Per raccontare Helmut Newton , le sue immagini, il suo modo di fare fotografia iniziamo dalle sue parole. Provocatorie, come lui del resto
“American women don’t have nipples, they don’t have pussies, they don’t do nothing. That’s how they are to them.” (trad. Le donne americane non hanno capezzoli, non hanno organi genitali, non fanno niente. È così che sono per loro.)
Così esclama Helmut Neustädter, al secolo Helmut Newton, in un video documentario girato dalla moglie, in proiezione all’interno mostra della GAM di Torino. Una rivista americana ha chiesto un servizio fotografico, ma anche di non mostrare le modelle come lui le vuole: nude, senza celare nulla, se non per gioco. “They asked me to bleep out the nipples!” (trad. Mi hanno chiesto di mettere il “beep” sopra i capezzoli!) continua molto seccato.
Le donne di Newton
Ma scorrendo la mostra, visibile fino al 3 maggio 2020, si capisce che Newton in realtà ha sempre adorato le donne. Le immagini scorrono una via l’altra e siamo immersi o meglio dire sommersi dalle donne.


Qualcuna è seduta, qualche altra in piedi. Le gambe sono dritte e lucide, i seni ben in evidenza. Qualche altra è adagiata mollemente sui divani. Alcune se ne stanno ferme, con frustini tra le mani, dentro camere d’albergo. Qualcuna gli gironzola intorno con aria giocosa. Altre, incuranti del suo obbiettivo, si baciano amorevoli e saffiche.
Trapeziste, libertine, androgine, maggiorate, ma sempre donne
Ancora e sempre, o per la maggior parte, donne in questi 68 scatti della GAM di Torino.Trapeziste muscolose, ma anche donne mature. Donne ricche e libertine di fine anni Settanta. Collari e giarrettiere. Manichini più umani degli umani o chehe infilano le mani tra le gambe di donne in carne e ossa. Manichini che baciano ventri di altri manichini. Unghie lunghissime, laccate, rosse.


I nudi di Helmut Newton trascendono il corpo. Un insieme di eros e thanatos in questi scatti eleganti, testimonianza di tre decenni di carriera. Una vita spesa per la fotografia
L’ispirazione in un quartiere a luci rosse
La donna di Helmut Newton è fredda e gelida. il suo corpo è statuario, i suoi muscoli trasmettono forza. Una donna, lontana, indipendente, oggetto del desiderio maschile. Ma una donna che si fa catturare da uno scatto, che per Newton è la reale occasione di possedere figurativamente la bellezza.
Helmut Newton nasce a Berlino il 31 ottobre del 1920 da una ricca famiglia di origine ebrea: il suo vero cognome è Neustädter. A otto anni il fratello più grande lo porta in un quartiere a luci rosse, dove vive e lavora la famosa Red Erna: stivali alti al ginocchio e frusta. Sarà un esperienza visiva che aprirà la strada alla passione per le immagini e la fotografia. Ma ad accompagnarlo in quel mondo sarà Elsie Neulander Simon, fotografa berlinese specializzata in moda, ritratti e nudi.
Parola d’ordine provocazione
Newton sa che le sue immagini sono cariche di ambiguità e portano allo smarrimento l’osservatore, rimangono impresse nella sua memoria. Provocazione è la parola d’ordine, ma la nudità in se non è provocatoria, è un eros sofisticato quello di Newton.
Fotografate nude. Prima bianco e nero poi colori. Corpi vestiti e svestiti dei colori, ma delle stesse modelle, sembrano cambiare dentità.
Ci sono anche gli uomini, pochi, nei 68 scatti della mostra. Tra gli altri compare anche il ritratto di Warhol, ritratto nella stessa posizione di una Madonna in una chiesa Toscana.


Il mio lavoro: sedurre
” Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere“.
Infatti una singola fotografia poteva portare via ore e rullini interi, perché lui aveva una foto in testa quella voleva. Ogni foto colpisce per un suo particolare: l’ironia, il colpo d’occhio, le linee I colori che paiono smalti . L’utilizzo di strumenti sadomaso, selle, manichini. Tutto crea uno spettacolo di fronte al quale è molto difficile rimanere distaccati.