Tanto tuonò che piovve. L’ora X è arrivata: Fate un po’ voi. Comunque, finalmente ci siamo. Benvenuti alla 75 edizione del Festival di Sanremo 2025 prima serata.
Ci siamo arrivati con un crescendo di hipe, nonostante defezioni spintanee, nonostante rumors catastrofici di vario genere, nonostante conferenze stampa all’insegna del “volemmose bbene”, che alla lunga diventano stucchevoli e prevedibili.
Comunque ci siamo.
Prima serata del Sanremo 2025 che vede tutti i 29 concorrenti in gara. Co-conduttori Antonella Clerici e Garry Scotti. Praticamente una “Rai-Invest” che ci riporta al primo governo della Seconda Repubblica. Ospiti Jovanotti (Amadeus avrà un rigurgito di bile), Noa e Mira Awad che canteranno “Imagine” di John Lennon. Dal palco di piazza Colombo, Raf (quasi quasi mollo tutto e vado in piazza).
“I Conti tornano” dice il conduttore nonché Direttore Artistico in apertura di programma. Speriamo, anche se, per il momento, mi avvalgo del beneficio del dubbio. Anzi, a giudicare da quello che state per leggere, probabilmente ci sta meglio un bel #icontinonotornano.
Questa sera vi racconterò dell’evento in “globale”, senza parlare dei singoli partecipanti (lo farò nei prossimi giorni). E non darò voti ai brani e agli interpreti, visto che faccio parte, a nome di Zetatielle Magazine, della giuria ufficiale
La Grande Fabbrica del Déjà Vu
Per avere un’idea della sconvolgente creatività riversata in questa edizione del Festival, sarebbe sufficiente sfogliare la lista dei titoli delle canzoni. Un concentrato di banalità disarmante: “Viva la vita”, che sembra scippato al primo brainstorming di un corso di yoga; “Anema e core”, una versione meno ispirata di un karaoke da matrimonio; “La cura per me”, che suona più come un appello disperato al farmacista di turno; e l’apice della nostalgia, “Balorda nostalgia”, talmente balorda da far rivalutare persino gli acuti di Al Bano e gli sguardi intensi di Romina.
Insomma, siamo davanti a un catalogo di cliché così prevedibili che persino un generatore automatico di titoli avrebbe avuto un guizzo in più.
E i pezzi? Beh, diciamo che rispecchiano fedelmente i titoli: una carrellata di canzoni fabbricate in serie, come lattine di un supermercato discografico dove l’ingrediente principale è l’omologazione. Si alternano senza troppe sorprese due grandi evergreen del mercato: l’urban a cassa dritta, per il pubblico che si sente edgy il giusto, e le ballate sanremesi, per quelli che ancora sognano di accendere la torcia del cellulare. Il tutto condito da testi che esplorano (si fa per dire) i temi più inflazionati della musica italiana: amore tormentato e depressione assortita. Tematiche d’attualità? No, grazie: qui l’unico rischio è non prendere il prossimo passaggio radiofonico.
Major
Facendo un minimo di contabilità e di statistica, undici Big sono della Warner, nove della Sony, sei della Universal e restano fuori giusto quattro nomi. Il classico “contentino”.
Nell’universalismo, finto nazionalpopolare, di Carlo Conti, con un cast in apparenza più equilibrato rispetto al quinquennio targato Amadeus, a far la parte del leone restano sempre i soliti (ig)noti che hanno in mano gran parte della filiera musicale italiana.
Anche quest’anno la Warner la fa da padrone, con undici artisti su trenta, tra scuderia e licenze. Nello specifico: Achille Lauro, Rose Villain, Clara, Irama, Fedez, Sarah Toscano, The Kolors, Modà, Coma Cose, Serena Brancale e Massimo Ranieri in licenza.
In gara con nove artisti è la Sony: Olly, Francesca Michielin (pupilla di Charles Counts e vincitrice in pectore), Noemi, Bresh, Gaia, Rocco Hunt, Emis Killa (cassato), Joan Thiele, Giorgia.
La Universal, fino a qualche tempo fa regina incontrastata del mercato discografico, schiera: Elodie (altra vincitrice in pectore?), Tony Effe, Brunori Sas, Shablo in compagnia di Guè, Joshua e Tormento, Rkomi e Willie Peyote. In pratica la “quota rap” è tutta targata Universal.
Restano fuori giusto quattro nomi, le briciole, o il contentino, se preferite: Francesco Gabbani e Marcella Bella, artisti della BMG, Lucio Corsi, che è sotto contratto alla Sugar(magra, magrissima, fine per Caterina Caselli), e infine Simone Cristicchi, che dovrebbe approdare in riviera con Dueffel Music.
Autori
E se pensavate che ci fosse un po’ di aria fresca tra gli autori, siete fuori strada. Alcuni nomi appaiono con tale insistenza che sembra quasi abbiano ricevuto un abbonamento premium per il Festival: Federica Abbate firma 7 brani, Davide Simonetta ne firma 5, mentre Jacopo Ettorre, Davide «Tropico» Petrella e Nicola Lazzarin detto Cripodevono “accontentarsi” di 4.
Non scrivono, clonano: come delle macchine ben oliate, producono melodie che si sovrappongono l’una all’altra senza soluzione di continuità.


I soliti noti
Ma non è tutto: il vero cuore di questa edizione è il grande circo dei soliti noti. Tra i 30 “big” (diventati 29 in corso d’opera), scelti da Carlo Conti, ben 21 sono dei veterani di Sanremo, alcuni così habitué da conoscere perfino la numerazione delle poltrone dell’Ariston. Irama e Coma_Cose, ad esempio, sembrano ormai aver istituito un contratto a tempo indeterminato con il Festival. E che dire di Noemi, che con le sue 8 presenze si avvia a diventare la nuova Gianni Morandi, ma senza gli stivali anni ’80? A questo punto, proporrei di assegnare loro un tesserino ufficiale: “Rappresentanti di Sanremo a Vita”.
Senza dimenticare la “quota Tutankhamon”, sdoganata da Amadeus che quest’anno è appannaggio di Marcella Bella e Massimo Ranieri (due che comunque sanno cantare, e senza autotune).
Questi navigati del Festival sanno bene che, al di là del risultato, c’è comunque un premio di consolazione assicurato: un anno di visibilità ininterrotta tra ospitate televisive, streaming, interviste e concerti. È come il bonus fedeltà del supermercato: accumuli punti e non esci mai a mani vuote.
I debuttanti
Ma una piccola speranza di novità, forse, arriva dai debuttanti. Nomi come Brunori Sas, Sarah Toscano, Bresh(è genoano, e questo gioca a suo favore) e Joan Thiele portano con sé l’illusione di qualcosa di diverso, anche se il rischio di vederli rapidamente omologati al sistema è altissimo. Dopotutto, si sa: Sanremo non premia il coraggio, ma la capacità di vendere dischi.
In definitiva, anche quest’anno ci apprestiamo a vivere il Festival dell’usato sicuro: un appuntamento in cui la creatività prende una lunga vacanza, lasciando spazio a formule collaudate e strategie di marketing ben studiate. E mentre l’orchestra accorda gli strumenti, noi ci prepariamo a un’altra edizione che, ne siamo certi, non mancherà di sorprenderci… per la sua prevedibilità.
Auditel
Croce e delizia di ogni conduttore/direttore artistico. Ma quest’anno ci sono dei cambiamenti.
Non solo i cambiamenti Fimi (dal primo venerdì del 2026, le soglie di vendita per le certificazioni dei singoli subiranno un aggiornamento: i nuovi parametri FIMI/GfK saranno di 100mila unità vendute per l’oro e di 200mila per il platino), ma anche l’Auditel cambia con l’arrivo della Total Audience dal 29 dicembre.
“Il nuovo sistema di rivelazione terrà conto di tutti i device sui quali la tv viene usufruita”, spiega Marcello Ciannamea, Direttore Intrattenimento Prime Time. E prosegue: “La stessa Auditel ha dichiarato che non si potrà fare un confronto con i dati preesistenti. Dal 2026 i dati saranno confrontabili”.
Una bella notizia per Carlo Conti, che non avrà l’ansia di prestazione, con l’assillo degli ascolti e dei paragoni con le precedenti edizioni. “Non seguo molto gli ascolti tra i tanti motivi di questa conduzione doppia c’è la mia veneranda età che da tempo non mi fa seguire con apprensione i dati. Il Festival non si può misurare solo sul dato d’ascolto, ma anche su quello che produce nell’industria discografica”. Ma domani mattina sarà la prima cosa che guarderà. Sicuro.
Tutta l’Italia, tutta l’Italia, tutta l’ItaliA
La domanda è prettamente retorica: ma solo io non ho capito un cazzo di buona parte dei testi?
I “veterani” non creano problemi di comprensione, anche perché non usano l’autotune, ma le nuove generazioni cantano in corsivo, e qualcuno avrebbe bisogno di qualche seduta dal logopedista.
Dizione a parte, vi rivelo un segreto: per partecipare alla super band (Rockin1000) che ha accompagnato Jovanotti per le vie di Sanremo, bisogna pagare. Pagare per la registrazione sul sito, e pagare per essere sicuri di partecipare all’evento (spese di vitto e alloggio a carico del partecipante).
Per il resto, Sanremo 2025 prima serata scorre abbastanza veloce e dinamica nonostante il numero esagerato di partecipanti. Carlo Conti è puntualissimo nei tempi, e si sapeva, Gerry Scotti (pressoché perfetto) è la spalla ideale e Antonella Clerici fa il suo, senza strafare. Finalmente, dopo due anni di concerto personale infarcito da ospiti (eh, Claudio!) e cinque anni infarciti da marchette, comici, monologhi, e incursioni di Fiorello (vero Amadeus?), Carlo Conti torna a fare il “Festival della canzone”. Senza troppi fronzoli, senza troppi ospiti, e si finisce a un’ora decente. Grazie di cuore.
I primi cinque in classifica, in ordine del tutto casuale di trasmissione (come si diceva una volta), o random (come si dice adesso): Brunori Sas, Giorgia, Lucio Corsi, Simone Cristicchi, Achille Lauro.
Classifica redatta secondo le votazioni della Giuria Sala Stampa, TV e Web.
Sanremo 2025 prima serata finisce qui. A domani.
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