Io c’ero quel 4 Gennaio 1979 al Palasport di Torino. Non ero ancora maggiorenne e per convincere i miei a lasciarmi andare a vedere la PFM, sudai sette camicie.
L’occasione era troppo ghiotta (i miei genitori cedettero per sfinimento), e pieno di curiosità: il mio gruppo preferito, quella che ancora chiamavo Premiata Forneria Marconi, del quale avevo tutti i dischi, insieme ad un cantautore che adoravo; sono sincero, lo “passavo” raramente per radio (all’epoca facevo il Dee-Jay), ma che cantava cose in cui riuscivo a riconoscermi, nel chiuso della mia camera, con le cuffie in testa.


Il concerto lo ricordo bene, anche a distanza di quarant’anni, canzone dopo canzone, nota dopo nota: un insieme di parole e musica, un “cantagruppo” senza precedenti, come lo definì quella sera Franz Di Cioccio; una magia unica dove gli inventori del progressive italiano, si mettevano al servizio del poeta ribelle per eccellenza. La musica in favore della poesia, divulgata attraverso la canzone: arrangiamenti sublimi, mi viene da dire “rocchettari”, anche se è riduttivo, una performance strumentale di livello assoluto e naturalmente “lui”, Faber, chitarra, leggio, sigarette e microfono, a raccontare le sue storie da marciapiede. Grazie agli arrangiamenti di “Quelli”, le composizioni di Fabrizio acquisirono una prospettiva più ampia, una dimensione nuova, da cui sprigionare tutte le proprie potenzialità.


Uscii, uscimmo, quella sera, arricchito, arricchiti dal Palasport di Parco Ruffini, e consapevole, consapevoli, di aver assistito a qualcosa di unico e di irripetibile. E così è stato.
Il Tour
Poi, purtroppo Faber ci ha lasciati, la PFM ha continuato imperterrita a fare concerti e dischi, ma il ricordo di quel tour è rimasto ben impresso nella mente di tutti, soprattutto di chi è rimasto: già nel 2008 il tour “PFM canta De andrè” (compreso il relativo cd/dvd), ha riscosso un successo strepitoso; ma questo nuovo progetto “Pfm canta De Andrè – Anniversary” è stato, e sarà, apoteosi: concerti sold-out ovunque, tra cui tre spettacoli proprio a Torino, più uno già programmato per novembre (non si trova un biglietto neanche a pagarlo oro), dove “l’abbraccio fra rock e poesia”, come lo ha definito sempre Franz dal palco del teatro torinese, è più forte e più stretto che mai.


Uno show in tre parti: la prima quella più “cantautorale” che comprende “Bocca di rosa”, “La guerra di Piero”, “Andrea”, “Un giudice”, “Rimini” e “Giugno ‘73”; la seconda, introdotta da alcuni aneddoti sulla nascita della collaborazione, protagonista il Vermentino doc, che prevede l’intera esecuzione de “La buona novella” (AD 2010 version), ed una terza parte dedicata al ritmo e al progr, con “La canzone di Marinella” (delicata la scelta di utilizzare la voce di Faber, in una sorta di playback “ultraterreno”), “Zirichiltaggia”, “Volta la carta” e “Amico fragile”, secondo me, il momento più alto dell’intero show.


Immancabili i bis: “Il pescatore” come da copione ormai consolidato e poi un momento tutto “PFM” con “Celebration”, stavolta calza a pennello il titolo in inglese, completata da una rullatona, naturalmente di Franz, che porta direttamente allo stacco strumentale di “Impressioni di Settembre”, ormai una pietra miliare della musica italiana.
La band
La band naturalmente si è meritata la standing-ovation da parte del pubblico, non solo “over” a dire il vero, ma anche persone intorno agli “enta”, probabilmente figli di chi quella sera “c’era” (scusate la rima): inutile sottolineare e ribadire la classe e la tecnica della performance, anche da parte dei nuovi innesti nel line-up.
Rispetto al tour di quarant’anni fa mancano all’appello Francone Mussida e Roberto Colombo, ma Alessandro Scaglione (tastiere), Marco Sfogli (chitarre), Roberto Gualdi (batteria) e Alberto Bravin (tastiere, chitarra acustica e voce), si sono dimostrati assolutamente all’altezza e perfettamente integrati nel meccanismo; sempre più bravi, migliorano come il buon vino, Flavio Premoli (tastiere, fisarmonica), Lucio Fabbri (violino), Patrick Zivas (basso) e naturalmente Franz Di Cioccio (batteria e voce solista). Un applauso particolare a Michele Ascolese (chitarra acustica), storico collaboratore di Faber, in certi frangenti visibilmente emozionato.


Da Milano “QT8” all’Hotel Supramonte di Tempio Pausania, con fermata obbligatoria a Sant’Ilario, entroterra genovese: un viaggio lungo quarant’anni che ancora non è terminato, e che non terminerà, almeno a breve termine. Giusto così.
#stayalwaystuned