Bolkestein, non solo spiagge e stabilimenti balneari: in pericolo anche l’ambiente. Editoriale di Tina Rossi
Quando si parla di Bolkestein, soprattutto in questo periodo, si pensa subito alle spiagge e alla gestione degli stabilimenti balneari, ma pochi sono consapevoli che la direttiva abbraccia, e da tempo, molte altre categorie e che in gioco ci sono non solo interessi economici ma anche i rischi per la preservazione delle nostre coste.
Ma andiamo con ordine e, come sempre, facciamo un piccolo rewind sull’argomento.
Indice
Cos’è la Direttiva Bolkestein
La Direttiva Bolkestein, formalmente nota come Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, è una legge dell’Unione Europea che mira a promuovere la libera circolazione dei servizi all’interno del mercato unico europeo. La direttiva prende il nome dal Commissario europeo Frits Bolkestein, che ne ha proposto l’adozione.
In particolare, si concentra sulla liberalizzazione dei servizi, che costituiscono una parte significativa dell’occupazione e dell’economia europea. La direttiva è stata recepita in Italia attraverso il Decreto Legislativo n. 59/2010.
Quali sono le categorie interessate?
E qui si apre un mondo, perchè nella parola “servizi” rientrano un’infinità di categorie non solo di imprenditori, ma anche innumerevoli figure professionali.
Al punto 33 della direttiva Bolkestein si legge:
Tra i servizi oggetto della presente direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione, fra le quali figurano: i servizi alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle strutture, compresi i servizi di manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali.
Sono oggetto della presente direttiva anche i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati con il settore immobiliare, come le agenzie immobiliari, l’edilizia, compresi i servizi degli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi.
Nell’ambito di applicazione della presente direttiva rientrano altresì i servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, i servizi a domicilio, come l’assistenza agli anziani. Queste attività possono riguardare servizi che richiedono la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, servizi che comportano lo spostamento del destinatario o del prestatore e servizi che possono essere prestati a distanza, anche via Internet.
Leggi qui il testo integrale della Direttiva Bolkstein
La chiamavano Globalizzazione
Lo scopo principale della Direttiva Bolkestein è quello di eliminare le barriere che ostacolano la libera circolazione dei servizi tra gli Stati membri dell’Unione Europea, al fine di promuovere la crescita economica, la competitività e l’occupazione.
Nel macrocosmo dell’economia, la globalizzazione della seconda metà del secolo scorso, aveva gli stessi scopi. In pratica, un pò come le cartelle e sotto cartelle del computer, la direttiva Bolkestein si inquadra in un contesto più ampio di globalizzazione, circoscritto però al nostro continente.
Un’idea che piaceva e piace a tutti per la semplificazione e la velocità delle transazioni commerciali, ma finchè non tocca interessi ed equilibri vitali per il nostro socio-sistema italiano.
Infatti, è stato naturale far entrare nel giro nazionale cooperative, aziende, mano d’opera e professionisti, senza fare troppo rumore. Ricordo il tempo (neanche troppo lontano, poichè si parla dei primi anni del nostro Millennio), in cui il sistema di operatori socio sanitari è stato integrato da forze che provenivano dai Paesi dell’Est, appena entrati in Unione, tanto per citare un esempio su tutti.
Di Bolkestein, però, se ne parla solo adesso (o meglio, da un paio di anni) perchè sta scadendo il termine di adeguamento di alcuni settori, come quello del turismo balneare. E qui, le antenne si drizzano.
Perchè la direttiva Bolkstein preoccupa i gestori italiani
Seguendo la direttiva, di fatto, l’Italia dovrebbe revocare tutte le licenze concesse agli stabilimenti balneari e mettere le coste a disposizione di una nuova gara d’appalto, aperta a imprenditori nazionali e internazionali.
Con un esempio pratico, la famiglia Parodi (nome di fantasia), titolare storica degli stabilimenti balneari “Il molo del turista” (altro nome di fantasia), con regolare concessione della durata di vent’anni, in corso di validità, tramandata nel tempo da tre generazioni, dovrebbe di fatto lasciare la struttura messa in piedi negli anni, con tutti gli annessi e connessi (cabine, sdraio, chiosco eccetera) e lasciare che quell’attività possa essere rilevata dall’imprenditore tedesco che fa un’offerta più bassa.
La revoca di tutte le licenze concesse agli stabilimenti balneari sul demanio pubblico e l’organizzazione di una nuova gara d’appalto per mettere le coste a disposizione, come previsto dalla Direttiva Bolkestein, certo garantirebbe una maggiore concorrenza e apertura del mercato nel settore balneare., ma comporta conseguenze significative e richiedere un’attenta pianificazione e gestione.
Se l’Europa vede solo vantaggi, come una maggiore diversificazione degli operatori balneari, l’innovazione nel settore e una potenziale riduzione dei costi per i consumatori, l’Italia vede crisi e perdita di posti di lavoro per i gestori attuali degli stabilimenti balneari, nonché la necessità di garantire la tutela dell’ambiente e la qualità dei servizi offerti.
E non finisce qui. Perchè la direttiva si estenderebbe anche ai plateatici e agli ambulanti.
Cosa sta facendo il Governo?
«Questo governo ha fatto per la prima volta un lavoro che curiosamente nessuno aveva inteso fare prima: la mappatura delle nostre coste per stabilire se esista o non esista il principio della scarsità del bene che è fondamentale per applicare la direttiva Bolkestein. Abbiamo fatto un lavoro serio che ci consentirà di mettere ordine. L’obiettivo del governo è una norma di riordino nella giungla di interventi e pronunciamenti susseguitisi, che ovviamente necessita di un confronto con la Commissione europea. L’obiettivo è duplice: scongiurare la procedura d’infrazione e dare certezza a operatori ed enti». Così parlava Giorgia Meloni, in conferenza stampa a fine dicembre 2023.
Un tentativo di prendere ancora tempo ed eludere la Bolkestein, sulla base della comunicazione ufficiale del nostro Parlamento sul tema delle concessioni demaniali e della realizzazione di una mappatura delle coste italiane:”Sulla base dei dati disponibili ad oggi, è risultato che la quota di aree occupate dalle concessioni demaniali equivale, attualmente, al 33 per cento delle aree disponibili“.
Perchè le nostre coste sarebbero in pericolo?
Piccolo problema: è lo stesso Consiglio dei Ministri che, però, ammette le lacune della mappatura e della nostra banca dati, sottolineando, nello stesso comunicato, che “tale banca dati, tuttavia, non contiene i dati sul demanio lacuale e fluviale, la cui acquisizione richiede tempi lunghi di elaborazione, in quanto sono gestiti a livello comunale o sovraregionale e subordinati a preventive e complesse valutazioni di natura idraulica e idrogeologica” (fonte Consiglio di Ministri)
In pratica, il rapporto e la mappatura considerano le coste marittime ancora libere da demanio, escludendo le spiagge e gli stabilimenti balneari già in concessione, e tutti i litorarli di laghi e fiumi. Per fare un parallelo con i nostri cugini d’Oltrealpe, a Parigi, sulla Senna, o a Strasburgo sul Rhone, è frequente trovare spazi che ricordano una spiaggia squisitamente italiana, con ombrelloni, sdraio e chioschi di ristoro. Meno frequente vederli sul Po o sul Tevere.
Per quel che riguarda le coste, invece, la logica che mia madre chiamava “i conti della serva” mi suggerisce che se su quegli scogli e su quei litorali, non ci siamo arrivati noi italiani a piantare un un gazebo di palme che distribuisca mohito fino a tarda notte, un motivo c’è.
Che succederebbe se su quelle coste (per estensione, anche fiumi e laghi), arrivassero gli svedesi (un candidato a caso) con i tir dell’Ikea, armati di brugole, per montare mega idroscivoli e bungalow?
L’Italia, la spiaggia d’Europa
La verità è che L’Europa ha ben poche spiagge su cui dirottarsi per le sue vacanze e quelle poche che ha, si affacciano su mari freddi e poco accoglienti. L’Italia è un molo in mezzo al Mediterraneo e, scusate l’espressione da contessa, ma ai “foresti” targati UE rode il deretano venire da noi e pagare, senza averne un ritorno economicamente tangibile.
Da sempre siamo terra di saccheggio da parte dei nostri con-continentali (si dice?) e da sempre la nostra risorsa principale sta proprio nella posizione geografica.
Da troppo tempo il nostro stile di vita è criticato e messo in pericolo dalle varie decisioni internazionali. Per carità, ora parte il coro del complottismo, del “sei contro l’Europa”. Vi fermo subito. Non è così.
Rifletto solo che fare il parmigiano con il latte in polvere è una bestemmia, almeno quanto mettere l’ananas sulla pizza. Per cui, per tornare alla Bolkestein, pur comprendendo e sostenendo la liberalizzazione internazionale del mercato, la ragione sta, anche qui, nel mezzo e dovrebbe tenere in considerazione ciò che già esiste e applicarsi su ciò che ancora si può fare, nel pieno rispetto della salvaguardia della capacità occupazionale del nostro Paese.
Probabilmente, il nostro punto debole è che siamo degli yes man che non si ricordano neanche più quando hanno perso quel sano orgoglio nazionale (attenzione, non nazionalista, ma puramente patriottico) che dovrebbe partire come una ola da nord a sud, in difesa del nostro patrimonio ambientale e della nostra cultura.
Ma tant’è. Viva l’Europa.
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