Edward Hopper è l’artista che racconta meglio di tutti il nostro tempo: il tempo sospeso. Il tempo che aspettiamo tra un giorno e l’altro, un DPCM e l’altro” un mondo virtuale e l’altro. Tempo di Quarantena.
Edward Hopper descrive nei suoi dipinti l’angoscia dell’anima. Solitudine, tristezza, vuoto,alienazione e depressione, in un progresso che è solamente tecnologico e per nulla umanistico. Nessuno più di lui, che ha atteso vent’anni dalla sua prima mostra, quella presso l’Harmonie Club di New York in cui nessun quadro fu venduto, prima che qualcuno si accorgesse di lui, può esprimere un tempo sospeso. Una realtà per noi molto presente. Ma Edward Hopper è nato nel 1882.
Automat
Automat ė una delle sue opere più famose. Una donna seduta da sola al tavolino di una tavola calda.


Una donna in un panorama che conosciamo bene nostro malgrado. Nessuno davanti a lei, nessuno intorno. Isolamento voluto o isolamento sociale? Una donna che tiene le distanze, o distanze imposte da una tragedia come quella che ci ha colpito? A cosa pensa questa donna? Hopper è il pittore delle domande sospese.
Morning Sun
Nei quadri di Hopper sembra che stia sempre per succedere qualcosa, anche quando non succede niente. Morning Sun, Sole del mattino: la solitudine riempie l’intera scena, attraverso lo sguardo fisso della ragazza.


Uno sguardo fisso, una finestra che sembra essere muta, circondata da un estremo silenzio. Vi ricorda qualcosa? Anche i colori portano a percepire il senso di solitudine. Colori freddi, salvati, anche la sottoveste della ragazza è di un arancio smorto. È l’esaltazione di una solitudine statica, dell’ineluttabilità del tempo che si ripete e invade stanze ed esistenze.
“Io non voglio dipingere la gente che gesticola e che esprime emozioni. Quello che voglio fare è dipingere la luce su di un lato di una casa.”
Western Hotel
Cosa sta guardando o chi sta aspettando la donna seduta nella stanza d’albergo del dipinto Western hotel ? C’è un senso di presagio in quella stanza a pianta aperta. Come se la donna urlasse in silenzio. E la mente di chi osserva continua a farsi domande. Come noi, in questi giorni, che continuiamo ad interrogarci.


Josephine Verstille Nivison, un’ex studentessa della New York School of Art che diventerà sua moglie, è la sua modella per tutte le figure femminili che disegnerà fino alla morte.
I nottambuli
Dai più definito il capolavoro è “I nottambuli”. La città deserta, un bar notturno due uomini e una donna sono assorti nei loro pensieri.


Qui la solitudine va in scena con l’incomunicabilità. L’uomo è la donna sono vicini, ma non parlano, fissano il vuoto davanti a loro. Eppure sembrano intimi, una coppia. Ma sono più soli insieme di quanto lo sia, da solo, l’uomo seduto ad angolo rispetto a loro. L’altro uomo, la fotocopia di quello vicino è immobile davanti al suo bicchiere. Isolamento, alienazione, tristezza. Hopper ha usato se stesso in questo dipinto per rappresentare gli uomini.
I nottambuli è stato omaggiato in ogni modo e in ogni ambito. Dario Argento ha preso spunto da questo dipinto per la creazione del Blue Bar in Profondo Rosso. E anche il regista Ridley Scott, durante le riprese di Blade Runner, ha mostrato una riproduzione di quest’opera per spiegare al suo team il mood, cioè lo stato d’animo, generale del film.
L’alienazione del Terzo millennio
Edward Hopper figlio dell’Ottocento, ha dipinto nel Novecento l’alienazione del Terzo millennio. E in realtà ha dipinto anche noi. Il suo tratto distintivo risiede nella capacità di raffigurare la solitudine, e di farlo a prescindere che sia un essere umano, la natura o un panorama urbano. Hopper riesce a incastonare un momento.
Allora, la solitudine Americana, oggi è la nostra Quarantena .
Lo stesso decesso di Hopper, nel 1967 a 85 anni, rientra nell’iconografia di una vita d’artista: muore nel suo studio, nel luogo della creazione, da solo.
Dopo tutti questi decenni le crepe sono le stesse