Fabrizio De Andrè e PFM: il concerto ritrovato, al cinema

Non ero ancora maggiorenne e per convincere i miei a lasciarmi andare a vedere Fabrizio De André e la PFM, sudai le fatidiche sette camicie. Ci andai con gli amici di allora, di sempre: quelli con cui suonavo in una cantina, dove mi sentivo meglio che a casa mia. Il concerto ritrovato, ma allora non potevamo saperlo. Io c’ero quel lontano 4 Gennaio 1979 al Palasport di Torino.

Fabrizio De Andrè in concerto – arrangiamenti PFM

L’occasione era troppo interessante (i miei genitori, alla fine, cedettero per sfinimento), così andai al palazzetto di Parco Ruffini, pieno di curiosità: il mio gruppo preferito, quello che ancora chiamavo Premiata Forneria Marconi, del quale avevo tutti i dischi, insieme ad un cantautore che adoravo.

Devo essere sincero: lo “passavo” raramente per radio (all’epoca facevo il Dee-Jay), anche se cantava cose in cui mi riconoscevo totalmente, nel chiuso della mia camera, con le cuffie in testa.

Il concerto lo ricordo bene, anche a distanza di quarant’anni, canzone dopo canzone, nota dopo nota: un insieme di parole e musica, un “cantagruppo” senza precedenti, come lo definì quella sera proprio Franz Di Cioccio.

Una magia unica dove gli inventori del progressive italiano, si mettevano al servizio del poeta ribelle per eccellenza: una nuova veste, un nuovo colore alle parole.

La musica in favore della poesia, divulgata attraverso la canzone: arrangiamenti sublimi, mi viene da dire “rocchettari”, anche se è riduttivo, una performance strumentale di livello assoluto e naturalmente “lui”, Fabrizio De andrè, il Faber, chitarra, leggio, sigarette, bottiglia e microfono, a raccontare le sue storie da marciapiede.

Grazie agli arrangiamenti di “Quelli”, le composizioni di Fabrizio acquisirono una scenografia più ampia, una dimensione nuova, da cui sprigionare tutte le proprie potenzialità.

Una sera tranquilla, quella sera: erano anni tosti, difficili. Le contestazioni si facevano per strada, sampietrini in pugno (i “social” per fortuna manco si potevano immaginare): il concerto andò liscio come l’olio, dentro il palazzetto. Fuori, beh, lasciamo perdere, ma all’epoca eravamo abituati.

Il concerto ritrovato, il docufilm

La sera prima della data torinese, Fabrizio De Andrè e PFM, suonarono a Genova, città natale di Faber, al Padiglione C della Fiera.

Proprio quel concerto venne ripreso da un paio di telecamere fisse e registrato su cassette “u-matic” da un pollice. Per l’epoca, tanta roba.

Faber, che non amava essere ripreso, impose che le telecamere, e gli operatori, “fossero invisibili”.

Quelle tre cassette, per una serie di motivi, finirono nel dimenticatoio, in fondo ad uno scatolone nella sede Rai di Genova, e rischiarono di essere mandate al macero. Ritrovate casualmente dal regista di allora, Piero Frattari, sono state ripulite, rimasterizzate, restaurate e, con una introduzione curata e diretta da Walter Veltroni, sono diventate “il concerto ritrovato”, il docufilm attualmente nelle sale cinematografiche fino al 19 febbraio 2020. Avete ancora solo stasera per godere di questo raro documento storico di una performance memorabile.

Il concerto, naturalmente, è il fulcro della pellicola, ma l’introduzione, con i protagonisti dell’epoca, è un colpo al cuore: per chi c’era, come me, e per chi ne ha solo sentito parlare.

A qualcuno potrebbe sembrare troppo lunga, prima dell’esplodere della musica, invece le parole sono semplicemente un viaggio nel passato, un passato mai dimenticato, che ci fa capire come gli artisti, quelli veri, possano far nascere qualcosa di indimenticabile dalla fusione di personalità diverse fra loro.

Fabrizio de andrè e PFM il concerto ritrovato: la locandina del film

Storie da marciapiede

La musica esplode quasi in sordina: un sublime arpeggio di chitarra, la “Ovation” di allora, una poesia a sei corde interpretata da Francone Mussida, che si tramuta nell’intro strumentale di “La canzone di Marinella”, che apriva il concerto.

Concerto riproposto quasi integralmente. Ma non aspettatevi effetti speciali, inquadrature particolari o altre amenità cinematografiche moderne. Due telecamere fisse, una serie di primi piani su Faber e qualche campo lungo a riprendere la band, durante le digressioni strumentali.

La magia di quel concerto, per me “IL” concerto della storia musicale italiana, è tutta qui: Fabrizio De Andrè e la PFM.

Protagonisti: Franz Di Cioccio, batteria e percussioni, Franco Mussida, chitarre, Patrick Zivas, basso, Flavio Premoli, tastire, chitarra acustica e fisarmonica, Roberto Colombo, tastiere, Lucio Fabbri, violino.

Il concerto ritrovato. Quarant’anni dopo. Al cinema, fino al 19 febbraio 2020.

Foto copertina di Guido Harari

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.