L’elleboro nero, la rosa di Natale e le capre di Melampo

L’elleboro, Melampo, le capre e le figlie impazzite del re Preto

L’elleboro deve la sua fama a un mitologico medico greco chiamato Melampo. Ci viene tramandato che fosse anche un indovino e che avesse la capacità di dialogare con gli animali. Melampo si accorse che il latte delle capre che brucavano l’elleboro acquisiva proprietà curative. Agiva in particolare sulle persone affette da follia, riportandole alla calma e restituendo loro l’equilibrio mentale. Secondo la leggenda, sperimentò questo latte portentoso sulle tre bellissime figlie di Preto, il re di Argo e di Tirinto. Per l’invidia della dea Era, che non tollerava il loro aspetto soave, ammattirono.

Altre fonti riportano che le tre Pretidi persero il senno per colpa di Dioniso, perché si erano rifiutate di partecipare a culti dionisiaci. In ogni caso, esse erano pazze al punto di credersi giovenche e di aggirarsi nude per la campagna mugghiando. Melampo le risanò del tutto facendo bere loro il latte delle capre che si cibavano di elleboro. In ricordo di questo mito, ancora oggi l’elleboro nero nel linguaggio dei fiori aggiunge a un bouquet una piccola nota di follia o di esuberanza.

un vaso pieno di fiori delicati bianchi di elleboro

Il culto dei greci e il parere di Plinio

Il mito delle tre Pretidi convinse i greci che l’elleboro avesse in sé qualcosa di magico, anche per la difficoltà di estrarne la radice dal terreno. Inventarono un rito, per riuscirvi: con la punta della spada tracciavano un cerchio intorno alla pianta. E mentre le radici venivano tirate fuori dal terreno, mangiavano aglio e recitavano preghiere ad Apollo e a Esculapio. Nel considerare quest’erba, Plinio dedusse che Melampo usasse in realtà due tipi di elleboro, uguali nell’aspetto ma dalle radici differenti. Quello con le radici nere era assai velenoso, tanto da uccidere buoi, maiali e cavalli. L’altro tipo, con le radici bianche, che cresceva secondo lui sulle pendici del monte Eta, in Tessaglia, era invece curativo.

una pianta che spunta da una roccia

La rosa di Natale in Europa e in Irlanda

L’elleboro nero ha fiori spettacolari che sbocciano in inverno, anche in mezzo alla neve, quando non ci sono altri fiori. Con l’avvento del Cristianesimo, per la somiglianza della sua corolla a 5 petali con la rosa, divenne la rosa di Natale. Nel Medioevo, era il fiore straordinario da offrire a Gesù Bambino che nasce. In Irlanda, le piantine di elleboro nero venivano collocate a lato della porta di casa. Se fossero fiorite per Natale, sarebbe stato un segno benedetto. Sarebbe stato il benvenuto a Gesù in quella famiglia: Welcome Christ into your home. Ma venivano poste pure presso le stalle, per custodire il bestiame da streghe e spiriti dispettosi.

La caccia con l’arco si diffuse tardi nell’Isola di Smeraldo, perché quest’arma fu introdotta solo con la conquista anglonormanna (XII secolo). Da allora, gli irlandesi cominciarono a strofinare succo di elleboro sulle punte delle saette. Ritenevano che avrebbe reso la selvaggina più tenera. Sicuramente, essendo una specie velenosa, ne avrebbe reso le carni un po’ meno salutari…

piccoli fiori in primo piano bianchi e rosa perla

Il meraviglioso elleboro nero in breve

La rosa di Natale appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee e, per il suo rizoma ramoso moro, è stata catalogata come Helleborus niger L. Predilige come habitat i boschi di latifoglie, è una pianta perenne dalle grandi foglie pedato-composte, ossia formate da 5-9 segmenti ciascuna. Gli scapi, alti sino a 30 centimetri, recano fiori singoli, dal diametro che può raggiungere i 10 centimetri. Le corolle a cinque petali (ovvero sepali petaloidi), dal colore madreperlaceo che muta dal bianco, al verde, al rosato, sbocciano tra dicembre e febbraio. Il frutto è circondato da un calice persistente e contiene numerosi piccoli semi oblunghi, dal guscio crostoso.

foglie di elleboro in primo piano verde lucido

Una pianta velenosa che esige estrema prudenza

L’uso terapeutico dell’elleboro nero, che è specie velenosa, è assolutamente sconsigliato, se non sotto strettissimo controllo medico. La droga è rappresentata dal rizoma, che contiene due glucosidi: l’elleboreina, con funzione cardiotonica analoga a quella dei glucosidi digitalici, e l’elleborina (saponina). Altri principi attivi solo l’acido aconitico, il fosfato potassico, il glucosio e alcuni alcaloidi.

Più rassicurante è l’impiego come rimedio omeopatico: i medici lo prescrivono con buoni risultati in caso di debolezza cardiaca, di ritenzione idrica e di psicosi (Melampo insegni!). Come già detto la scorsa settimana per il ciclamino, la più grande virtù della rosa di Natale è la sontuosa bellezza, da ammirare quale dono prezioso. A dispetto della sua natura velenosa, ci rallegra il cuore e ci restituisce il buon umore.

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.