Un senso di vertigine, una follia dell’anima, una produzione frenetica e devastante. È questo l’ultimo periodo di Vincent Van Gogh a Auvers – sur -Oise, un paese nei pressi di Parigi. In quei due mesi che separano il suo arrivo ad Auvers, il 21 maggio 1890, dalla sua morte, il 29 luglio dello stesso anno, il pittore è preda di un delirio creativo. 100 opere in circa 80 giorni: più di un quadro al giorno, l’apoteosi della sua arte consegnata al mondo.
Van Gogh arriva a Auvers dopo essere stato ricoverato presso l’ospedale psichiatrico di Saint-Rémy de Provence. Soffre di disturbi mentali e combatte con diagnosi di schizofrenia, disturbo bipolare, epilessia sifilide, avvelenamento da ingestione di vernici, e molto altro.
Vincent Van Gogh la chiesa di Auvers
È il fratello Théo a portalo a Auvers e a spingerlo a incontrare il dottor Gachet, anch’egli pittore, che accetta di occuparsi di lui fino alla fine. Vincent è poco conosciuto ed apprezzato, alterna stati di violenza e tentativi di suicidio, a uno stato di torpore. Il tutto aggravato dall’alcool. Una situazione che gli permette di vendere, in tutta la sua vita, un solo dipinto. Oggi, però, il ritratto del “suo” dottor Gachet vale più di 100 milioni di dollari.


Tra questi ottanta frenetici dipinti c’è anche l’opera che Vincent van Gogh dedica alla chiesa di Auvers. Non muri ma essenze di essi, ondeggianti. Ci sono, ma in realtà potrebbero appiattirsi, sparire da un momento all’altro. Due percorsi indicati se non da frecce, da strie, aghi di pino. Un messaggio: cè sempre un bivio nella vita e il cielo ha già invaso la cattedrale, sta infatti per debordare da ogni finestra.
È giorno e notte nello stesso tempo
È il suo mondo, la sua natura, il modo in cui la vede e la vive. Solo l’anziana donna continua imperterrita. La chiesetta del XIII secolo è vista dall’abside, percorsa come da una scossa tellurica che la fa ondeggiare, vibrare, al limite del collasso. Il tratto trasfigurato anticipa gli esiti di pittori espressionisti novecenteschi come Soutine. Anche i colori sono irreali. E’ giorno, lo comprendiamo osservando l’ombra, eppure il cielo è scuro, di un blu notturno.


E’ allo stesso tempo giorno e notte in questo quadro: l’abbraccio di Van Gogh vira verso un senso del tutto. Un immagine dai tratti fluttanti e oscillanti ,come i pensieri e i sentimenti altalenanti e frenetici dei suoi ultimi ottanta giorni a Auvers. Ma ci sono i suoi colori: blu cobalto, azzurro intenso, giallo. Le sue riconoscibili pennellate che restano tali anche nel delirio della trasfigurazione della realtà. È giorno, è notte ? Non importa il cielo è sempre più blu, sempre più intenso, sempre più verso la follia della morte. La morte che lo vede suicida a seguito di un colpo sparatosi al petto con una rivoltella.
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