Il lino, insieme con la rosa, l’elenio, la silene, l’achillea e l’iperico, tra la Pentecoste e la festa di san Giovanni Battista.
Il lino era una pianta molto usata, nel Medioevo, e per diversi scopi. Rappresentava il mese di giugno nell’almanacco medioevale. Era il tempo compreso tra la solennità di Pentecoste, cinquanta giorni dopo la Pasqua, e la festa di san Giovanni Battista (24 giugno). Era affiancato in questo compito dalla silene, dall’achillea e dall’iperico, di cui vi parleremo nelle prossime settimane. C’erano anche l’elenio e la rosa canina, di cui abbiamo già trattato in precedenti articoli.
Riguardo alla rosa, si può tuttavia aggiungere che, a quell’epoca, era il fiore mariano per eccellenza. Era l’unico che le fanciulle potevano indossare prima del matrimonio, intrecciandone corone o ghirlande. La rosa era anche assai apprezzata quale specie medicinale, da cui si ricavavano unguenti lenitivi per la pelle. Serviva per preparare profumi ed era persino un ingrediente prelibato in cucina. I suoi petali canditi, come noi oggi facciamo con le violette, erano considerati un’autentica prelibatezza.


Le molteplici virtù del lino
Quanto fosse amato il lino nei secoli passati ce lo rivela il suo nome latino, ossia Linum usatissimum L. Noto come fibra tessile fin dal Neolitico, nel Medioevo veniva coltivato per ottenerne la maggior parte dei tessuti, non essendo ancora stato introdotto il cotone. Si tessevano in lino sia le stoffe ruvide dei contadini, sia quelle finissime per la biancheria delle famiglie aristocratiche. I suoi semi erano un alimento curativo, dai quali si ricavava anche un olio che rivoluzionò la storia dell’arte.
Se i pittori medioevali per i dipinti usarono soprattutto la tempera su tavola, con il Rinascimento fu inventato infatti il colore a olio. Partendo da una formula del XII secolo, Jan Van Eyck studiò un pigmento brillante e pastoso, che aveva come base una mistura di olio di lino e uovo. Le tele stesse per i quadri erano in fibra di lino.


Presso le antiche civiltà
Pianta originaria dell’Oriente, tra il Golfo Persico e il mar Caspio, il lino cominciò a essere coltivato in Europa sin dal tempo dei popoli delle palafitte. In Africa, le piantagioni risalgono a otto millenni fa e la tecnica di fasciare le mummie egizie con bende di lino è antica di 5000 anni. I sacerdoti di Iside indossavano abiti di lino, tanto che la dea era soprannominata “linigera”.
È spesso nominato nell’Antico Testamento: gli ebrei vestivano tuniche di lino ed erano di lino i paramenti sacerdotali di Aronne, fratello di Mosè. Negli scavi che Schliemann condusse presso quella che era stata la città di Troia, furono rinvenuti resti umani con vesti di lino. Abbigliarsi di lino era un privilegio delle vestali, a Roma. Già 400 anni prima della nascita di Cristo, i lintei romani (ossia libri di fibra di lino) riportavano le liste dei magistrati della repubblica.


L’Irlanda e il “lino delle fate”
L’Isola di Smeraldo vanta una lunga tradizione, nella produzione di tessuti pregiati di lino, spesso abbinata a pizzi e ricami. Ma, tra le specie selvatiche, esiste anche il cosiddetto fairy flax, ossia il “lino delle fate”. In lingua irlandese si traduce come Líon na mbán sí, espressione che, nel folclore, fa riferimento alla banshee. Si tratta di uno spirito dalle fattezze femminili, che solitamente porta sventura e lutto a chi lo avvista. Qual è, dunque, questo “lino delle fate”? Nella classificazione botanica, corrisponde al Linum catharticum L., che è assai piccino: la sua altezza è spesso inferiore a 5 centimetri! Nella mentalità irlandese, un lino di dimensioni tanto ridotte avrebbe potuto essere filato per i propri indumenti soltanto dalle fate e dai leprecauni.


I fiori servivano per addobbare le chiese, nella festa dell’Ascensione. Le spose, invece, usavano cordoncini di lino per le scarpe: il laccio incrociato sulla caviglia sinistra avrebbe garantito un matrimonio allietato da molti figli. Riguardo ai campi coltivati, infine, nel primo giorno della raccolta del lino c’era un’abitudine insolita. Tutti dovevano indossare un indumento di colore blu, anche solo un fazzoletto. Questo avrebbe garantito un ottimo raccolto anche nell’anno successivo.
Un breve descrizione botanica
Il Lino appartiene alla famiglia delle Linacee e abbiamo già visto che è stato catalogato come Linum utilissimum L. È una pianta glabra, alta circa un metro, con fusti flessibili e ramificati, che recano molte foglie, disposte in modo alterno. Esse sono lineari e lanceolate, hanno 3 nervature evidenti e possono essere lunghe sino a 4 centimetri.
I fiori celesti sbocciano tra giugno e agosto e hanno un diametro compreso tra i pochi millimetri e il centimetro e mezzo. La corolla è formata da 5 petali arrotondati. I semi sono ovati, allungati e appiattiti, lunghi sino a 6 millimetri e con involucro lucido e bruno-rossiccio.


Impieghi fitoterapici
E sono proprio i meravigliosi semi di lino a costituire la droga medicinale, da cui si ricavano pure olio e farina. Quando vengono immersi in acqua, infatti, si ricoprono di mucillagini, che è il loro principio attivo principale. In essa sono contenuti acido galatturonico, glucosio, arabinosio, ramnosio e xilosio. Ci sono poi sostanze grasse (sino al 40%) con un’alta percentuale di acidi grassi insaturi, pectina, il glicoside lamarrina e proteine. Tali costituenti rendono il lino un ottimo emolliente e lassativo, utile in caso di stitichezza, di infiammazioni alle vie digestive (gastriti) o urinarie (cistiti).


Per uso interno, si prepara un macerato ponendo 2 cucchiai rasi di semi di lino in mezzo litro d’acqua calda. Si lascia riposare per tutta la notte. Si beve poi, masticando anche i semini, lungo la giornata, sempre a stomaco vuoto. L’effetto lassativo si ottiene pure ingerendo un cucchiaio di olio di lino. Se viene emulsionato con succo di limone, funziona come rimedio vermifugo casalingo. L’unica avvertenza è di impiegarlo freschissimo, perché tende a irrancidire in breve tempo.


In uso esterno, l’olio lenisce foruncoli, ascessi, eczemi e dermatiti squamose. Il cataplasma della farina diluita con acqua ha azione maturativa su adeniti e ascessi. Evitare in ogni caso la farina vecchia, perché l’irrancidimento dell’olio che contiene potrebbe provocare dermatosi. Un’ultima curiosità: un tempo, veniva utilizzato il filo di lino persino in chirurgia, quando era necessario suturare ferite aperte.
Ti può interessare leggere anche
La rosa canina, emblema dei Tudor, antenata di ogni altra rosa
Il mandorlo, fiore d’inverno e d’amore, nell’almanacco medioevale