La pittura balinese è unica nel suo genere, incarna l’essenza dell’ Indonesia tessendo con grazia trame del passato e del presente. Cuore pulsante dell’arte pittorica il villaggio di Ubud. Punto di inizio del florido movimento artistico di Bali, che si è evoluto nel tempo fino a diventare un crogiuolo di arte moderna.
La tradizione della pittura balinese inizia come narrazione visiva di fatti quotidiani e storie di mitologia locale. Miguel Covarrubias, intellettuale messicano noto per i suoi contributi come critico d’arte, nel suo libro “Island of Bali” del 1937 descrive così l’arte balinese. “… Un’arte popolare barocca molto sviluppata, sebbene informale che combina la vivacità contadina con la raffinatezza del classicismo della Java induista, ma libera dal pregiudizio conservatore e da una nuova vitalità alimentata dall’esuberanza del spirito demoniaco del primitivo tropicale “. La pittura balinese è nota, infatti, per la sua arte intricata, ma estremamente raffinata che ricorda l’arte popolare barocca riprodotta con temi tropicali.


Pittura balinese l’arte è parte del quotidiano
La popolazione balinese, fino agli anni Venti, non aveva alcuna parola per indicare il concetto di “arte” o di “artista”. Tradizionalmente, infatti, a Bali l’arte non è mai stata considerata qualcosa cui attribuire un valore, quanto piuttosto una parte della vita quotidiana. Quel che si produceva era utilizzato come arazzo decorativo da appendere nei templi e nei palazzi: i langse e gli iders-iders, dipinti a rotolo appesi lungo i cornicioni dei templi. Erano usati anche come addobbo nelle feste, o come calendario astrologico. Pittori e scultori, sebbene rispettati, non erano considerati membri di un’élite, non esistevano gallerie d’arte o negozi di artigianato.
Questi disegni bidimensionali erano prodotti su carta di stoffa o corteccia, carta Ulantaga, con coloranti naturali. La pittura balinese inizia, dunque, con quello che è conosciuto come lo stile Kamasan o Wayang. Narrazioni visive di storie epiche come l’affascinante letteratura indù-giavanese (Ramayana e Mahabharata), così come un certo numero di storie indigene, come la narrativa Panji.


Dalla pittura religiosa a quella rurale e individuale
In questo periodo che va dal 1800 a inizi Novecento, le figure e gli ornamenti seguono regole molto rigorose, essendo, essenzialmente, prodotti per articoli religiosi, dipinti a più mani e quindi per lo più in forma anonima.
Tuttavia, nel giro di pochi anni, la pittura balinese subisce una rivoluzione liberatoria. Un tempo severamente limitati dal soggetto e dallo stile, gli artisti balinesi iniziano a produrre scene della vita rurale e sviluppano una crescente individualità.


Le caratteristiche della pittura balinese
“L’artista è a Bali essenzialmente un artigiano e allo stesso tempo tempo un dilettante, disinvolto e anonimo, che usa il suo talento sapendo che nessuno si preoccuperà di registrare il suo nome per i posteri“. Scriveva ancora Covarrubias. Il fine ultimo della pittura dei balinesi, come tutta la loro vita, è l’espressione del pensiero collettivo. L’arte balinese è realistica senza essere fotografica, cioè senza tentare di dare l’illusione ottica della cosa reale . Così non c’è prospettiva e non c’è modellamento nella pittura.
L’arte balinese non è nella classe delle grandi arti come la Pittura cinese. Ma, allo stesso tempo è troppo raffinata, troppo sviluppata, per essere definita arte primitiva. E’ un’ arte popolare barocca formale che unisce la vivacità contadina con la raffinatezza del classicismo indù di Giava. E’ priva di pregiudizi e ha in sé una nuova vitalità accesa dall’esuberanza dello spirito tropicale.
La pittura balinese segue regole invariabili, specie nei pittori di Ubud. Tutto lo spazio disponibile deve essere coperto dal disegno o modello, anche gli spazi vuoti tra intricati gruppi di figure, sono riempiti con foglie, figurine, sprazzi di nuvole per sottolineare l’atmosfera.


I colori
La pittura balinese antica usa colori con modi e caratteristiche ben precise. Ocra chiaro per la pelle di persone raffinate e marrone più scuro per persone malvage o di ceto più basso. I costumi sono in rosso e blu o più raramente giallo e verde.
I pittori balinesi, essenzialmente, usano cinque colori. Il Rosso Vermiglio cinese chiamato kentju, il blu ricavato dall’indaco vegetale. Il giallo estratto da una sorta di argilla chiamata atal e l’ocra minerale. E poi il nero ottenuto da fuliggine mischiata con succhi di verdura e il bianco da ossa di maiale calcinate.


L’influenza occidentale degli olandesi Bonnet e Smit
Tutto cambia con gli anni Venti. Quando Bali diventa, come Tahiti per Paul Gauguin, un punto di ritrovo per artisti d’avanguardia come per gli olandesi Arie Smit e Rudolf Bonnet, il tedesco Walter Spies e l’australiano Donald Friend.
Nel 1936, sotto il patronato della famiglia reale di Ubud, Tjokorda Gde Agung Sukawati, è fondata, per rendere onore e professionalizzare la pittura balinese, la Pitamaha Art Guilde con Rudolf Bonnet come capo consulente. Attiva fino all’inizio della seconda guerra mondiale la Pitamaha Art Guilde ha anche il compito di preservare la qualità dell’arte balinese nella corsa del turismo a Bali. Tanti gli artisti che entrano a far parte di Pitamaha, tutti provenienti da Ubud, Batuan e dai villaggi artigiani circostanti, e considerati i maggiori pittori indonesiani del XX secolo troviamo Basuki Abdullah, Lee Man Fong. E poi ancora Willem Jan Pieter van der Does. Ida Bagus Made , Dullah, Affandi , Misbach Tamrin , Amrus. Dewa Nyoman Mura e I Dewa Putu Kebes.


Arie Smit e la Young Artist School
Lo sviluppo della Young Artist School of painting è invece attribuito all’artista Arie Smit. Smit, durante la seconda guerra mondiale è un militare di stanza in Indonesia. Alla fine del conflitto decide di rimanere a Bali. Nei primi anni ’60, nel villaggio di Penestanan vicino incoraggia i bambini a dipingere fornendo loro carta e colori. Stava nascendo la Young Artist School che fonderà elementi della tradizione balinese con influssi moderni e contemporanei in un dialogo continuo tra culture vari periodi storici.


Ubud
Ubud diventa famosa tra gli intellettuali europei negli anni Venti, grazie all’artista tedesco Walter Spies. Spies partecipa alla produzione di video sull’arte balinese, che una volta diffusi in Germania attirano intellettuali e artisti sull’isola.
Ubud oggi è sede dello Puri Lukisan Museum. Qui, in tre padiglioni di mostre permanenti distribuiti all’interno di un parco, è raccolto il meglio delle scuole artistiche balinesi. Si trovano opere antiche ed esempi di pittura classica balinese ma anche opere realizzate da Walter Spies. Molto interessante il nucleo di opereche ritraggono i personaggi della mitologia balinese come Barong, Shiva, Ragda e Garuda.


Batuan
Discorso a parte merita Batuan. Qui l’influenza occidentale non raggiunge l’intensità che ha a Ubud. I dipinti di Batuan sono rappresentazioni molto affollate di scene o leggende della vita quotidiana. La maggior parte della pittura balinese di Batuan rappresenta terribili scene notturne con largo uso di inchiostro nero in cui, in un’ atmosfera cupa e oscura, spettri grotteschi, mostri, animali bizzarri e streghe si avvicinano alle persone. Tra gli artisti più famosi e innovativi di Batuan, ricordiamo I Ngendon (1903-1946).


Un arte che affascina e di grande potenza
Insomma la pittura balinese è un’arte che affascina e intriga per i suoi colori profondi e vivaci, per la grande potenza espressiva e la facile interpretazione. Un’arte che deve essere divulgata e scoperta perchè al di fuori di ogni schema, interprete assoluta del senso del popolare e del collettivo che sta alla base di ogni etnia, nazione e popolo.
può interessarti leggere anche
Walter Sickert, il pittore di ombre. C’è lui dietro Jack lo Squartatore?
Max Ernst. Pittore di sogni, illusioni e fantastiche visioni.
William Turner e l’incredibile attualità del Battello Negriero