Il Nuovo Teatro regio di Torino è come l’araba fenice, l’uccello mitologico infuocato che risorge dalle proprie ceneri. la E’ la notte tra l‘8 e il 9 febbraio 1936, quando, davanti agli occhi attoniti e agli sguardi sgomenti di migliaia di torinesi, Il “Regio Teatro” di Torino, va in fiamme. Il gioiello Settecentesco del 1740, edificato sul progetto dell’architetto Benedetto Alfieri e raffigurato nell’Encyclopedie di Diderot e d’Alambert, brucia.
Brucia il palcoscenico che ha visto il primo trionfo di Giacomo Puccini. Brucia la casa dei torinesi. Le fiamme raggiungono anche la sala, nonostante l’immediato intervento dei Vigili del Fuoco e dei soldati del Genio Militare. Del teatro non rimane più nulla. Oggi avrebbe 283 anni di vita.


Il primo stop di 5 anni nel 1901
In realtà il Teatro Regio era già stato chiuso per quattro lunghi anni dal 1901 al 1905. La commissione di vigilanza giudica precarie le condizioni dell’edificio e ne impone il fermo. A lungo, in quegli anni, si dibatte sull’ipotesi di costruire un nuovo teatro. Si decide però per una ristrutturazione, affidata a Ferdinando Cocito e Giorgio Ceragioli. Il rinnovo porta tre nuove gallerie, e la capienza passa a circa 3.000 posti. Il Regio è pronto per accogliere non solo più un ristretto numero di nobili, ma si apre alla borghesia e al popolo. Ma, appunto, nella maledetta notte tra l’8 e 9 febbraio 1936 tutto brucia.


Un odissea lunga 37 anni
Qui, dunque, inizia l’odissea. Il bando di concorso, per riedificare il Teatro Regio è pubblicato un anno dopo, nel 1937, vinto dagli architetti Aldo Morbelli e Robaldo Morozzo della Rocca. Il progetto si trascina fino allo scoppio della guerra e qui, ovviamente tutto si ferma. Arrivano gli anni 50, il progetto riparte con innumerevoli varianti. Il 25 settembre del 1963 si pone anche la prima pietra. Ma la recessione economica impone alla Città di Torin un drastico taglio alle spese. I soldi per il Teatro Regio non ci sono. Tutto è di nuovo fermo.


Finalmente, due anni dopo, il 25 marzo 1965, Torino affida l’incarico all’architetto Carlo Mollino, professore di composizione architettonica presso il Politecnico di Torino, e all’ingegner Marcello Zavelani Rossi. I lavori partono nel settembre 1967. La straordinaria personalità di Mollino fa risorgere il Teatro Regio dalle sue ceneri. L’antica struttura barocca è restituita attraverso un uso geniale delle linee curve e delle sinuosità che ricordano quelle di una donna. I foyer sono rivestiti di velluto e moquette vermigli, adornati da specchi e rifiniti con materiali di pregio tra cui l’ottone e il marmo, incoronati da nudo cemento armato che ostenta l’originalità e la modernità delle strutture portanti.


La geniale creatività di Carlo Mollino
Dopo trentasette anni di attesa, travagliati progetti e la devastazione che la Guerra porta con sé, il nuovo Regio, firmato Carlo Mollino e Marcello Zavelani Rossi, inaugura il 10 aprile 1973. Un pubblico da grandi occasioni, con la presenza del Presidente della Repubblica Giovanni Leone alla sua prima apparizione dopo l’elezione a Capo dello Stato. Per la prima volta compare un teatro che, unico al mondo, mescola il rosso e il viola, il cemento armato e la pietra, lampade e ottoni. E poi ancora vetrate che lasciano dialogare la città, il suo teatro e il “Delirio stellato” del Guarini. Al centro della sala una nuvola di luce che continua ad affascinare il pubblico. Un progetto avveniristico, rimasto unico nel suo genere.
Questa “astronave” atterrata nella centralissima piazza Castello vara col botto. «In arrivo giornalisti e operatori televisivi da tutta Europa; orchidee in aereo da Singapore. Ancora biglietti falsi» (La Stampa, aprile 1973).


La nascita del Nuovo Teatro Regio di Torino con i Vespri Siciliani, regia Maria Callas
Quell 10 aprile 1973, giorno di inaugurazione del Nuovo Teatro Regio di Torino, Maria Callas firma, insieme a Giuseppe Di Stefano, l’unica regia della sua vita, quella per I Vespri siciliani di Giuseppe Verdi. Dando così vita a un evento capace di catalizzare l’attenzione del mondo. L’emozione è palpabile, l’eccitazione e la gioia coinvolgono i tanti torinesi che hanno aspettato, per trentasette anni, che il lungo e assordante silenzio del teatro terminasse.
L’opera di Verdi, emblema del Risorgimento italiano, narra la ribellione di un popolo all’invasore straniero. I protagonisti sono costantemente in conflitto tra la Ragion di Stato e quella del cuore. La musica si fa ora tempestosa, ora intrisa di intenso lirismo. Les Vêpres siciliennes, grand-opéra in francese, è rappresentata per la prima volta all’Opéra di Parigi nel 1855. In Italia è censurata nel tentativo di annullarne l’effetto patriottico e cambia più volte titolo.


La struttura del Nuovo Teatro Regio
Il Teatro Regio di Torino, leggiamo sul loro sito che oggi “si sviluppa su 8 piani, di cui 4 sotterranei e altrettanti fuori terra. Da una profondità di –12,50m ad un’altezza massima di +32m. Nell’ala dell’Alfieri, verso piazza Castello, hanno sede gli uffici mentre la struttura moderna ospita, oltre ai foyer, alla sala, alla platea e al palcoscenico, tutti i servizi tecnici del Teatro, comprendenti, fra l’altro, due moderne sale prova per il coro e l’orchestra, una grande sala regia, la sala ballo, il laboratorio di sartoria e la mensa, oltre a un altro teatro, il Piccolo Regio “Giacomo Puccini”, con una capienza di 380 post“. Il palcoscenico, tra i più grandi e meccanizzati d’Europa, consente di ospitarvi allestimenti di notevole complessità, anche più d’uno contemporaneamente.


Il Concerto di Gala per celebrare i 50 anni di Teatro Regio
Con il Concerto di Gala di giovedì 6 luglio 2023 alle ore 19, il Regio rende omaggio alla storica inaugurazione del Teatro, avvenuta il 10 aprile 1973 con I Vespri siciliani di Giuseppe Verdi firmati da Maria Callas. Il maestro Riccardo Frizza sale sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio per dirigere un cast stellare, che vede tra i protagonisti Roberta Mantegna, Piero Pretti, Vladimir Stoyanov e Michele Pertusi. Il Coro del Teatro Regio è istruito per la prima volta dal maestro Ulisse Trabacchin. Il grand-opéra viene eseguito in forma di concerto nella versione italiana di Arnaldo Fusinato.
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