Il cerastio, in allegra compagnia di mucche e topi

Con il cerastio, proseguiamo nell’approfondimento della famiglia botanica delle Cariofillacee. Come avrete notato negli articoli delle ultime settimane, non sono piante molto conosciute e non hanno spiccate doti fitoterapiche. Ma, proprio perché sono meno note della malva o della menta, ci fa piacere illustrarvele. Tra queste non poteva mancare il cerastio, che fu classificato come Cerastium arvense L.

Altro suo nome comune è peverina minore, che preferiamo non utilizzare perché crea confusione con la peverina comune. Così viene talvolta definita anche un’altra Cariofillacea, la Stellaria media L. o centocchio, di cui vi abbiamo già parlato in precedenza. Onde evitare fraintendimenti, preferiamo chiamare tale specie cerastio, dal suo genere in latino. Tuttavia, l’etimologia è piuttosto curiosa, perché fa riferimento… alle corna delle mucche! E ciò avviene perché il frutto, che è una capsula cilindrica, tende a curvarsi e ad assumere la forma di un corno bovino.

In greco, il corno si dice keras, termine da cui deriva, oltre alla parola cerastio, soprattutto la cheratina. Questa sostanza è presente in corna e zoccoli animali, ma pure nelle nostre unghie. In inglese, il cerastio si traduce con l’espressione Field Mouse-ear, che significa “orecchio del topo di campagna”. C’è, dunque, qualcosa nella pianta che assomiglia a un orecchio di topo? Nella forma, no: è piuttosto la fine peluria lanuginosa che ne ricopre le foglie a ricordare al tatto la pelliccetta sottile delle orecchie del topo.

Il cerastio - tanti fiori bianchi con petali lunghi, simile alle margherite,
Foto di Cornell Frühauf da Pixabay

Qualche curiosità irlandese

In Irlanda, facendo riferimento alla definizione inglese, le hanno coniato il lungo nome gaelico di Cluas luchóige mhóinéir, ossia “orecchia del giovane topo di prateria”. Nell’Isola di Smeraldo, è una pianta autoctona, sebbene sia rara e diffusa soprattutto nel Burren (County Clare) e a nord della contea di Dublino. Come habitat, richiede infatti terreni aridi e rocciosi e leggermente acidi. Ma sono necessari anche il clima temperato e i venti secchi e asciutti, che ottimizzano la dispersione dei semi.

Difficilmente il cerastio attecchisce dove non si verificano queste condizioni. Come il centocchio e la spergola, fu introdotto nell’alimentazione durante la Grande Carestia (An Gorta Mór) causata dalla peronospora della patata dal 1845 al 1851. I contadini lo usano ancora come foraggio per le pecore.

Il cerastio - tanti fiori bianchi con petali lunghi, simile alle margherite,
Foto di Bruno da Pixabay

Per conoscere meglio il cerastio

Si tratta di una pianta erbacea perenne, che non supera l’altezza di una trentina di centimetri. I suoi fusti sono di due tipi: quelli non fioriferi si sdraiano sul terreno mentre quelli fioriferi hanno portamento eretto. Le foglie sono tomentose, lineari, lanceolate, strette e, come spesso capita nella famiglia delle Cariofillacee, sono opposte.

I fiori sbocciano da aprile ad agosto e sono costituiti da una bianca corolla di 5 petali bifidi (in questo simili a quelli del centocchio). A differenza dei fiori di arenaria e spergola, i sepali sono più corti della metà rispetto ai petali. Come già anticipato, il frutto è una capsula cilindrica allungata e ricurva, caratterizzata da 10 denti all’apice.

I semi sono piccini, bruni e con minuscole protuberanze in superficie. In Italia, c’è circa un centinaio di specie che fanno parte del genere Cerastium. Tra queste, citiamo anche il Cerastium triviale L., che ha le foglie più corte e i petali bianchi del fiore lunghi quanto i sepali. A differenza del Cerastium arvense L., il Cerastium triviale L. è una pianta molto infestante, che invade i campi per la rapida dispersione dei semi. Per riconoscere con certezza le due specie in natura e tutte le altre del genere, occorre usare l’efficace strumento delle chiavi botaniche.

Foto di WikimediaImages da Pixabay

Consigliato nelle bordure assai più che nelle tisane

Come per tutte le Cariofillacee, i principali costituenti del cerastio sono rappresentati dalle saponine, che ad alte dosi sono tossiche. Per questo, ci possiamo anche preparare un tè casalingo con le sue foglie, ad azione diuretica, leggermente lassativa e antiinfiammatoria. Ma ci sono tante altre erbe con migliori proprietà e senza le stesse controindicazioni. Vi consigliamo piuttosto di utilizzare il cerastio come pianta ornamentale, perché il suo inserimento nei giardini rocciosi offre un magnifico effetto visivo. Anzi, viene impiegato in questo specifico uso da tanto tempo, dalla metà del XVII secolo, creando bordure fitte, compatte e ingemmate di bianchi fiorellini. L’unico accorgimento è di tenerne la coltivazione sotto controllo, perché il cerastio fa presto a trasformarsi in specie invasiva, come l’omonimo cugino triviale.

file rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale .

Foto copertina di Unverdrossen da Pixabay

Potrebbe interessarti anche:

La sagina: fiore di perla, foglia di baci stregati

L’arenaria, la piccola Cariofillacea che fa la spia

La spergola: l’ultima cena dell’impiccato preistorico

Il fior cuculo, simbolo di creatività e di coraggio

Il gittaione, il bel fiore che avvelena il grano

Cariofillacee: famiglia botanica dei garofani, per combattere la peste

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.
Logo Radio