Il loglio, nella celebre parabola evangelica
Il loglio è senza dubbio la più famosa di tutte le piante infestanti. È una Graminacea ed è stata catalogata come Lolium temulentum L. È la maledizione delle coltivazioni cereralicole e dei campi di lino perché, come vedremo in seguito, è una delle poche Graminacee a essere tossica. E nel corso dei secoli ci sono stati numerosi avvelenamenti, se il suo seme nocivo non è stato separato dal grano buono, dopo la mietitura.


È assurto a simbolo del male: Gesù stesso gli ha dedicato una celebre parabola, riportata nel Vangelo di san Matteo, nel XIII capitolo. Si tratta infatti della parabola della zizzania, che altro non è se non il nostro loglio! La zizzania è la malerba seminata dal diavolo in mezzo al grano del regno dei cieli. Per non rischiare di estirpare le piante prodotte dal seme buono, insieme con essa, zizzania e frumento cresceranno insieme sino alla mietitura. Solo allora accadrà quanto indica il Vangelo:
“Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”.
Il significato è evidente: nel mondo, bene e male convivono. Le persone cattive sono la zizzania, i buoni invece il grano. I cattivi non vengono puniti subito, nella speranza che si convertano e scelgano infine il bene, rinunciando alle loro azioni malvage. Ma alla fine dei tempi, che nella parabola costituisce la mietitura, i cattivi finiranno tra le fiamme dell’inferno, come la zizzania. I buoni, all’opposto, otterranno il premio eterno in paradiso, come il grano riposto nel granaio.


Perché proprio il loglio, nell’almanacco medioevale di luglio?
È piuttosto curioso il fatto che nel Medioevo, epoca storica fortemente influenzata dal Cristianesimo, si sia scelta la zizzania da inserire tra le piante dell’almanacco. A dire il vero, i contadini ne avevano un sacro terrore, sia per quello che ascoltavano in chiesa, sia perché rovinava loro il raccolto. Tuttavia, venivano attribuite al loglio anche virtù curative.
Secondo la medicina popolare dell’epoca, esso contrastava i malanni con cui satana vessava la vita quotidiana dei fedeli, come la sciatica. Nel trattato in esametri De viribus herbarum (prima metà dell’XI secolo), attribuito a Odone di Meung, la sciatica viene curata in modo piuttosto stravagante.
Si fa bollire il loglio nell’idromele, con aggiunta di croco e di incenso e si applica l’impacco direttamente sulla coscia dolorante. Odone di Meung suggerisce pure un sistema per far suppurare le scrofole. In questo caso, il loglio era cotto con sterco di colomba, zolfo vivo e semi di giglio, a comporre un cataplasma da mettere sul collo. Infine, secondo lui, il metodo infallibile per far partorire le donne gravide, quando il bambino tardava a nascere, era quello di sottoporle a suffumigi di loglio. È importante notare che, comunque, il loglio era impiegato in uso esterno, segno che la sua tossicità era nota anche allora.


Una credenza sulla zizzania, in Irlanda
In alcune contee irlandesi, c’era una tradizione legata alla festa dei santi apostoli Pietro e Paolo (29 giugno). Al tramonto, dopo i primi vespri della vigilia, si mandava la donna più anziana del villaggio nel campo di grano più vicino alla chiesa. Se in esso avesse trovato una pianta di loglio, doveva strapparla e portarla in chiesa, per essere bruciata ai piedi dell’altare. Questo piccolo rito contadino pare che riuscisse a far sparire la zizzania da tutti i campi prossimi al raccolto. In ogni caso, era un augurio simbolico per una buona mietitura.


Una breve descrizione botanica
Il loglio è una pianta originaria del bacino del Mediterraneo che, quale habitat, predilige i campi coltivati a cereali. Si tratta di una specie annua, erbacea, piuttosto cespitosa, alta sino a 80 centimetri. I fusti sono eretti, rigidi e robusti. Le foglie sono lineari, a nervature parallele, munite di una guaina scabra.
I fiori, che sbocciano tra giugno e agosto, sono ermafroditi, raccolti in una spiga allungata e rossastra. Essa è munita, a sua volta, di spighette sessili che, a maturità, divergono rispetto all’asse della rachide. Ognuna di queste spighette contiene 5-8 fiori, caratterizzati da una sola gluma esterna (tranne il fiore apicale, che ne ha due) a 5 nervi. Il frutto è una cariosside allungata, con solchi superficiali e trasversali.


Un veleno, pur con qualche impiego omeopatico.
La zizzania non è solo dannosa ai raccolti ma, se è ingerita, è pure velenosa. Anzi, è una delle rare Graminacee tossiche, dato che le altre specie di questa famiglia botanica sono quasi tutte utili e salutari. Del resto, Gesù non la scelse a caso, per rappresentare nella parabola il male seminato dal diavolo. La sua tossicità dipende dalla simbiosi con un fungo che attacca il seme e che vi intreccia sotto il tegumento un fitto reticolato di ife. Tale fungo passa poi nel germoglio della nuova pianta senza interferire con la sua attività vitale, in una sorta di simbiosi ereditaria. Non è un parassita, perché gli individui attaccati dal fungo sono più resistenti e vigorosi dei pochi rimasti indenni.


Le cariossidi contaminate contengono temulina, che è un alcaloide, un glucoside amaro, acidi grassi, cera e tannino. La temulina è un veleno potente, capace di uccidere per paralisi respiratoria e motoria piccoli mammiferi. Se ingerito inavvertitamente dall’uomo (cosa che può avvenire se restano semi di loglio tra quelli di grano), attacca il sistema nervoso centrale. Provoca vertigini, cefalee, disturbi della parola, della memoria, della vista, dell’udito, tremori, ipotermia e coma. Può causare anche la morte del soggetto intossicato, se non viene soccorso in modo tempestivo con una lavanda gastrica.
La medicina omeopatica ha provato a trasformare la zizzania da cattiva a buona, utilizzandone la tintura per disturbi del sistema nervoso centrale e periferico. È stata pure studiata come rimedio per gotta, reumatismi e crampi allo stomaco. Premesso che solo un medico può prescrivere un simile farmaco omeopatico, i risultati ottenuti sono piuttosto scarsi, tanto da non giustificarne l’uso. Resta un’erba molto cattiva che, da duemila anni, incarna tutto il male del mondo.
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