Caparezza: “Habemus Capa” tra ironia e impegno sociale

Per la rubrica “33 giri di ricordi”, meglio se in vinile, un album che ha fatto la storia del rap italiano: “Habemus Capa” di Caparezza del 2006.

2006

Salta l’accordo tra Russia e Ucraina riguardo al rifornimento di gas; già ridotta la pressione nei gasdotti diretti a Kiev. Pericolo per le forniture all’Europa Occidentale, nonostante le rassicurazioni di Gazprom.

Si celebrano i 250 anni dalla nascita di Wolfgang Amadeus Mozart; evento di punta è il concerto a Salisburgo, città natale del musicista, seguito in diretta televisiva da tutto il mondo.

Il virus dell’influenza aviaria viene scoperto in un allevamento di polli.

In Italia si svolgono le elezioni politiche: vince L’Unione guidata da Romano Prodi.

Giorgio Napolitano viene eletto presidente della Repubblica Italiana al 4º scrutinio. È il primo e finora l’unico Capo dello Stato a essere stato membro del Partito Comunista Italiano (PCI).

In Germania si svolgono i Mondiali di Calcio, che terminano il 9 luglio con la vittoria della Nazionale Italiana.

Torino è host city dei XX Giochi Olimpici Invernali.

L’Inter vince il quattordicesimo titolo, stante il declassamento in serie B della Juventus e la penalizzazione del Milan. Capocannoniere del torneo Luca Toni (Fiorentina) con 31 reti.

Povia vince il cinquantaseiesimo Festival di Sanremo con “Vorrei avere il becco

Jodellavitanonhocapitouncazzo

Si può considerare “Habemus Capa” come il primo concept album di Caparezza: l’idea centrale è la morte simbolica dell’artista e la successiva reincarnazione del suo spirito. Nella prima traccia, Caparezza “muore”, come anticipato nell’ultima traccia del suo album precedente, “Jodellavitanonhocapitouncazzo”.

Ogni canzone del nuovo album rappresenta una diversa vita che Caparezza vive, culminando nella risurrezione e rinascita dell’ultima traccia, la title-track appunto.

Lo stesso Caparezza ha spiegato che la morte di un autore tende a incrementare le vendite dei suoi dischi; quindi, ha scelto di morire simbolicamente mentre era ancora in vita per beneficiare di questo effetto.

Inizialmente, il concept dell’album doveva essere una rivisitazione della Divina Commedia, con ogni canzone che rappresentasse un aspetto della società moderna e il relativo contrappasso. Ma l’artista pugliese abbandona presto l’idea, trovando difficile ideare un contrappasso convincente per ogni forma di società che intende criticare.

Scartato anche il titolo “Habemus Caparatzinger“, pur mantenendo un chiaro il riferimento all’elezione di Papa Benedetto XVI, avvenuta nell’aprile dell’anno precedente.

Il titolo “Habemus Capa” allude, infatti, alla formula “Habemus Papam”, utilizzata per annunciare l’elezione di un nuovo Papa dopo la morte del precedente. Sebbene la corretta grammatica latina avrebbe richiesto “Habemus Capam” o “Habemus Capum”, Caparezza stesso confessa che l’errore nel titolo è intenzionale.

caparezza - la copertina dell'album habemus capa del 2006

Habemus Capa

È un album intriso di satira sociale e politica, caratteristiche che da sempre contraddistinguono la produzione artistica di “un certo Salvemini Michele” (cit.). Con una penna tagliente e uno stile unico, l’artista affronta temi complessi e controversi, utilizzando una miscela di ironia, sarcasmo e riflessione.

I testi profondi e la capacità di Caparezza di mescolare diversi generi musicali, dal rap al rock, hanno conquistato una vasta platea. L’album è stato accolto positivamente sia dalla critica che dal pubblico, e ha raggiunto buone posizioni nelle classifiche italiane, vendendo circa 40.000 copie fisiche, consolidando la fama di Caparezza come artista impegnato e innovativo.

Le tracce

L’album si apre con la traccia “Mors mea tacci tua” che trae il suo titolo dall’espressione latina “mors tua vita mea” (morte tua, vita mia), combinata con l’ingiuria dialettale “li mortacci tua”. La canzone campiona l’ultimo verso di “Jodellavitanonhocapitouncazzo“, traccia di chiusura del precedente album “Verità supposte“, dove Caparezza dice “mamma quanti dischi venderanno se mi spengo”, che ha ispirato l’idea per questo nuovo progetto. Inoltre, il brano si apre con un ulteriore campionamento della sua voce, tratto dal pezzo “Dualismi“, la penultima traccia dell’album precedente, prima dell’assolo di chitarra finale.

Torna Catalessi“: Caparezza è nei panni del padrone di un cane: la bestia in realtà rappresenta una provocazione contro il ritmo troppo frenetico della vita attuale, alla quale Caparezza preferisce piuttosto un momento di assoluta stasi: il gioco di parole si rifà al titolo del film “Torna a casa Lassie!” con protagonista il famoso cane di razza Collie. 

Seguono brani come “La Mia Parte Intollerante“, in cui Caparezza critica l’intolleranza e il razzismo, la canzone più conosciuta dell’intero progetto, e “Vengo dalla Luna“, dove racconta in modo surreale il tema dell’immigrazione e dell’integrazione.

Altro brano significativo è “Dalla Parte del Toro“, che racconta le difficoltà degli ultimi e degli emarginati, con un chiaro riferimento alla società contemporanea.

Le dimensioni del mio caos

Con questo album, l’artista di Molfetta (BA) ha dimostrato di essere molto più di un semplice rapper. La sua capacità di raccontare storie, di criticare la società e di far riflettere su temi sociali lo ha reso uno degli artisti più rispettati e influenti del panorama musicale italiano.

L’album rappresenta una pietra miliare nella discografia di Caparezza, un’opera che ha contribuito a definire il suo stile unico e inconfondibile. Ancora oggi, “Habemus Capa” rimane un riferimento per chi vuole comprendere l’evoluzione della musica italiana degli ultimi decenni.

Molto più di un semplice album musicale, quindi: un manifesto di denuncia sociale e un esempio di come la musica possa essere uno strumento potente per comunicare messaggi importanti.

Caparezza, con il suo talento e la sua intelligenza, continua a essere una voce indispensabile nel panorama culturale italiano, e “Habemus Capa” rimane una delle sue opere più significative e apprezzate.

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Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.