Gustave Courbet, l’artista, il realista, il provocatore

Se oggi possiamo anche sostare davanti a certe opere d’arte senza nemmeno battere ciglio, dobbiamo ringraziare un uomo dalla barba folta e dalla testa dura: Gustave Courbet. Nato nel 1819 a Ornans, un tranquillo paesino della Francia. Ribelle, irriverente e dotato di un ego grande quanto il Louvre, Courbet si definisce “l’uomo più orgoglioso di Francia”. Crede fermamente nella sua arte, al punto da sconvolgere il mondo accademico e aprire la strada al Realismo.


Gustave Courbet, photograph Atelier Nadar, c. 1860s. foto nero seppia abito nero a tre quarti mani in primo piano lungo i fianchi
Gustave Courbet, photograph Atelier Nadar, c. 1860s.jpg immagine pubblico dominio

Gustave Courbet, la realtà nuda e cruda

Courbet è noto per aver detto: “Non posso dipingere un angelo perché non ne ho mai visto uno”. Ed è proprio questo che rende la sua arte unica: l’assoluta aderenza alla realtà, anche quando questa non è particolarmente gradevole. Non aspettatevi paesaggi idilliaci o scene mitologiche dai suoi quadri: Courbet dipinge quello che vede, dalle contadine affaticate ai macellai grondanti sangue.


Gustave Courbet - Demoiselle des bords de Seine, 1856.jpg
Gustave Courbet – Demoiselle des bords de Seine, 1856.jpg immagine pubblico dominio

L’origine del mondo un quadro che ha fatto scalpore

Ma l’opera che ha fatto davvero più scalpore è senza dubbio “L’origine del mondo” (1866). Sì, parliamo proprio di quel dipinto che mostra… be’, diciamo semplicemente una parte molto intima del corpo femminile. Commissionato da un diplomatico turco amante dell’arte, il quadro è rimasto nascosto per anni, e non è difficile immaginare perché. Quando finalmente viene esposto al pubblico, verso la fine del XX secolo, fa il botto. Censure, polemiche e applausi a scena aperta.

Per chi volesse vedere il quadro che purtroppo qui non possiamo mostrare se non criptando la lettura, può andare sulla pagina apposita di wikipedia cliccando qui.

Noi ci limitiamo a inserire la foto di quella che alcuni ritengono essere la parte superiore dell’ Origine del mondo. Cioè il viso della modella, poi tagliata da Courbet stesso, pare per salvaguardare l’identità della donna

Un funerale (troppo) realistico

Un altro capolavoro che fa molto discutere in quegli anni è “Un funerale a Ornans” (1849-1850). Con i suoi più di sei metri di larghezza, questa gigantesca tela ritrae un corteo funebre nel suo paese natale. Courbet dipinge ogni ruga, ogni volto cupo e stanco, perfino il cane annoiato in un angolo. “Questo non è un funerale, è una dissezione!” protestano i critici. Ma Courbet se ne frega: per lui, quella è la vera poesia della vita quotidiana.

Una provocazione dietro l’altra Gustave Courbet e la Colonna Vendôme:

Immaginate la scena: Parigi, 1871, una città in fermento. La Comune di Parigi, una delle più famose rivolte della storia, è in pieno svolgimento, e tra i tanti rivoluzionari c’è anche il nostro Gustave Courbet. Sì, proprio lui, il pittore che ama la verità, le contadine e, a quanto pare, anche un po’ di caos.

Courbet, sempre con lo sguardo sognante e l’aria di chi si crede un po’ Napoleone dell’arte, ha un’idea grandiosa (almeno nella sua testa): abbattiamo la Colonna Vendôme! Per chi non lo sapesse, la Colonna Vendôme era un monumento eretto per celebrare le vittorie di Napoleone Bonaparte, un’enorme pila di bronzo fatta fondendo i cannoni presi ai nemici. Alta 44 metri, svettava sulla piazza come un dito puntato verso il cielo. Un dito che Courbet, da buon rivoluzionario, trova insopportabile.


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Guy – Place Vendôme, Paris immagine pubblico dominio

Perché proprio la Colonna?

Secondo Courbet, la colonna è un simbolo del militarismo e dell’arroganza imperiale. Lui, amante della libertà e del popolo, la definisce “un obelisco barocco e ridicolo”. In un momento di entusiasmo propone di smantellarla pezzo per pezzo e trasferirla in un museo. La storia lo conferma con queste sue parole. «La colonna Vendôme è un monumento privo di ogni valore artistico e tendente a perpetuare, con il suo significato, le idee di guerra e di conquista respinte dal sentimento di una nazione repubblicana» I rivoluzionari parigini, più pratici e decisamente meno delicati, non pensano nemmeno a trasferirla in un museo. Preferiscono abbatterla di netto.

Courbet effigiato dal Père Duchêne (1871) nell'atto di abbattere una colonnina pubblicitaria
Courbet effigiato dal Père Duchêne (1871) nell’atto di abbattere una colonnina pubblicitaria immagine pubblico dominio

La caduta del bronzo

Il 16 maggio 1871, la colonna crolla al suolo con un fragoroso schianto, tra le grida di giubilo dei comunardi. La scena è epica, un misto tra rivoluzione e commedia. Immaginate un monumento di 300 tonnellate che cade come un albero abbattuto, spargendo bronzo dappertutto.

Ma le cose non vanno come spera. Dopo la caduta della Comune (perché purtroppo i rivoluzionari perdono), il governo francese decide di vendicarsi. Gustave Courbet, accusato di aver orchestrato la distruzione, è arrestato e condannato, condotto in prigione e costretto a pagare i danni. Non importa se aveva solo proposto un trasferimento museale: per la giustizia, lui era l’uomo dietro il “delitto artistico del secolo”. C’è qualcosa di terribilmente affascinante in un uomo che non solo sfida l’arte, ma anche i monumenti, il governo e la storia stessa.


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(Cahors) Les Coquelicots 1850 – Gustave Courbet – Musée de Cahors Henri-Martin

Il conto salato

La ricostruzione della Colonna Vendôme costa una fortuna: 323.000 franchi dell’epoca, una cifra astronomica. E a chi vienepresentato il conto? A Courbet, ovviamente. Con il suo spirito libero e il portafoglio non proprio gonfio, si trova nei guai fino al collo. Per evitare la bancarotta (e forse anche per sfuggire all’imbarazzo), si rifugia in Svizzera, dove trascorre gli ultimi anni della sua vita, dipingendo paesaggi alpini e, a quanto si dice, bevendo abbondanti quantità di assenzio.


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Gustave Courbet, Le ruisseau de la Brême (1866). immagine pubblico dominio

Rimorso o orgoglio?

Courbet non ammette mai apertamente di essersi pentito dell’intera faccenda. Ma è facile immaginare che, guardando indietro, si sia chiesto: “Ne valeva la pena?”. Forse sì, forse no. La Colonna Vendôme oggi è di nuovo in piedi, e Courbet è ricordato non solo per i suoi quadri, ma anche per il suo spirito rivoluzionario e un pizzico di follia.

Courbet, il “rockstar” del Realismo

Courbet è un vero pioniere: apre la strada agli impressionisti e cambia per sempre il modo in cui pensiamo all’arte. Non vuole solo essere un pittore, ma “un uomo libero”, come dichiara spesso. E libero lo sarà, pagando però il prezzo della sua audacia.

Oggi, le sue opere sono tra le più celebri al mondo e continuano a suscitare reazioni forti. Courbet avrebbe amato sapere che, più di 150 anni dopo, si parla ancora di lui. Forse con una citazione finale avrebbe sorriso: “La bellezza è nella verità”. E lui, la verità, ce l’ha servita su una tela, senza filtri e senza paura.

Gustave Courbet – Le Sommeil (1866), Paris, Petit Palais.jpg

Courbet, il maestro che ispira Cézanne e Manet

Gustave Courbet non è solo un pittore, è una forza della natura. E non si fa sicuramente scrupoli a dire che lui è la rivoluzione in persona. Anche se a parole si definisce un solitario:“Io non seguo scuole, io SONO una scuola!”, il suo Realismo ha lasciato il segno su tutta una generazione di artisti, tra cui Paul Cézanne e Édouard Manet. Perchè, senza Courbet, è difficile immaginare il percorso che li ha resi giganti della pittura.

Manet: il dandy che rub dal Realismo

Prima di diventare un’icona del modernismo, il giovane Édouard si fà ispirare da Courbet. Manet guarda alle tele di Gustave come a una boccata d’aria fresca: niente eroi mitologici, niente cupidi svolazzanti, ma persone vere e situazioni ordinarie.

Prendiamo “Olympia”, il famosissimo quadro di Manet. Una donna nuda e sfrontata che ti fissa senza vergogna? Sembra un’eco dell’audacia di Courbet, soprattutto di opere come “Le Bagnanti” o “L’origine del mondo”. Courbet aveva aperto la strada dicendo: “Sì, possiamo dipingere persone nude e vere, senza doverle far sembrare dee greche!” Manet prende quel coraggio e lo porta a un livello nuovo, aggiungendo un pizzico di provocazione borghese. Ovviamente le critiche fioccano anche per lui.

Edouard Manet - Olympia una donna sdraiata e una in piedi con carnagioni diverse piu in gato nero destra
Edouard Manet – Olympia immagine pubblico dominio

Cézanne, le montagne e un tocco di Courbet

E poi c’è Cézanne, il genio delle montagne e delle nature morte. Può sembrare strano collegarlo a Courbet, ma c’è un legame molto interessante: la materia e la solidità. Courbet è famoso per il suo uso audace della pittura, con pennellate spesse e quasi scultoree che rendono le sue tele vive e tangibili. Cézanne, pur con uno stile completamente diverso, si ispira a questa idea di “concretezza”.

Mont Sainte-Victoire Seen from the Bibemus Quarry 1897 Paul Cézanne. immagine pubblico dominio

I suoi paesaggi – soprattutto quelli con la Montagna Sainte-Victoire – hanno una potenza e una fisicità che richiamano i paesaggi di Courbet. Gustave dipinge le sue rocce e le sue colline come se potessi toccarle, e Cézanne fà lo stesso, ma in chiave più astratta. Courbet dice: “Dipingo con il coltello, non con il pennello!”. Cézanne prende questa filosofia e la trasforma nel suo linguaggio unico, costruendo la base per l’arte moderna.

Amore e odio per un maestro… inconsapevole?

La cosa divertente è che né Manet né Cézanne si definiscono apertamente “discepoli” di Courbet. Manet lo trova un po’ troppo “ruvido” e Cézanne pensa che Courbet sia troppo “terra-terra”.

Eppure, è chiaro che Courbet ha piantato i semi del cambiamento. Con la sua audacia, il suo rifiuto per il passato e il suo amore per il vero, ha liberato la pittura dalle catene dell’accademia. Cézanne e Manet hanno preso quel coraggio e l’hanno trasformato, ognuno a modo suo, in una rivoluzione artistica.

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Monica Col
Monica Col
Vicedirettore di Zetatielle Magazine e responsabile della sezione Arte e Cultura. Un lungo passato come cronista de “Il Corriere Rivoli15" e “Luna Nuova”. Ha collaborato alla realizzazione del “Giornale indipendente di Pianezza", e di vari altri giornali comunali. Premiata in vari concorsi letterari come Piazza Alfieri ( 2018) e Historica ( salone del libro 2019). Cura l’ufficio stampa di Parco Commerciale Dora per la rassegna estiva. Cura dal 2024 la.promozione della fondazione Sergio Bonfantini e dal 2021 la promozione della Fondazione Carlo Bossone. .Ha curato per quattro anni l'ufficio stampa del progetto contro la violenza di genere promosso da "Rossoindelebile", e della galleria d’arte “Ambulatorio dell’Arte “ del dottor Ravazzani. Ha curato l'ufficio stampa e comunicazione del Movimento artistico spontaneo GoArtFactory per tre anni. Ha collaborato come ufficio stampa in determinati eventi del Rotary distretto 2031. Ė Presidente dell 'Associazione di promozione sociale e culturale "Le tre Dimensioni ", che promuove l' arte , la cultura e l'informazione e formazione artistica in collaborazione con le associazioni e istituzioni del territorio. Ha curato per il Comune di Collegno 2 mostre d'arte di respiro nazionale nel 2021 e nel 2022 con circa 90.000 visitatori. Segue la comunicazione per varie aziende Piemontesi. Dice di sé: “L’arte dello scrivere consiste nel far dimenticare al lettore che ci stiamo servendo di parole. È questo secondo me il significato vero della scrittura. Non parole, ma emozioni. Quando riesci ad arrivare al cuore dei lettori, quando scrivi degli altri ma racconti te stesso, quando racconti il mondo, quando racconti l’uomo. Quando la scrittura non è infilare una parola dietro l’altra in modo armonico, ma creare un’armonia di voci, di sensazioni, di corse attraverso i sentimenti più intensi, attraverso anche la realtà più cruda. Questo per me è il vero significato dello scrivere".