Alessandra concepiscono il Primo Festival (Occidentale) del ciclo mestruale.

Ma ce n’era davvero bisogno, visto lo stato dell’arte? Ma qual è lo stato dell’arte?

Una vita, un ciclo

Lo “Stato” dell’arte è che, fino a un anno fa lo Stato imponeva l’Iva sugli assorbenti al 22%, come per i beni di lusso. Ciò significa che i prodotti dedicati non erano considerati come presidio sanitario ma esattamente come se stessimo acquistando una Ferrari o un Bulgari. Facendo due conti della serva, a 4/6 euro al mese per 12 mesi per 40 anni… Una donna spende nell’arco della vita, in media 3000 euro di assorbenti.

Consideriamo poi lo “stato” dell’arte. In “quei” giorni lo stato di una donna è subordinato al “problema”. Se fosse stato per mia madre, in “quei” giorni non bisognava assolutamente toccare le piante (sarei stata responsabile della morte della povera piantina), e bisognava stare rigorosamente lontano dall’acqua, anche e soprattutto quando si andava al mare. Non ho mai capito il perchè.

Io immaginavo la Novella Calligaris (oggi potete sostituirla con la Federica Pellegrini, se volete) che rinuncia alla gara mondiale solo perchè è in “quei” giorni. E io facevo il bagno lo stesso.

Poi c’è il mio amico Riccardo, che mi ricorda lo spot della Nuvenia. Ve lo ricordate?

Riguardiamolo insieme.

Il mio amico Riccardo mi dice:”ho sempre sbagliato fidanzata. Le mie in ‘quei’ giorni erano sempre tristi e arrabbiate. Avevano sempre mal di testa, non avevano voglia di uscire, gli uscivano i brufoli e di fare qualcosa non se ne parlava proprio. Mai che mi fosse capitato una paracadutista…

E infatti, in ‘quei‘ giorni, non è che una ha voglia di scalare a mani nude il Monviso o lanciarsi dal Picco del Diavolo col parapendio, ma è una donna e deve pur sempre fare tutto in casa, andare a lavorare, accudire i figli. Guai a dire “sto male” perchè i bestemmioni di capi ufficio e mariti precedono e succedono battute e risolini. Che ne sanno i maschi di disturbo disforico premestruale, di endometriosi, dei crampi allo stomaco e ai reni o delle emicranee. Tutte scuse.

That’s life.

The Woman in Red

L’argomento è stato per molti anni tabù, al punto che si sono trovati nomignoli, metafore e allegorie pur di non dover pronunciare queste due parole. All’epoca mia, poi, non c’erano i cellulari, whatsapp e le emoticon. Per cui la comunicazione era imbarazzatamente verbale. E come dire al fidanzato che non potevi…si insomma…. come fargli capire che…

Ci si vestiva di rosso. Si indossava un capo rosso e lui, l’uomo degli anni ’80, quello che non doveva chiedere mai, capiva. Così, quando ti veniva a prendere sotto casa (dei tuoi, ovviamente), tutto vestito figo in stile Don Johnson, con la mano in tasca dei suoi pantaloni bianchi perfettamente stirati da mammà, appoggiato alla sua fiammate Fiat Uno XL, e ti vedeva uscire dal vialetto con la camicetta o la gonna rossa, di botto la sigaretta che pendeva dal lato delle labbra come James Dean, cadeva come le torri gemelle.

A pensarci bene, certe cose meritano davvero un Festival.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”