Cosa resterà di questo Festival di Sanremo 2023?

Cosa resterà di questo Festival di Sanremo 2023? Domanda da un milione di dollari.

Faccio mie le parole dello stimato collega Giuseppe Attardi: “Record di ascolti e di incassi. Un uomo azienda (Amadeus), che ha contribuito a trasformare il Festival della Canzone Italiana nel Festival degli interessi RAI. Si bada soprattutto ai dati Auditel, ai nuovi media, piuttosto che alla musica, alla cultura e alla qualità del prodotto. Così viene a cadere la funzione primaria della tv pubblica”.

Perfetto, ma voglio aggiungere qualche considerazione personale.

Le aspettative prefestival

Ad un primo sguardo, senza ascolto, veniva da pensare che, pur cambiando le formule, la solfa era rimasta sempre la stessa. A partire dalla quota dei resuscitati tanto cara ad Amadeus, in parte riciclata in quota presentatori e super ospiti, e che per questa edizione prevedeva solo I Cugini di Campagna, per altro già ospiti a fine estate di Arena Suzuki.

Per il resto il solito zibaldone di rapper (che però al Festival non rappano), ex talent, sconosciute (ai più) star delle visualizzazioni (che comunque si possono comprare), e, almeno per questa edizione, una cospicua dose di reduci degli anni ’90. Poi, a parte i “giovani”, anche una piccola quota di “belli a papà”, di cui avremmo fatto volentieri a meno.

Un Festival che, parole di Lucio Presta, manager di Amadeus (ma anche di Paolo Bonolis e Antonella Clerici), è diventato “Una serie Tv. Siamo nell’epoca della serialità e il Festival non fa eccezione. Ci siamo inventati un nuovo modo di raccontare, all’interno del Festival, e un modo nuovo di raccontare il Festival”.

Si, bella spiegazione, ma sai che dù palle però: un festival h24 e 24/7 con Amadeus più presente nei telegiornali che la Presidente del Consiglio. Praticamente uno show lungo un anno.

festival di sanremo 2023 - l'esterno del teatro ariston

Cosa resterà di questo Festival di Sanremo 2023?

Se ne va una manifestazione, anzi, una gara canora, che al netto di ospiti, super ospiti, marchette, cazzate da Fantasanremo (ci mancava pure questa), sarebbe finito tranquillamente tutte le sere prima di mezzanotte.

Una accozzaglia di trovate vecchie come me, giusto per fare audience, ma con una tecnologia più moderna (che i tecnici audio non sanno ancora usare). Poi, albani che fanno le flessioni, ranieri tinti che ondeggiano come dei droni sul palco, allusioni al tradimento di ultra ottantenni che hanno fatto i soldi non si sa bene come (anzi, si Siae benissimo).

E ancora, retoriche davvero insopportabili, pipponi moralistici che fanno cascare gli zebedei, un Benigni che si commuoverebbe pure a leggere al pubblico le istruzioni del nuovo iphone. Un Presidente della Repubblica “entusiasta” di essere a Sanremo (l’anno prossimo mi aspetto il Papa), e per finire, i soliti politici che si azzuffano per questo e quello, e che chiedono dimissioni di questo e di quello.

Ah, c’è pure la polemica sulla presunta pubblicità occulta ad una delle aziende di Mark Zuckerberg, che però, a ben guardare, ci sta tutta.

Insomma, il Festival di Sanremo 2023 è lo spettacolo di un paese ormai alla deriva, che però canta e balla.

A mente (più o meno) fredda

Musicalmente parlando: niente di nuovo all’orizzonte. Il solito melting pot di canzoni senza né capo né coda, senza un filo logico. Diciamolo tranquillamente: canzoni scelte ad minchiam, come da tradizione amadeusiana.

La pandemia evidentemente ha lasciato diversi strascichi: confusione d’identità, di generi musicali e di ispirazione artistica.

Compreso l’esercito di ospiti, di marchette, di “presentatori per una notte”, di tutto quanto serva a distrarre dalla gara. Perché in fin dei conti, sempre di gara si tratta.

Io la butto lì: e ripristinare le eliminazioni?

Esempio lampante la “Serata cover” dove Amadeus ha sapientemente creato una terrificante macchina dell’hype, invitando una quantità infinita di ospiti. Una fiera dell’autoerotismo musicale all’insegna del “best of”, dei “greatest hits” e dei “medley”, tra ritorni e reunion.

Serata di venerdì a parte, per il resto si è respirato il solito “profumo” di banalità, tanto caro a Pippo Baudo, che di questa banalità nazionalpopolare, aveva fatto la propria bandiera. Anche se, visto l’ennesimo Festival made in Amadeus, viene spontaneo, dagli Appennini alle Ande, dal Manzanarre al Reno, il grido#aridatecepippobaudo.

festival di sanremo 2023 - il green carpet, affollato di pubblico, all'esterno del teatro ariston

Amadeus quinquies

La cosa brutta, è che da domani, si comincia col Festival 2024: ci aspetta un ulteriore 24/7 – h24, tra annunci urbi et orbi a reti unificate, ospitate nei programmi degli amici (vero Fiorello?), e tutto quanto serva a creare “hipe”.

La cosa bella è che dovremo sorbircelo, parlo di Amadeus, solo per un anno ancora, e poi, almeno è un mio auspicio, un bel periodo di restaurazione, a tutti i livelli, a partire dalla lunghezza delle puntate, per finire con un presentatore che faccia il “presentatore” e non anche il “direttore artistico”.

Ripristiniamo la figura del “patron”, come ai tempi di Gianni Ravera e di Adriano Aragozzini. Grazie.

Insegniamo ai “giovani” a cantare, prima di salire su quel palco: lezioni di canto, di dizione, di musica. Insomma, mandiamoli “imparati”, possibilmente con canzoni decenti, perché mai come quest’anno, i “giovani” sono stati semplicemente imbarazzanti, e lo dimostra la classifica finale. Grazie.

E comunque, al netto di tutto, “anche questo Sanremo se lo semo levato dalle palle” (semi cit.).

Appuntamento a Sanremo 2024.

Lele Boccardo
Lele Boccardo
(a.k.a. Giovanni Delbosco) Direttore Responsabile. Critico musicale, opinionista sportivo, pioniere delle radio “libere” torinesi. Autore del romanzo “Un futuro da scrivere insieme” e del thriller “Il rullante insanguinato”. Dice di sè: “Il mio cuore batte a tempo di musica, ma non è un battito normale, è un battito animale. Stare seduto dietro una Ludwig, o in sella alla mia Harley Davidson, non fa differenza, l’importante è che ci sia del ritmo: una cassa, dei piatti, un rullante o un bicilindrico, per me sono la stessa cosa. Un martello pneumatico in quattro: i tempi di un motore che diventano un beat costante. Naturalmente a tinte granata”.