Giovie diventa maggiorenne: “Puzzle of me”, il nuovo singolo

Intervista

18 candeline per Giovie: l’artista rodigino diventa maggiorenne e per festeggiare ci regala il suo nuovo singolo “Puzzle of me”. Un brano strardinariamente alla Tupac, ma attenzione, non intendo un brano che “assomiglia a”, ma così originale e gradevole, da poter tranquillamente essere un’estensione, una giusta eredità della “old rap school”, quella che, musicalmente parlando, rispetta certe metriche, certe sonorità e certe storie.

Come abbiamo già detto, in occasione dell’uscita di “No Fear” (leggi qui), Giovie ha già vinto tanto e ha partecipato a diversi contest e manifestazioni, aggiundicandosi meritatamente un posto nella scena musicale italiana.

Oggi 30 ottobre, è un giorno di festa e noi vogliamo festeggiarlo a modo nostro e non ci siamo fatti scappare l’occasione di festeggiarlo con una bella chiacchierata per saperne di più e conoscere meglio questo giovane grande talento.

Giovie con maglietta nera, con le mani appoggiate al microfono e lo sguardo basso
Giovie

Puzzle of me

Giovie, io vengo da una generazione dove il rap aveva delle difficoltà incredibile, dove cantare era interpretazione, e il parlato del rap veniva fortemente criticato. Il tuo ultimo pezzo è un pezzo alla Tupac, è un pezzo fortissimo. Per l’età che hai e per quanto sei giovane è un pezzo da novanta. Appartengo a una generazione rock, e percepisco una fusion.

Anche io vengo da quel genere. Ho cercato di fare qualcosa di diverso.

Che storia ha il tuo brano?

Per il 30 ottobre, che è il mio compleanno, il mio diciottesimo, volevo far uscire un EP. All’inizio volevo fare solamente due brani. Due brani più vecchi he ho scritto e che col tempo ho modificato e migliorato. Alla fine ho scelto poi di fare solo un singolo che è appunto “Puzzle of me”, dove raffiguro tutto quello di cui sono composto, letteralmente come un puzzle, dove ogni parola ogni parte descritta nel pezzo è un tassello di questo puzzle che nell’insieme crea un dipinto, che sarei io.

E’ anche un modo per parlare di ciò che siamo ossia una unione di pensieri, emozioni, idee, esperienze.

They call me Storm

C’è tanta sofferenza dentro questa canzone, per un’età così tenera come la tua, 18 anni. Sono le esperienze personali vissute, autobiografiche o una visione della realtà della tua generazione?

Si. Alcune cose le ho vissute, come il bullismo. C’è una parte dove dico “They call me storm”, mi chiamavano tempesta, perchè quando ero piccolo mi chiamavano “Tempesta” perchè ero un ragazzo tanto esuberante ed espansivo. Sono tutte citazioni, cose che ho vissuto nella mia infanzia oppure che ho vissuto sulla pelle.

Giovie, ma tu abiti a Rovigo, nel Veneto. Quelle sono realtà ancora abbastanza protette a livello sociale. E’ così deturpata anche lì la crescita delle nuove generazioni, nei borghi come quelli di Rovigo tanto da paragonarle alle banlieu milanesi? Il rap ha dele origini più urbane, metropolitane…

Si certo… più che urbane, direi di periferia. Io non ho mai vissuto male, non ho mai dovuto fare cose, come tanti rapper che raccontano che a causa delle loro condizione sociale si sono ritrovati a fare determinate cose o hanno vissuto in povertà. Io non ho mai vissuto male, io non ho avuto una famiglia che non tenesse a me o che non mi abbia mai spinto. Al contrario. Ci tengo a precisare questo, perchè non voglio passare per quello che si lamenta di aver avuto un pasato difficile perchè io non l’ho avuto.

Non ho mai vissuto male a differenza di come si raccontano altri rapper. Non ho vissuto la povertà nè tantomeno all’interno di una famiglia che non pensasse a me e che non mi supportasse. Ci tengo a dirlo perchè non voglio passare come il ragazzo che ripete le cose di tutti dicendo di aver avuto un passato difficile. Sono un ragazzo come mille altri.

Father and son

Però la tua maturità deriva da una forte intorspezione sui tuoi lielli di crescita e questo è molto bello e ti fa già adulto e pronto a questa maturità che andrai a raggiungere oggi. Come sei stato sostenuto nella tua carriera da artista?

Soprattutto dai miei genitori e dai miei amici. Devo tutto a loro. Se mai dovesse succedere qualcosa di davvero grande a livello musicale o di carriera, devo tutto ai miei genitori. Mi hanno sempre supportato. Devo tutto ai miei amici e ai miei genitori. Loro sono le persone che mi hanno sempre supportato. Grazie a mio padre ho scoperto la musica e grazie amia madre il canto. Quando ho qualcosa di nuovo lo faccio ascoltare ai miei amici e mi hanno sempre detto sinceramente come la pensavano, e se non piace me lo dicono schietto.

Perchè la scelta di cantare in inglese? Non è un pò difficile?

Anche questo è un simbolo distintivo. Io non ho mai ascoltato molta musica italiana, ed è un difetto mio, perchè alcuni artisti non mi sono mai piaciuti particolarmente. non ho amato particolarmente molti artisti. Ho sempre avuto la passione per la musica inglese, fin da piccolo, americana britannica di qualsiasi genere, Dal jazz allo swing, dal punk alla musica degli anni venti. Ho sempre ascoltato tutto, ho sempre cercato allenarmi il più possibile in inglese sia per la grammatica che per la pronuncia, e di eccellere in questo. Me ne manca ancora ma sono migliorato rispetto a prima.

Un conto è ascoltare la musica inglese, un conto è avere l’ispirazione di scrivere in una lingua che non è la tua.

Si. Infatti, io scrivo anche in italiano, ma la maggior parte dei miei testi sono in inglese. Non so quanto mi possa portare questa scelta ma bisogna andare oltre a questo. Una canzone se è bella, la ascolti in qualsiasi lingua, anche se la comprensione del testo è importante che è quello su cui punto tanto.

Sound like a melody

Mi ha colpito tantissimo la tua educazione, la tua arte che è diversa. Si percepisce una diversità nella ricerca dei suoni. Facile fare un brano su una base predefinita e su quella ispirarsi. Si sente che c’è una ricerca personalizzata del suono, che c’è un’attenzione particolare a delle atmosfere che non sono comuni ad altri progetti musicali di giovani emergenti.

Sono un grande perfezionista. Cerco sempre di trovare sempre quella minima piccolezza che mi spinga a tirar fuori quella cosa che mi piace. Le sonorità sono diverse rispetto a “No Fear”. Le sonorità sono il frutto del mio maestro di canto, Graziano Beggio, e di Drvmmer col quale ho iniziato da qualche mese una bellissima collaborazione. Nei cori la voce è quella di Silvia Belluco che qualche anno fa ha partecipato al programma “Amici”.

Puzzle of me - la copertina dell'album
Giovie – Puzzle of me

Cover me!

La copertina del tuo album ha un significato particolare?

Nella copertina di “Puzzle of me” ci sono io da piccolo alle elementari, con altri bambini con il volto censurato, con dei pezzi di puzzle dietro. I pezzi di puzzle sono parte di una fotografia mia di quando frequentavo la prima elementare, per segnare appunto la differenza tra la prima e la quinta elementare. La scelta di censurare il volto dei bambini censurati è perchè mi sono sentito sempre un pò diverso, non tanto nel senso positivo, cioà sentirsi migliore, ma emarginato dal contesto sociale in cui sono nato. Diverso, anche per la scuola con cui ho sempre avuto un rapporto difficile, visto che ho sempre avuto problemi scolastici, sia per l’apprendimento e le valutazioni, sia per il confronto con le regole.

Perchè? Pensi che la scuola di adesso non sia al passo?

No assolutamente. Io ho bisogno di sentirmi libero. Le regole ci vogliono eccome, non sono assolutamente contro il sistema scolastico, ma sono dell’opinione che bisognerebbe trovare un punto di compromesso dove ci sia più dialogo e che aiuti i ragazzi a pensare con la propria testa.

Alcuni miei professori, ad esempio, che, anche se dimostravo un’attitudine per il canto, l’hanno sempre vista come una cosa negativa e una distrazione. Le inclinazioni personali non sono ostacolo alla concentrazione, ma andrebbero stimolate nei ragazzi.

Benen Giovie…non mi resta che augurarti in bocca al lupo e augurarti buon compleannno!!!

Grazie! Vi aspetto sul mio canale youtube e sui social! A presto!

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”