La calla, in memoria degli eroi dell’ Easter Rising 1916, a Dublino

La calla, ovvero Lile na Cásca degli irlandesi

La calla, in Irlanda, è Lile na Cásca – o Easter lily – che traduciamo come “giglio di Pasqua”. È un simbolo. È il fiore che ricorda il sacrificio degli intellettuali di Dublino che il 24 aprile 1916 insorsero, coinvolgendo nella rivolta un migliaio di persone. Era il Lunedì dell’Angelo, quell’anno, per questo la rivolta è conosciuta come Easter Rising 1916. Trasse origine da un azzardo. La Gran Bretagna, infatti, stava combattendo la Prima Guerra Mondiale sul continente europeo e aveva lasciato sgombre di soldati le caserme che presidiavano Dublino. Tutti gli uomini erano stati spostati nelle trincee scavate per impedire l’avanzata delle truppe austro-prussiane. C’erano anche molti irlandesi, che si erano arruolati volontari nella speranza che, in cambio, il Regno Unito concedesse loro la tanto sospirata Home Rule, ossia l’autonomia.

infiorescenze della calla
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Ma gli intellettuali di Dublino – erano musicisti, poeti, romanzieri, professori di liceo – pensarono di approfittare della situazione e d’impossessarsi con un colpo di mano della città sguarnita di soldati. Alle ore 12 in punto, davanti al General Post Office, proclamarono la Repubblica. Purtroppo i rinforzi agli ordini del generale Lowe giunsero dalla vicina Gran Bretagna già due giorni dopo, il mercoledì. Tutti gli insorti, tramontato il loro sogno d’indipendenza, furono costretti ad arrendersi tra il venerdì e il sabato dell’Ottava di Pasqua. Eppure, grazie al loro esempio, “Una terribile bellezza è sorta”, come scrisse il Premio Nobel William Butler Yeats nella poesia Easter 1916. Giudicati dalle corti marziali, sedici tra i capi della rivolta furono fucilati nei primi giorni di maggio.

disegno da erbaio di una calla con frutti e fiori
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L’iniziativa femminile nel decennale dell’Easter Rising

Durante i giorni dell’Easter Rising e poi con le successive condanne a morte, persero la vita oltre 250 irlandesi. E le loro famiglie rimasero senza alcun sostegno economico. Nel 1926, nel decennale della rivolta, quando l’Irlanda era Stato Libero già dal 1922, furono i membri del Cumann na mBán (Società delle Donne) a intervenire. Si fecero carico delle famiglie degli eroi di allora, vendendo un fiore simbolico all’uscita di tutte le messe celebrate per Pasqua. Serviva a ricavare fondi da destinare alle vedove e agli orfani. Fu scelta la calla, perché era chiamata Easter lily.

primo piano di una splendida calla completamente aperta su fono verde brillante
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Spontanea in Irlanda come specie palustre, anche se rara, cominciava a fiorire proprio ad aprile. Inoltre era un tributo alla memoria di coloro che erano morti perché una leggenda cristiana narra che la calla nacque dalle lacrime e dal dolore di Eva, dopo la cacciata dal Paradiso Terrestre. Fiore di pianto, fiore di purezza e di amore eterno, nel linguaggio dei fiori. Spesso scelto per adornare l’altare delle spose, qui divenne il simbolo di chi aveva dato la propria vita per una nuova Irlanda. Nelle parrocchie più povere, la calla fu talvolta sostituita da un fiore di carta che la riproduceva. Ma continua a essere proposta ancora oggi nelle messe della settimana di Pasqua. A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, fu creato un logo specifico e il distintivo metallico che tanti irlandesi indossano nelle ricorrenze patriottiche.

primo piano di folgie molto grandi a cuore verde smeraldo su terriccio
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Simbolo di maternità per i greci e di virilità per i romani

Nota sin dall’antichità, i greci diedero alla calla il nome della bellezza, dato che deriva dall’aggettivo kalòs. Secondo il mito, era sbocciata dalle gocce di latte materno cadute a terra dal seno della dea Era. Veniva dunque donata alle spose affinché il loro matrimonio fosse fecondo, con la nascita di molti figli. I romani videro invece nella sua forma a spada un chiaro simbolo di virilità e di coraggio guerriero.

immagine di calla spigafiorifera
calla spiga fiorifera immagine licenza CC

La calla “nostrana”

Anche se siamo abituati a vedere la calla dai fioristi e a identificarla con la Zantedeschia aethiopica Spreng., di origine africana, esiste pure una calla nostrana. Appartiene alla famiglia delle Aracee, è detta calla palustre ed è stata classificata come Calla palustris L. È rara, come anticipato, in gran parte protetta ma presente in terreni paludosi dell’Europa centrale e settentrionale, del Nord America e dell’Asia. Raggiunge un’altezza di una trentina di centimetri e ha un rizoma rampicante dal quale principiano i peduncoli delle foglie, che hanno forma cordata e arrotondata.

C’è poi la spata, un falso fiore, che in realtà è la foglia terminale degli steli fioriferi. Essa ci appare come una brattea del tutto bianca, ben distesa e ovata. Essa circonda la spiga fiorifera vera e propria, composta da piccoli fiori androgini spogli, che spuntano da aprile ad agosto. I frutti sono bacche dal colore rosso acceso.

la calla immagine con il fiore pieno di frutti a bacca rossa
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Un potente veleno ma anche un rimedio omeopatico

La calla non ha alcun tipo di uso fitoterapico. E ci mancherebbe altro: è pericolosissima ed è una pianta velenosa! Ha addirittura un’azione corrosiva sulla pelle e sulle mucose. Anche chi la coltiva in vaso, in casa o in giardino, deve fare attenzione che non venga in alcun modo ingerita da bambini o da animali domestici. Un tempo, tuttavia,  ne veniva mangiata la radice all’occorrenza, perché si era convinti che fosse un antidoto contro il morso dei serpenti, con risultati nefasti.

Tra i principi attivi del rizoma c’è un’alta concentrazione di ossalato di calcio. Lo indichiamo perché, nelle opportune preparazioni prescritte da un medico competente, in omeopatia è un rimedio prezioso. Non vi salverà dal morso di una vipera ma sicuramente vi gioverà quando avete il raffreddore o siete a letto con l’influenza.

una calla ripresa con contrasto di luci e ombre sul fiore aperto
Calla palustris (water arum, wild calla), licenza imamgine CC

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.