Fondo finanziamento perdite e danni: buono, ma non basta

COP27 e il Fondo per il finanziamento delle perdite e dei danni: buono, ma per Greenpeace non basta e bisogna andare verso la decarbonizzazione per risolvere la crisi climatica

Si chiuso il COP27 e i Paesi hanno fatto un passo avanti con l’istituzione di di un Fondo per il finanziamento delle perdite e dei danni (Loss and damage), ma non basta per risolvere la crisi climatica. L’obiettivo principale deve rimanere la decarbonizzazione, nota dolosa per i governi, in quanto coinvolge l’industria dei combustibili fossili.

A dirlo sono i vertici di Greenpeace che accoglie con favore l’accordo della COP27, riconoscendo il fatto che sia una base importante verso la giustizia climatica. Tuttavia rimangono dubbiosi sulla questione decarbonizzazione.

Resta da capire se i governi riusciranno a svincolarsi dalla morsa dell’industria dei combustibili fossili, la cui presenza si è fatta sentire anche al vertice di Sharm el-Sheik“, affermano in un comunicato stampa.

Le dichiarazioni di Greenpeace

Yeb Saño, direttore esecutivo di Greenpeace Sud-Est asiatico e capo della delegazione di Greenpeace presente alla COP27 dichiara: “L’accordo per un Fondo di finanziamento delle perdite e dei danni segna una svolta per la giustizia climatica. I governi hanno posto la prima pietra di un nuovo fondo, atteso da tempo, per fornire un sostegno vitale ai Paesi e alle comunità vulnerabili, già devastati dall’accelerazione della crisi climatica. I negoziati sono stati inficiati dai tentativi di scambiare l’adattamento e la mitigazione con le perdite e i danni. Alla fine si è evitato il fallimento grazie allo sforzo concertato dei Paesi in via di sviluppo e alle richieste degli attivisti per il clima, che hanno chiesto agli oppositori di desistere“.

Per quanto riguarda la discussione sui dettagli del Fondo, dobbiamo fare in modo che i Paesi e le imprese maggiormente responsabili della crisi climatica diano il massimo contributo. Ciò significa finanziamenti nuovi e aggiuntivi per i Paesi in via di sviluppo e le comunità vulnerabili al clima, non solo per le perdite e i danni, ma anche per l’adattamento e la mitigazione. I Paesi sviluppati devono mantenere l’attuale impegno di 100 miliardi di dollari all’anno per sostenere i Paesi a basso reddito nell’attuazione di politiche di riduzione delle emissioni di carbonio e nell’aumento della resilienza agli impatti climatici. Devono inoltre rispettare l’impegno di raddoppiare almeno i finanziamenti per l’adattamento“.

Obiettivo: decarbonizzazione

È incoraggiante che un gran numero di Paesi del nord e del sud abbia espresso alla COP27 il proprio forte sostegno all’eliminazione graduale di tutti i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – che è ciò che richiede l’attuazione dell’Accordo di Parigi, ignorati,però, dalla presidenza egiziana della COP27.

Gli Stati petroliferi e un piccolo esercito di lobbisti dei combustibili fossili erano presenti in forze a Sharm el-Sheikh per assicurarsi che ciò non avvenisse. Alla fine, se non si eliminano rapidamente tutti i combustibili fossili, nessuna somma di denaro sarà in grado di coprire il costo delle perdite e dei danni che ne deriveranno.

La decarbonizzazione rimane l’azione principale per poter rispettare l’accordo di Parigi ed evitare, come ci ha più volte ricordato la comunità scientifica, un inferno climatico. Questo in Italia non sta accadendo, nonostante le “belle parole” della premier Italiana all’apertura della conferenza: le scelte politiche del nostro governo vanno nella direzione opposta a quelle della decarbonizzazione”, dichiara Simona Abbate, campagna Clima di Greenpeace Italia.

Giustizia climatica

Affrontare il cambiamento climatico e promuovere la giustizia climatica non è un gioco a somma zero. Non si tratta di vincitori e vinti. O facciamo progressi su tutti i fronti o perdiamo tutti. Bisogna ricordare che la natura non negozia, la natura non scende a compromessi. La vittoria odierna del potere popolare sulle perdite e i danni deve tradursi in una rinnovata azione per smascherare chi blocca l’azione per il clima, spingere per politiche più coraggiose per porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili, incrementare le energie rinnovabili e sostenere una giusta transizione. Solo così si potranno fare maggiori passi avanti verso la giustizia climatica, grazie alla solidarietà tra la società civile, le comunità più esposte agli impatti e i Paesi in via di sviluppo più colpiti dalla crisi climatica“, conclude Yeb Saño.

Tina Rossi
Tina Rossi
(a.k.a. Fulvia Andreatta) Editrice. Una, nessuna e centomila, il suo motto è “è meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani” Dice di sé:” Per attimi rimango sospeso nel vuoto,giuro qualche volta mi sento perduto, io mi fido solo del mio strano istinto, non mi ha mai tradito, non mi sento vinto, volo sul trapezio rischiando ogni giorno, eroe per un minuto e poi...bestia ritorno...poi ancora sul trapezio ad inventare un amore magari...è solo invenzione, per non lasciarsi morire...”