La silene, il fiore paciocccone delle miniature e della cucina medioevali

La silene, tra le piante di giugno nell’almanacco medioevale

La silene oggi è una pianta comune, in campagna, cui noi moderni non diamo molto peso. Eppure, nel Medioevo, era assai apprezzata e ricercata. Il suo fiore panciuto, assai particolare e riconoscibile, era spesso riprodotto nelle miniature degli antichi codici monastici. Ma anche tessuto negli arazzi e dipinto dai pittori nelle scene di vita quotidiana. Perché, allora, faceva parte degli alimenti che si impiegavano abitualmente in cucina.

Raccolta dai contadini nei prati, era addirittura venduta al mercato e acquistata per preparare zuppe, frittate e contorni per i piatti di carne. Ancora a inizio del XX secolo, la silene compariva sui banchi del mercato di Torino, in primavera. Ci viene riferito dal professor Oreste Mattirolo, che fu presidente della Regia Accademia di Agricoltura e direttore dell’Istituto Botanico dell’Università del capoluogo sabaudo. Lo troviamo infatti scritto nel suo libro “I vegetali alimentari spontanei del Piemonte”, edito da Lattes nel 1919.

fiori di silene rosa con sfondo montano

Le origini mitologiche del nome

Pare che la silene sia stata chiamata così in onore di Sileno. Nella mitologia greca, fu il precursore di Dioniso, che allevò prima di perdersi in un viaggio verso la Frigia: era l’agreste divinità del vino e dell’ebbrezza. Secondo i latini, da lui discesero sia i satiri, sia le ninfe. Era spesso rappresentato ubriaco, calvo, irsuto e piuttosto corpacciuto.

Il fiore della silene, che è rigonfio, lo ricorda dunque nell’aspetto. È “un fiore pacioccone”, secondo l’espressione di un’altra brava erborista piemontese, Elda Peletta (1938-2000), tratta dal libro “Erbe selvatiche nella cucina” (Musumeci, 1981).

un bellissimo prato verde tenero con steli di silene

 I petardi degli allegri ragazzi irlandesi

Nelle Isole Britanniche, la silene non s’incontra così facilmente come nell’Europa continentale. In Gran Bretagna è piuttosto rara: il nome inglese è campion ma è meglio nota come Robin flower. È quindi il fiore che si nasconde nei boschi come Robin Hood. In Irlanda, è già un po’ più diffusa e in gaelico si traduce come An Coireán. Un tempo, qui la facevano saltare insieme con il bacon, per colazione, ed era la beniamina dei bambini. Nel periodo della fioritura, essi speravano di trovarne qualche ciuffo, sulla strada verso la scuola. La raccoglievano e la tenevano nascosta. Perché i più monelli la facevano poi esplodere quale petardo, durante le lezioni.

Bastava battersi i fiori panciuti sul polso per ottenere il rumore di un piccolo scoppio. Affinché non succedesse più, si cercò di dissuaderli con una diceria: raccogliere i fiori della silene avrebbe provocato l’imminente morte di un genitore. Se strappavano la silene rossa (silene dioica), sarebbe presto morta la mamma; se invece strappavano quella verdina (silene inflata) sarebbero stati orfani del padre. Dato che i ragazzi continuarono imperterriti con i loro rustici petardi, la silene può assolutamente essere sollevata dalla colpa di causare lutti in famiglia!

stelo

La silene e l’astuzia dei calabroni

La silene appartiene alla famiglia botanica delle Cariofillacee e ha una tripla classificazione: Silene inflata L., Silene cucubalus Behen L. e Silene vulgaris L. Ma sostanzialmente è la stessa specie. È diffusa in buona parte d’Europa ed è una pianta erbacea perenne, che attecchisce con facilità anche nei campi coltivati. Ha un’altezza compresa tra 30 e 90 centimetri.

Presenta fusti glabri ed eretti e le foglie ovali, carnose e lanceolate sono opposte e disposte a coppia. I fiori sbocciano tra marzo e agosto e, rispetto allo stelo, sono penduli. I sepali sono uniti a formare un tubo verde pallido, gonfio come un palloncino, assai più evidente della corolla stessa. Essa è biancastra, con petali profondamente lobati, dalle minute linguette.

prio piano dei fiori con piccoli petali bianchi licenza cc
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Il polline è ben custodito nel calice rigonfio e tanto le api quanto le farfalle notturne, dalla lunga proboscide, faticano a raggiungerlo. I più furbi sono senz’altro i calabroni, che hanno escogitato un sistema infallibile per appropriarsene. Riescono a bucare il calice panciuto alla base e lo estraggono dal foro. I fiori così attaccati difficilmente recheranno un frutto. La capsula matura è globosa e, nella parte superiore, ha sei punte rivolte verso l’esterno

grappolo di frutti maturidi silene prio piano

Un’erba da studiare

La silene ha un utilizzo piuttosto limitato, in fitoterapia, anche se ha principi attivi tali da meritare uno studio più approfondito. Contiene, infatti, gli acidi organici erucico, linoleico, linolenico, oleico, palmitico e stearico, mucillagini, sali minerali, vitamine (soprattutto vitamina C) e saponine. Ne conseguono proprietà emollienti, depurative, diuretiche e antiossidanti.

La droga medicinale è costituita dalle foglie e la tisana si prepara ponendone due cucchiai rasi in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si tiene in infusione per una decina di minuti. Si filtra e si dolcifica a piacere. Si bene lungo la giornata, proprio come se fosse un tè, meglio non dopo i pasti per la presenza di mucillagini.

boccioli
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Una ricetta monferrina

Il modo migliore per assumere la silene è, tuttavia, quello alimentare. Il già citato Oreste Mattirolo ne definiva “squisitissimi” i giovani germogli e li consigliava in insalata o cucinati come gli spinaci. Anche le foglie sono un ghiotto ingrediente. Vanno raccolte a inizio stagione, quando sono molto tenere e formano una specie di rosetta basale, prima che montino gli steli.

piccoli germogli licenza imamgine cc
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Nel suo libro, Elda Peletta trascrisse un’antica ricetta delle campagne del Monferrato, zona in cui la silene ha il nome dialettale di cujet. La silene al lardo si prepara procurandosi 4 manciate di foglioline tenere già lessate, 2 spicchi d’aglio, una fettina di lardo, 3 cucchiai di conserva di pomodoro e 2 cucchiai d’olio. Si fa indorare l’aglio nell’olio e poi si aggiungono il lardo tritato e la silene. Si fa cuocere per 5 minuti, si regola di sale, si unisce la conserva di pomodoro e si mescola ogni tanto per qualche minuto ancora. E buon appetito!

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Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.