Domatori di pietre. Questi erano gli uomini che 3500 anni fa hanno costruito i più di settemila nuraghi della Sardegna. Innalzati dagli stessi uomini che erano anche tessitori, agricoltori e allevatori. Popolazioni che, proprio per queste costruzioni, è impossibile definire poco evolute. Ad oggi si conosce molto poco ancora sull’epoca nuragica, ma la tecnologia scientifica moderna può aiutare che a interpretare ciò che la Sardegna e i nuraghi hanno da raccontare.


Una costruzione a secco
Una tecnica di costruzione semplice: grandi pietre appoggiate le une sulle altre. Edifici che possono raggiungere altezze di oltre venti metri, con diametro alla base tra gli 8 e i 10 metri, e realizzati completamente “a secco”, quindi senza nessun tipo di legante. O meglio l’unico legante è l’equilibrio preciso che va a sfruttare il peso delle pietre. Man mano che si procede in altezza i filari di pietre si restringono progressivamente. Diminuisce anche la proporzione dei massi, che si fanno sempre più piccoli e meglio lavorati. La pietra è manovrata con tecniche a leva, oltre che con l’aiuto degli animali, di piani inclinati e interramenti. I nuraghi della Sardegna sono esemplari unici e mastodontici, opere di ingegneria preistorica che assumono un fascino molto coinvolgente.


I nuraghi della Sardegna: un lavoro imponente e lungo anni
Non esiste un monumento uguale a un altro, ma sono tutti accomunati dall’assenza di una base per come la si intende oggi per le costruzioni moderne. Gli “ingegneri nuragici” poggiavano semplicemente le pietre sul terreno e, se le caratteristiche morfologiche lo permettevano inglobavano la roccia naturale. Questo creava stabilità. Un lavoro imponente, una catena di montaggio che doveva impiegare molte persone con un lunghissimo tempo di realizzazione: si pensa fino a dieci anni.
“In alcuni casi il nuraghe è stato il riparo abitativo delle famiglie – spiega Riccardo Cicilloni, professore di Storia e Protostoria al Dipartimento di Lettere, Lingue e Beni Culturali dell’Università di Cagliari in un ‘intervista recente per ArcheoMagazine -. Ma studi territoriali hanno messo in evidenza che la funzione principale, prima ancora di quella difensiva, fosse di controllo del territorio. Un controllo che riguardava in maniera particolare le risorse economiche“. Troviamo quindi edifici civili (nuraghe Gianbasile a Sindia), signorili (Palazzo Zapata a Barumini) e ancor più frequentemente religiosi.


I nuragici, un popolo di agricoltori e allevatori
I nuraghi sorgevano in prossimità di corsi d’acqua e più costruzioni imponenti sottolineavano, si pensa, l’importanza di un clan. Un gruppo di famiglie che volevano dar risalto alla propria potenza, definendo così una linea di confine sulla proprietà del territorio. Attraverso lo studio dei resti ritrovati all’interno dei nuraghi sappiamo che, molto probabilmente, i nuragici non erano un popolo dedito alla caccia, quanto piuttosto all‘allevamento e all’agricoltura. Infatti si sono trovati, all’ interno degli edifici ,resti botanici e altri resti riconducibili al consumo di ovini e caprini seguito da suini e bovini. Sono pochi gli elementi alimentari che raccontano del consumo di animali selvatici.
“Capitava che vivessero dentro i nuraghi consumando cibi, macinando il grano, tessendo e accendendo fuochi – continua il professor Cicilloni -. C’era anche chi era esperto nella metallurgia e addirittura, con studi recentissimi, abbiamo appurato che rivestissero le anfore con cera d’api. Questo al fine di renderle impermeabili e consone alla conservazione dei liquidi come il vino”. Prevalentemente si trovano, comunque, in posizione dominante o in prossimità di approdi lungo le coste. Di frequente sorgono anche nel mezzo di pianure.


Le molte funzioni dei Nuraghi
La reale funzione delle costruzioni nuragiche della Sardegna è da secoli al centro di dispute. Le prime ipotesi sono di semplici torri oppure tombe monumentali. Poi, nel corso dei secoli sono stati considerati come case, ovili, luoghi sacri, tombe o osservatori astronomici. L’archeologo Ercole Contu sostiene, infatti, che le torri isolate sarebbero state degli avamposti mentre i complessi più articolati delle fortezze.
Durante le numerose epidemie e pestilenze che affliggono la Sardegna durante il corso dei secoli, i nuraghi sono usati come ossari o luoghi di sepoltura collettiva. Un’altra ipotesi vede, in questi edifici, una funzione prevalentemente astronomica. Dei veri e propri osservatori disposti sul territorio secondo precisi allineamenti con gli astri, abitati da sacerdoti astronomi. Lo studioso Franco Laner, nel suo saggio Accabadora:tecnologia delle costruzioni nuragiche fornisce questa risposta. “L’interrogativo conseguente è questo: qual è la funzione dei nuraghi? A me la domanda pare assolutamente mal posta, perché non è logico chiedersi quale sia stata la funzione di S. Antine di Torralba e, ipotizzando una risposta, estendere la stessa funzione a Su Idili di Isili. Insomma non è possibile che settemila costruzioni diverse avessero tutte la stessa funzione“.


Dove vedere i Nuraghi in Sardegna
Se si è in Sardegna è quindi impossibile rinunciare alla visita dei nuraghi. A partire da quelli meglio conservati come Su Nuraxi a Barumini e Santu Antine a Torralba. E poi ancora Nuraghe Losa ad Abbasanta, Nuraghe Cuccarada a Mogoro e La Prisgiona ad Arzachena. Non da meno Su Mulinu a Villanovafranca o Genna Maria a Villanovaforru.