Quando la medicina si serve dell’arte per arrivare all’anima
Il dr. Romano Ravazzani e il suo Ambulatorio dell’Arte. .


Metti una città Torino, stringi il campo sul quartiere Cit Turin, precisamente in via Vassalli Eandi 29. Ora entra nella sala d’attesa dell’ambulatorio del Dr. Romano Ravazzani, specialista in neuropsichiatria infantile e ginecologia. No, no, non sei un paziente, sei solo un visitatore. Ma devi entrare a occhi chiusi però, ora siediti. Aspetta qualche secondo, apri gli occhi. Sei nella galleria d’arte più incredibile che si possa immaginare, sei nell’ Ambulatorio dell’Arte.
Quadri, marionette, stampe…
Quadri di artisti contemporanei, marionette storiche di fine ‘800 di Daniele Lupi, pop art, frasi appuntate su un vecchio radiatore. E poi ancora pezzi da collezione dei personaggi della pubblicità di Carosello ormai sdoganata da vari anni come forma arte. Quindi via alle creazioni di Santo Alligo, Pietro Gallina e del modellista Armando Valcauda papà dei mitici Caballero e Carmencita, Pippo l’Ippopotamo, Don Chisciotte e Sancho Panza tutti facenti capo allo studio pubblicitario più famoso dell’epoca: Armando Testa. Stampe di La Linea di Osvaldo Cavandoli, il sorprendente Varano della sala d’attesa, opera del famoso studio di Michele Guaschino, giocattoli meccanici provenienti da ogni parte del mondo, orologi a parete anch’essi rigorosamente meccanici, ancora quadri, ancora oggetti, ancora colori, ancora arte.
Romano Ravazzani l’intervista al medico che cura con l’arte
“Le espressioni che fanno le persone quando entrano nel mio studio per la prima volta sono davvero incredibili – mi racconta ridendo Romano -. Sono stupefatte, si guardano intorno con aria meravigliata, incredula a volte anche smarrita. Guardano le pareti, poi guardano me, poi riguardano le pareti e non sanno cosa dire”.
È esattamente così. Le persone che entrano senza aver mai avuto modo di conoscere o aver sentito parlare dell’ambulatorio dell’Arte, devono superare un primo momento di stupore assoluto.
” Mi accorgo dai loro sguardi che si stanno chiedendo dove sono finiti – continua Ravazzani sempre ridendo -, ma che non hanno il coraggio di chiedermelo. A questo punto li rassicuro con un: non si preoccupi, lei si trova in uno studio medico, io sono un medico da più di venticinque anni, e questo è un luogo dove viene praticata medicina nel modo più tradizionale! Non so perché ma queste parole hanno sempre un effetto di immediato rilassamento! ”
Cosi conclude Romano continuando a ridere, forse ripensando a chissà quali e quanti volti stupiti ha visto nell’arco di tutti questi anni di vita dell’Ambulatorio.
Toglie ansie e imbarazzi
” Avere la possibilità di far spaziare lo sguardo su pareti decorate con centinaia di oggetti e opere, toglie l’ansia e l’imbarazzo anche dei momenti di silenzio che si creano tra medico e paziente – continua a spiegare – specie quando devo rileggere la storia clinica della persona che ho seduta di fronte, o analizzare referti di analisi”.
In effetti è proprio cosi. E’ un momento catartico quello in cui siamo seduti davanti al medico, mentre lui legge dati su di noi sul computer e piomba, inesorabile, il silenzio. Lui legge, ma la nostra mente galoppa, vorremmo interrompere quel silenzio, vorremmo che ci parlasse subito, saremmo anche disposti a sentirlo leggere ad alta voce termini pressoché incomprensibili pur di non affrontare quel silenzio. I secondi sembrano ore, i pochi attimi giorni interi. Ma nello studio del Dr Ravazzani c è una via di fuga dal fissare la parete immacolata subito sopra il ciuffo di capelli del medico: osservare l’arte che ci circonda e fare sì che i minuti e i secondi siano di nuovo tali e non mostri che ci assalgono.
“Che cosa sta guardando?”
“C’è un oggetto o un’opera che la sta interessando particolarmente? quello? Fantastico! Ora le racconto la sua storia. Deve sapere che tanti anni fa l’ho trovato …”
Inizia così il dialogo tra medico e paziente qui all’ ambulatori: con una storia
Come le storie che ci sentivamo raccontare da bambini. Quelle storie che scacciavano le paure. E allora davanti a noi non abbiamo più il Dr Ravazzani medico, ma abbiamo Romano l’amico, a cui raccontare sogni nel cassetto che magari non tiriamo fuori da anni e che nessuno sa. E non importa se abbiamo conosciuto il dr Ravazzani da cinque minuti e se sei minuti prima non sapevamo nemmeno che faccia avesse. Romano è quello che ha appena finito di raccontarci una storia, che ci ha fatto entrare nel suo mondo personale. Romano ora è quello che sa di noi sogni che magari colleghi di vent’anni nemmeno conoscono.
È la magia dell’ambulatorio dell’Arte. Si ripete per tutti i pazienti, per tutti i giorni, più volte al giorno.











