Carmelo Siracusa non è solo “Big in Japan”

You are big in Japan”, è un modo di dire, nel più classico slang britannico, che tradotto, più o meno alla buona, significa: tu sei qualcuno solo in Giappone (e qui da noi, generico, non ti considera nessuno).

Una frase così forte, così di impatto, non poteva che diventare il titolo di una canzone.

Tutti hanno nelle orecchie il mitico brano, appunto “Big in Japan”, del 1984, successo interplanetario degli Alphaville, in piena era “New Wave”; un po’ meno il brano omonimo di Tom Waits del 1999.

Bene, Carmelo Siracusa, riarrangia, riproduce, reinterpreta, proprio la canzone del poliedrico cantautore statunitense, regalandoci un bellissimo “cadeau” di fine decennio.

“Poliedrico”, è un aggettivo che calza a pennello anche per il bassista siciliano, attualmente nel line-up dei Sugarfree: un musicista completo, tecnicamente un fuoriclasse, che si diverte a personalizzare musica di epoche diverse.

Una versione geniale, dal sapore vagamente retrò, molto “big band anni ‘50”, ma quanto mai attuale, rielaborata con le più moderne tecniche di produzione, e con quel pizzico di elettronica che non guasta affatto.

Il tutto impreziosito dalla voce di Teresa Raneri, un vero valore aggiunto.

Con“Big in Japan” Carmelo continua il suo progetto reinterpretativo di musica classica e nazional popolare, iniziato con il precedente singolo “È come senti, non come pensi”, ispirato ad un celebre concerto di musica classica del ‘700 per contrabbasso di Carl Ditters von Dittersdorf.

La domanda “Cosa stai cercando nel futuro?”, è identica alla domanda “Da cosa stai scappando adesso?”

Queste le parole d’apertura della composizione, attraverso le quali spiegare come tutti noi cerchiamo sempre di arrivare da qualche parte, mentre la vita è proprio qui. Stiamo tutti cercando di arrivare a casa quando senza rendercene conto siamo già a casa nella nostra esperienza presente.

«Ho scelto questo brano perché come Charles Bukowski è uno degli artisti del ‘900 da prendere maggiormente in considerazione. – spiega Carmelo Siracusa – Sono moltissimi i romanzi, gli spettacoli, i film, i miti e le storie che mettono in scena la dinamica del cercare la propria cosa molto lontano da noi stessi. I personaggi spesso si avventurano lontano da casa, scoprono chi sono veramente, e poi fanno ritorno, in qualche modo diversi e in qualche modo gli stessi di prima. Nel “Signore degli Anelli – Lo Hobbit”, per esempio, i protagonisti lasciano la loro casa per fare un viaggio pieno di colori, luce e oscurità, incontrando varie sfaccettature di loro stessi per poi tornare al punto di partenza, rendendosi conto di cosa c’è veramente. Le loro case non sono cambiate, ma sono loro a guardarle con occhi diversi. In tutto l’arco della storia umana, la ricerca di casa è stata espressa in ogni sfaccettatura della vita: nell’arte, nella musica, nella scienza, nella filosofia. La ricerca di casa va molto, molto a fondo nella psiche umana.»

Tutto parte dal basso…

«Tutto parte dal basso… si dice sempre così, no? Ho deciso per gioco di suonare il basso elettrico, mi divertivo fin da piccolissimo a sentire le frequenze basse delle grandi rock band fino a quando per la prima volta in vita mia vidi Chris Squire e Steve Harris. Non ho saputo resistere al comprarne subito uno….una copia economicissima di un precision, avevo appena 12 anni. Dopo circa due anni dei classici casini da garage con gli amici iniziai a studiare.»

“Big in Japan”: il video

Carmelo Siracusa sceglie volutamente una composizione pop per arricchirla della propria e personale concettualità, sviluppata e coltivata dalla passione per la musica, la letteratura e la filosofia.

«Il video del brano “Big in Japan”, vuole spiegare in qualche modo il senso di CASA che ho voluto dare alla canzone. Immagina di addormentarti e di sognare di essere i personaggi all’interno del tuo sogno. Quando il sognatore sogna, crea tutto il sogno. Ma tu stai dormendo, non i personaggi dentro il tuo sogno, che a modo loro sono svegli, non stanno affatto dormendo. Beh viviamo con l’opprimente sensazione che manchi qualcosa nelle nostre vite, non è così?

È una sensazione di mancanza, una strana sensazione di mancanza, come se non fossimo abbastanza, come se ci fosse qualcosa di sbagliato in noi. Da questo basilare senso di vuoto ci avventuriamo nel mondo del tempo e dello spazio in cerca della nostra vera casa, in cerca della pace cosmica, in cerca di sollievo, in cerca della pienezza. Cerchiamo il nostro destino, senza accorgerci che lo stiamo già vivendo.

L’artista conosce l’importanza di sognare, pur rimanendo conscio, nella sua veste di sognatore, fino alla fine del sogno e oltre. La prima cosa che devi fare se vuoi far succedere qualcosa è sognarla, visualizzarla. Devi sentirla tangibile, anche se non lo è. Dove forse è sogno ma sonno non è, il sognatore crea tutto il suo mondo onirico. Lo manipola, lo modella, lo arricchisce di sfumature. Ma purtroppo questo grande progetto a volte viene smarrito e ci si sente pieni e completi per un po’.»

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.