La nigella, la vergine del bosco che causò la morte di un imperatore

La nigella alla Crociata dei Re

La nigella è un’erba medicinale e non un veleno, eppure la tradizione vuole che sia indissolubilmente legata alla morte dell’imperatore Federico I detto il Barbarossa. Per comprendere che cosa accadde, facciamo un passo indietro. Nell’ottobre 1187 Gerusalemme venne riconquistata dal Saladino, sultano musulmano di Damasco e del Cairo. Allora tutta la cristianità si mobilitò prontamente per liberare il Santo Sepolcro. Enrico II d’Inghilterra e Filippo II Augusto di Francia, che erano in guerra, stipularono addirittura una pace frettolosa, pur di combattere insieme contro il Saladino. Venne indetta la Terza Crociata, che fu detta Crociata dei Re. Si schierarono infatti Riccardo Cuor di Leone (il padre Enrico era nel frattempo morto), Filippo di Francia e l’imperatore del Sacro Romano Impero Federico I Hohenstaufen. Il contingente più importante (circa 20000 uomini) partì proprio dalla Germania nel maggio 1189. 

immagine di Federico Barbarossa secondo lo stiile bizantino di icona. fa parte delle leggende della nigella
l’imperatore Federico Barbarossa – immagine licenza CC

Federico Barbarossa era quasi settantenne, regnava da ormai 33 anni eppure fu uno dei più accesi promotori della crociata stessa. Non essendo in buoni rapporti con l’impero bizantino, egli mosse il suo esercito prima verso lo stretto dei Dardanelli e poi verso la catena montuosa del Tauro. Qui in Cilicia, il 10 giugno 1190, ordinò al suo esercito di guadare il fiume Kalikadnos. L’acqua arrivava appena alla cintola dei soldati eppure l’anziano imperatore, gravato dalla pesante armatura, vi morì annegato. Le cause del decesso, considerato che Federico era anziano e assai affaticato, furono attribuite a un infarto. Si ipotizzò pure una congestione, perché si presume che fosse piuttosto accaldato quando entrò nel freddo dei flutti.

particolare interno del fiore con pistilli

La leggenda della Vergine del Bosco

Eppure, tra i soldati tedeschi, si diffuse subito la certezza che la misteriosa morte del sovrano fosse dovuta a un fiore sconosciuto. Esso sbocciava sulla riva del fiume e Federico lo teneva saldo nel pugno, quando fu recuperato il suo cadavere. Alcuni tra i testimoni dell’annegamento raccontarono di una meravigliosa fanciulla che era comparsa davanti all’imperatore. Federico, affascinato dalla sua bellezza di bagnante, l’aveva rincorsa, ma lei si era spinta in mezzo alle acque del Kalikadnos. L’aveva inseguita anche in mezzo alla corrente, ma quando aveva tentato di agguantarla lei, così pura e vereconda, si era trasformata in un elegante fiore. Federico era caduto in avanti con il fiore in mano e non era stato possibile salvarlo. I suoi uomini ormai allo sbando – la maggior parte di essi fece ritorno a casa – vollero chiamare il fiore mai visto prima vergine del bosco. In ricordo della fanciulla che aveva stregato il cuore dell’imperatore.

fiore azzurro a ruota della nigella

L’erba di santa Caterina

Anche i crociati inglesi e francesi s’imbatterono nel fiore di Federico Barbarossa. Gli inglesi lo chiamarono virgin of the grove perché avevano appreso la leggenda sulla strana morte dell’imperatore. Ai francesi, più fantasiosi, il fiore circondato dalle sue brattee suggerì un collegamento con il martirio di santa Caterina d’Alessandria. Ne ricordava infatti la terribile ruota dentata del supplizio. Così divenne la fleur de sainte Catherine. In ogni caso, tanto gli inglesi quanto i francesi, alla fine della rovinosa crociata ne portarono i semi in patria. E la vergine del bosco divenne pianta coltivata in Europa grazie alla facilità d’adattamento a clima e ambiente differenti. 

fiore a ruota della nigella bianco e spettacolare su fono scuro di arbusti

La nigella nell’antichità

In realtà, quest’erba era nota come nigella sin dall’antichità, ben prima che arrivassero i crociati in Terra Santa. I semi neri – nigella deriva appunto dall’aggettivo latino niger a essi riferito – erano assai apprezzati dagli egizi. Ne ricavavano un olio prezioso che è stato addirittura rinvenuto in anfore della tomba di Tutankhamon. Ritrovamenti archeologici risalenti al XVII secolo a.C. dimostrano che i semi di nigella facessero parte dell’alimentazione degli ittiti. Si pensa che venissero mescolati al miele. Infine, nella Sacra Scrittura, li troviamo citati insieme con i semi di cumino nel libro di Isaia.

olio di semi neri di nigella dentro una brocca trasparente con semi accanto

La nigella arriva in Europa

Nel Medioevo, quando si diffuse in Europa la coltivazione della Nigella, i suoi semi venivano consumati come spezia ricostituente, spesso definita “cumino nero” o “grano nero”. Avendo uno spiccato sapore di fragola, entravano persino nella preparazione di dolci e biscotti. In Irlanda, come nella vicina Gran Bretagna, venivano aggiunti alle zuppe per le puerpere, per aumentare la produzione di latte materno. Zuppe analoghe erano somministrate a chi soffriva di parassiti intestinali o alle donne con mestruazioni irregolari. Gli uomini irlandesi, invece, preferivano utilizzare i semi di nigella per aromatizzare il whiskey e la birra.

campo di piccoli fiori bianchi di nigella

Un’essenziale descrizione botanica

La nigella sativa L. – specie affini sono la nigella damascena L. e la nigella arvensis L. – appartiene alla famiglia delle Ranuncolacee. È una pianta ornamentale originaria dell’Asia Minore e del Nord Africa, che si trova sporadica in Europa perché sfuggita alla coltivazione. È annua ed erbacea, con la radice a fittone e con il fusto eretto, piuttosto ramoso. Può raggiungere un’altezza di 40 centimetri circa e ha foglie pennate, suddivise in numerose lacinie lineari e divergenti. I fiori, che sbocciano tra giugno e settembre, sono solitari, posti alla sommità di un ramo, con cinque petali bianchi, sfumati d’azzurro. Il frutto a capsula rigonfia e verrucosa è formato da follicoli e contiene molti semi neri, lunghi un paio di millimetri, con tre spigoli longitudinali.

cpsula dlla nigella in un immagine suggestiva su fondo nero

Uso fitoterapico della nigella

La droga medicinale è rappresentata dai semi che, quali principi attivi, contengono la sostanza amara nigellina, alcaloidi, melantina, nigellone, timochinone, olio grasso e olio essenziale. La melantina dona alla nigella proprietà di diuretico e di emmenagogo. L’olio essenziale la rende invece un buon carminativo, adatto dunque in caso di aerofagia. La tisana si prepara ponendo un cucchiaio di semi in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia in infusione per un quarto d’ora. Si filtra, si dolcifica e si beve lungo la giornata come se fosse un tè dal gradevole sapore di fragola.

Dai semi si ricava un olio che, applicato sulla pelle, lenisce eczemi, dermatosi e scottature. Può essere anche ingerito, al posto della tisana, o usato come condimento. In ogni caso, non conviene mai eccedere nell’assunzione di nigella, per la presenza di alcaloidi propri delle Ranuncolacee, ma attenersi a un consumo limitato. Potrebbe infatti essere tossica a dosi elevate ed è per questo che già Isaia consigliava agli ebrei del suo tempo di coltivare grano e non nigella!

può interessarti leggere anche

Maura Maffei
Maura Maffei
Maura Maffei è da trent’anni autrice di romanzi storici ambientati in Irlanda, con 17 pubblicazioni all’attivo, in Italia e all’estero: è tra i pochi autori italiani a essere tradotti in gaelico d’Irlanda (“An Fealltóir”, Coisceim, Dublino, 1999). Ha vinto numerosi premi a livello nazionale e internazionale, tra i quali ci tiene a ricordare il primo premio assoluto al 56° Concorso Letterario Internazionale San Domenichino – Città di Massa, con il romanzo “La Sinfonia del Vento” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2017) e il primo premio Sezione Romanzo Storico al Rotary Bormio Contea2019, con il romanzo “Quel che abisso tace” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza, 2019). È a sua volta attualmente membro della Giuria del Premio Letterario “Lorenzo Alessandri”. Il suo romanzo più recente è “Quel che onda divide” (Parallelo45 Edizioni, Piacenza 2022) che, come il precedente “Quel che abisso tace”, narra ai lettori il dramma degli emigrati italiani nel Regno Unito, dopo la dichiarazione di Mussolini alla Gran Bretagna, e in particolare l’affondamento dell’Arandora Star, avvenuto il 2 luglio 1940, al largo delle coste irlandesi. In questa tragedia morirono da innocenti 446 nostri connazionali internati civili che, purtroppo, a distanza di più di ottant’anni, non sono ancora menzionati sui libri di storia. Ha frequentato il corso di Erboristeria presso la Facoltà di Farmacia di Urbino, conseguendo la massima votazione e la lode. È anche soprano lirico, con un diploma di compimento in Conservatorio. Ama dipingere, ha una vasta collezione di giochi di società e un’altrettanto vasta cineteca. È appassionata di vecchi film di Hollywood, quelli che si giravano tra gli Anni Trenta e gli Anni Sessanta del secolo scorso. Tra i registi di allora, adora Hawks, Leisen e Capra. Mette sempre la famiglia al primo posto, moglie di Paolo dal 1994 e madre di Maria Eloisa.